lunedì 5 dicembre 2016

Saltatempo, di Stefano Benni, a cura di Adelaide J. Pellitteri

Ci sono libri che ti fanno venire la voglia di imparare a scrivere, poi ci sono altri che ti dicono di smettere, perché - se pure ritenevi di avere un po’ di stoffa (magari solo per un buon trafiletto, scritto sotto dettatura di qualche spirito vagante) - prendi coscienza: la tua stoffa (cioè la mia) è veramente poca. Ok, dopo un libro così mi sento felicemente a pezzi.
Ho ascoltato il consiglio di un giovane universitario, l'ho sempre detto: ascoltare i giovani fa bene.
Così, ho appena finito di leggere il libro ed è stato un viaggio bellissimo.
Per recensire un autore come Benni ci vorrebbe almeno un millesimo della sua fantasia, ma questa è spropositata, quindi, io posso solo provare a farvi venire appena-appena un po' di curiosità (ci provo).
Se avete voglia di spaziare tra mille generi insieme beh, non avete che prendere Saltatempo e tuffarvi nel primo fiume che vi viene tra le dita. Gnomi, dee e gnocche stratosferiche sono alcuni degli ingredienti, poi c'è la politica, l'amicizia... aspettate sto facendo un po' di confusione.
Partiamo da principio (sempre che un "principio" ci sia, nel senso di uno solo). Ok: un ragazzino che abita in un minuscolo paese dominato da un bosco, scarpagna verso valle per andare a scuola.
Sono - e saranno - gli stessi passi che muoverà verso la vita. Scarpagnando sempre, saltellando tra fossi e collinette, una strada sempre accidentata, a volte sorprendente a volte pericolosa.
Attraverserà il tempo con il suo orobilogio, saltandolo e ritrovandolo, sperimentando il sesso, l'amore, l'affiatamento, la giustizia, la rabbia, la vendetta.
Vedrà la sua valle e tutti i dintorni messi a soqquadro dall'allettante futuro, cioè la corruzione, l'interesse personale, l'ottusità.
Attraverserà la storia del suo "paese" quale è stato anche il nostro, l'Italia (in seno all'Europa).
Le stragi di Piazza Fontana, le scuole occupate, la libertà sessuale, le molotov, le vincite al totocalcio, le frane, gli arresti, la droga.
Ma se pensate che per argomenti del genere occorra un linguaggio adatto - cioè serio e profondo - vuol dire che non vi ho ancora spiegato come l'autore scriva e descriva ( e infatti come faccio a spiegare la scrittura di Stefano Benni?). Avete presente la ricerca ossessiva degli aggettivi corretti? Ecco, lui fa l'esatto contrario, solo che l'aggettivo - che non ci azzecca nulla - lo azzecca perfettamente. Rendo l'idea?
Nel corollario ci sono i lucci con i piercing e i musi segnati dai pescatori. Poi gli elfi e la strega Berega, il Dio allegro, lo gnomo Boleto...
Il libro è un fantasy umoristico esilarante, ma a tratti anche un thriller, un giallo, un libro di memorie, o sulle questioni pubbliche e anche private, molto private, e poi c'è la morte, quella giusta e quella ingiusta come è la morte da sempre, ma poi c'è anche la vita, quella nuova che cammina sulle scarpe di ginnastica con un viluppo di lacci, color rosso fuoco.