mercoledì 30 marzo 2016

Generazione Corrotta

Trovatemi qualcosa di più corrotto e malato della generazione di oggi. Siamo tutti strani, siamo diversi dagli adolescenti di dieci anni fa. Soffriamo in modo strano e ci divertiamo in modo strano. Ci piace portare ogni singola cosa allo sfinimento e ci piace cercare ininterrottamente di superare il limite. Riconosciamo di sbagliare - ci piace sbagliare - e anche se non lo ammettiamo non ne possiamo fare a meno. Ci affezioniamo agli altri e cerchiamo di fare in modo che gli altri si affezionino a noi. Ridiamo ma passiamo le giornate con la paura di perdere le persone che amiamo. Vorremmo gridare, piangere, ma non ci riusciamo perché ce ne vergogniamo o perché i pensieri sono così fitti e profondi che rimaniamo impantanati. Vorremmo qualcuno che ci guardi negli occhi e legga il dolore che sentiamo ma sappiamo anche che non accetteremmo l'aiuto. Perché siamo incontentabili. 
Perché vorremmo anche potercela fare da soli. 
Vorremmo essere eroi di noi stessi. Eppure giorno dopo giorno falliamo e cadiamo, e anche se a volte vorremmo arrenderci ci rialziamo sempre con qualche livido in più. Perché siamo noi, e siamo così: stupidi, problematici, invincibili, inarrestabili. Siamo la generazione più corrotta, la più malata e forse la peggiore. 
Ma pur sempre la più bella.

Alessandro Accordino

Chissà come dicono minchia in Malesia, recensione di Valeria Balistreri

Minchia, in partenza per la Malesia, un siciliano a vent’anni da solo, in compagnia solo delle sue valigione Paris Hilton e di aspettative non proprio chiare su quello che troverà una volta arrivato. E’ così che comincia questo romanzo, a settemilanovecentoquaranta chilometri da casa, e siamo ancora a metà strada. Anche il lettore non sa bene cosa aspettarsi da questo viaggio, ma si trova subito dentro un incipit fulminante, strampalato e ironico che ci racconta un po’ dell’Italia, di chi siamo. Forse non è qui che il protagonista aveva preventivato di essere ma ci si ritrova in questo momento, davanti l’ignoto. Minchia!, esclama, eppure non si tira indietro. Tutto il viaggio sarà un buttarsi a capofitto nelle cose, dalle partite di pallone sotto la pioggia con i ragazzi del posto ai rapporti con le persone, dalle escursioni al cibo – è lì che cade l’ultima barriera dello schizzinoso protagonista. E non che difficoltà non ce ne siano, ma non c’è tempo per lagnarsi: c’è la vita, la vita da prendere a morsi, così si può anche urlare e correre e prendersi per mano con i compagni di viaggio che per due mesi diventano la famiglia. Questo senso di dinamismo si attacca al lettore, che sente anche lui di dovere muoversi, di dover fare qualcosa: e viene voglia di partire anche a lui. Forse i romanzi belli sono anche quelli che cambiano qualcosa nella tua vita, questo ti mette voglia di partire fin dalla prima descrizione di Kuala Lumpur, la “città-giardino delle luci”, con i ruscelli che scorrono di fianco alla strada e i quartieri tanto diversi fra loro, una città di traffico intenso e toponi che rosicchiano la coda ai gatti ma che contiene luoghi di silenzio, in cui avvicinarsi a una dimensione altra, come le moschee. Spesso, nei vari luoghi che il viaggio tocca, in mezzo al chiasso di un turismo molto occidentale si trovano luoghi come questo, non importa se siano sacri al buddismo, all’islam o all’induismo, si sente di avvicinarsi a qualcosa che non è di questo mondo, che forse è dentro la persona o forse è altro da sé. E la  cosa strana è che questo senso di trascendenza si acquista con un tuffo sempre più a fondo in tutto ciò che è terreno, fisico, come gli odori, le pulsioni, i sapori, la sensazione del caldo, del fresco, dell’acqua sulla pelle. Ed è proprio l’acqua che fa la magia: attraverso l’abluzione è come se si ritornasse a uno stadio primitivo, puro, così spogliati è naturale l’unione carnale con una terra che il protagonista riesce a possedere alla fine. La sua pelle, il suo interno sono stati lavati più volte, adesso è pronto per affrontare tutto con una consapevolezza nuova.

Valeria Balistreri


Fia [...] inizia a muoversi all'interno della grotta, le punte dei piedi allungate, il peso sulle dita. E le mani verso l'alto. Somiglia a un albero, le braccia sono le foglie. Volteggia e sorride. Balla la vita. Oltre Murugan e le altre divinità. Abbracciando la terra. E la vedo volare, uscire da un cerchio aperto nel tetto della roccia formatasi oltre quattrocento milioni di anni prima. Inizia a piovere e l'odore della terra bagnata ci avvolge. Tutto fradicio mi guardo in uno specchio vicino il tempio e vedo una scia rossa sulla mia fronte. Non è ancora stata sciolta dall'acqua, anzi risplende.
(Gualtiero Sanfilippo, Chissà come dicono minchia in Malesia)

martedì 29 marzo 2016

In ricordo di Franco vigile del fuoco

Franco faceva il suo lavoro di vigile del fuoco con entusiasmo e professionalità, lavorare insieme a lui ti dava tranquillità e sicurezza, e nei momenti di attesa tra un intervento e l'altro, sapeva stare in compagnia, si parlava e scherzava ed il tempo volava via.
Il rapporto umano in questo frangente, era molto importante. In quel periodo, lavorando insieme a 120 km di distanza da casa, alle dodici ore dei turni di servizio dovevi aggiungere le tre ore di viaggio in autostrada tra andata e ritorno, quindi per tredici-quattordici giorni al mese passare tutto questo tempo insieme non era uno scherzo, neanche fossimo stati marito e moglie!
Un giorno decidemmo così quasi per gioco, di partecipare ad un concorso interno per Operatori nei CED di nuova apertura, era il mese di novembre del 1986 e passammo insieme due giorni intensi a Roma per le selezioni. 
Durante il volo di ritorno, ricordo, mi disse: "ma ci pensi che superare la selezione significherebbe anche smetterla di fare i pendolari, e dal 1 febbraio del 1987 essere per sempre a casa, un sogno!” Una frase che in quel momento sembrava quasi insignificante, ma che poco tempo dopo sarebbe divenuta tragicamente importante!
Per vari motivi che non vale la pena elencare, lo svolgimento delle graduatorie concorsuali ritardava, nel frattempo il nostro servizio continuava serenamente e regolarmente. Era la sera del 28 gennaio del 1987, l'indomani come al solito ci saremmo visti di prima mattina per andare al lavoro, ma un improvviso malessere mi costrinse a prendere la giornata libera e Franco andò solo.

29 gennaio 1987, circa le 17:00
Da un vecchio oleificio abbandonato, esce un filo di fumo da una finestra posta a una decina di metri di altezza, i vigili del fuoco come sempre danno il via alle sirene e partono con un'autobotte ed un'autoscala, quest'ultima avrei dovuto guidarla io se non avessi preso il giorno libero.
Il mezzo si ferma sotto la finestra da cui continua ad uscire un sottile filo di fumo, la scala si allunga velocemente verso l’alto e verso il fumo, Franco sale in cima ad essa, “è solo uno stupido, maledetto, filo di fumo, forzo la finestra e vediamo cosa c'è dietro” magari sta pensando, ma improvvisamente una violenta esplosione, inaspettata, devastante!
E' una costruzione antica, i muri perimetrali formati da massi di grandezza superiore al metro cubo, si abbattono sui Vigili del Fuoco, non credo che Franco abbia avuto il tempo di capire. Il suo corpo venne recuperato, era appeso in modo innaturale ad un gradino di quel che rimaneva dell'autoscala accartocciata su se stessa dall'impatto del crollo. Un altro operatore venne tirato fuori dalle macerie un'ora dopo, anche per lui non c'era niente da fare. Il collega che mi aveva sostituito alla guida dell’automezzo, aveva un braccio rotto e altri quattro Vigili rimasero feriti, ma per fortuna sopravvissero!
Furono funerali di stato, Nico, la moglie di Franco che poi divenne una mia carissima amica, con il piccolo Fabrizio di due anni in braccio, distrutta dal dolore, una scena che non dimenticherò mai.
Il primo di Febbraio del 1987, la salma di Franco veniva tumulata in un cimitero di Palermo ... per sempre! 
Il primo di febbraio, il giorno in cui aveva sognato di ritornare in città, anche se in modo molto diverso appena qualche mese prima.
Ed io, al momento della disgrazia, avrei dovuto essere li, con loro.
Cosa mi sarebbe successo, non mi è dato sapere, ma il fatto di non esserci stato in quei momenti, non so se riuscirò mai a perdonarmelo, per questo voglio ricordare con onore un amico come lui, insieme a tutti i miei colleghi che hanno lasciato questo mondo per proteggere gli altri.

Roberto Ardizzone


mercoledì 23 marzo 2016

Il Maestro e Margherita, di Michail Bulgakov - recensione


"...dunque chi sei?"
"Sono una parte di quella forza che
eternamente vuole il male 
ed eternamente opera il bene"
 Goethe - Faust 


Dicono che al diavolo sia stato dato un tempo. Alla fine degli anni trenta Bulgakov in questo romanzo lo ha già piazzato a Mosca come a mostrarci che l'inferno è sulla terra, proprio lì e ce ne racconta la storia in un linguaggio freddo, a volte pesante. Scritto sicuramente da un genio che si scontra con un potere ostico che non consente la libera manifestazione della creatività e racconta di un Dio, di una verità falsata dalla perdita di identità, di Pilato.

martedì 22 marzo 2016

Giulia Maria Crespi

La chiamavano la Zarina, e non certo per farle un complimento.
Perfino sul profilo Wikipedia si legge: dispotica e arrogante.
Lei dice solo di non essere mai stata una diplomatica. 
Ha 92 anni, ed è storia di questi giorni la pubblicazione del suo libro Il filo rosso, un'autobiografia di lungo respiro.
L'Italia è cambiata sotto i suoi occhi, ma è cambiato anche il mondo, le persone... le sue idee.
Oggi (18 marzo 2016) è ospite alla trasmissione Pane quotidiano. 
Esile, ma con voce ferma e chiara parla di cose che subito scopro interessantissime. 

giovedì 17 marzo 2016

LE SCIACALLE nr 19 : Una sciacalla vede un video di auguri e muore

Rileviamo che oggi, 17/3/2016, è morta una sciacalla dopo aver visto un video in cui vengono fatti gli auguri al sindaco Patrizio Cinque.
Ognuno può fare gli auguri a chi gli pare, ma alla sciacalla - ricordando il sostegno del videasta in questione al sindaco in occasione delle visite de Le Iene - gli venne uno stinnicchio totale, non ci puatti nienti, mancu i gocci ri micoren, manco na scuossa elettrica, insomma, stiamo andando a bruricare la sciacalla.
Nel giorno di San Patrizio si consuma un grave lutto.

Giorgio D'Amato

JE SUIS CUFFARO



Applausi! La presentazione del suo libro al Don Bosco, acclamata da gran folla. Dopo anni di carcere, ci regala la sua fatica letteraria sull'onestà della parola. Che il carcere ti cambia la vita.
Da sette anni scrivo, e nessuno mi pubblica, nessuno mi legge.

mercoledì 16 marzo 2016

Totò, ti vogliamo bene!

Tutto è pieno. La sala è piena, il crocifisso è al muro e un santo sporge il viso. Mi guardo intorno e dico minchia, saranno mille. Poi li abbiamo contati: erano mille. C’è chi ha il muso schiacciato, qualcuno mi ha ricordato gli anni ’70. Altri, i fedelissimi, sono eccitati all’idea di potere incontrare il loro salvatore. La sala è stretta, le gambe mi passano vicino e il mio disagio aumenta. Sono io e sono i miei amici che ci sentiamo piangere addosso. La presentazione inizia: applausi. 

Totò, ti vogliamo bene! Totò, Totò, Totò!

Nomi come Pietrangelo Buttafuoco, Renato Schifani, Saverio Romano. Mi sento dritto. Un’analisi superficiale degli avvenimenti dimostrerebbe che Totò Cuffaro abbia scontato gli anni del carcere con assoluta sincerità. Dovevate vederlo, mentre i settantenni di sotto applaudivano e la Sicilia esplodeva.

Totò ci sei mancato!

Dio spacca le anime e le divide a metà: le carceri italiane sono posti in cui ognuno di noi dovrebbe soggiornare per un po’. Sodoma, ormai, è solo un ricordo. Vorrei essere più spontaneo e dedicarmi ad un’analisi critica ed equilibrata di questa spettacolare performance teatrale. Le nostre anime, quelle dei malpensanti, verranno sventrate dalla sfiducia e dall’odio per coloro che invece si pentono. 

Hai visto? Una bella rimpatriata, tutti amici siamo.

Peppa Pig e George Orwell? Ve le spiego io le convergenze: ne La fattoria degli animali, i porci sono troppo uguali tra di loro. Nella realtà, però, esistono eccezioni. Ho una gran voglia di accendere una sigaretta e gettare fumo e catrame. Un signore alla mia destra vuole sapere per quale giornale scrivo. Blog letterario. Che cosa potrei dire? La letteratura, in quella enorme stanza, non esiste. Si va incontro alla giustizia con le proprie gambe, e la pretesa dell’innocenza è più forte delle colpe. Lui è la mafia buona, quella delle cartolarizzazioni che non fanno male a nessuno. 

Totò, vengo con te in Burundi, ti voglio bene!

Marmo. Le statue, gli imperatori, le dominazioni, la clientela, la miscredenza, le targhe commemorative. In mezzo alla folla mi sento unico, un pezzo di marmo a cui nessun tipo di cemento può tendere la mano. I profumi bisbigliano, e Totò alza la voce: Poi sono uscito e ho scoperto che il verso della mia storia non è quella che hanno scritto le sentenze, e il verso della storia di un uomo non può essere scritta soltanto nelle sentenze di un tribunale. Il verso della mia storia io l’ho incontrato nei vostri occhi, nei vostri cuori e nei vostri sorrisi. Sono stato un re perché voi mi avevate fatto credere che fossi un re.

La storia è una ricca palla piena di brufoli e buchi neri. La fortuna, a volte, imprime alla società civile una spinta che gli uomini e le donne di questo pianeta non possono ignorare. La mafia, come la vita, si ciba di morte. L’esistenza di Cosa nostra (lo dico io, perché nessuno lì l’ha detto) è fatto ormai noto. Questa terra desolata (e la città irreale che si porta dietro) regge il peso - con decadenza e disastro - delle ombre che brancolano nel buio e accettano gli omicidi. 

La mafia, e adesso lo sappiamo, possiede i microfoni.

Totò, Totò, vieni qua, fatti abbracciare.

Persone di Valencia - Laura Xerra







Incontri spagnoli, Laura Xerra - 2016

martedì 15 marzo 2016

Cronache dal sotto…Bosco. Tutti con Cuffaro scrittore!



Mi fa paura questa folla di manichei. Mi fa paura la fierezza di Schifani.
Ci sono vecchi, vecchi dentro e fuori, troppi. Arrivo in ritardo non riuscivo a trovare parcheggio, fuori uno spiegamento di forze di vigili urbani, neanche se ci fosse Mattarella in visita. Dopo un chiaro tentativo di evangelizzazione e di proselitismo libresco è il turno di Pietrangelo Buttafuoco, il giornalista destroide. Non devo distrarmi, ogni tanto lui saluta fa ciao e sorride a qualcuno nel pubblico. La voce insinuante e un po’ sgraziata di Buttafuoco, l'abbraccio della gente. Ma Emanuele, Salvo ed io che cazzo ci facciamo qua? Qualcuno potrebbe fraintendere, mi sento in imbarazzo. Emanuele registra, qualcuno gli chiede: ma le i per quale giornale scrive? Sento la parola sacrificio. Oh, Dio lo faranno santo dinanzi ai miei occhi. Sto assistendo a qualcosa di mirabolante, forse irripetibile. È lui l'agnello, le parole di Pietrangelo (ormai lo sento vicino) sono inzuppate d'acqua santa. 'Lui paga per colpe che gli altri non pagheranno mai'. E che vuol dire? Ha lavato le coscienze altrui’. Ed ecco che tira in ballo la terra. Siamo incapaci di amarla, povera, martoriata, dice. Non ci facciamo carico. Sei un Bu... ffone. Che ipocrisia la politica e i suoi professionisti. E’ andato con i suoi piedi, si è consegnato. Ma un condannato dove avrebbe dovuto recarsi? 
Mafia la parola è stata detta! Lui l'unico a scontare... sto per vomitare sulla signora alla mia destra le rovinerò il portatile. Le sporcherò il suo vestitino chic, eppure sono forte di stomaco. Ecco il nuovo vangelo, buttiamo la Bibbia adesso abbiamo il mendicante. Un colpo contro la Cirinnà ma che cazzo c'entra?Come il cristo con la croce fino al Golgota, ho capito, sto assistendo alla resurrezione in diretta. Lui risorge per questa platea. Adesso la parola Coraggio, quello di affrontare la galera. Se la galera non la provi non la puoi capire. La poesia raggiunge vertici di sublimazione inenarrabile. Mi sento inadeguata. Nessuno dice nulla di diverso. Nessuna voce discorde, Buttafuoco mi dà il voltastomaco. Arridatece Totò perché ce lo avete tolto? Dobbiamo risarcirlo quest’uomo. 
Ho deciso di cambiare posto alla mia sinistra c'è una tizia che batte le mani prima che chiunque finisca di parlare. Ma cosa mai avrà ottenuto?La mafia? ma la sua era la mafia Buona. Mi stai stancando Buttafuoco e non leggerò mai più un tuo libro. Mi sciacquerò le mani prima di toccarne uno e seguirò il tuo consiglio farò lo stesso prima di parlare di Totò Cuffaro, ma adesso basta non invocare più il cielo a fettine, graffi d’anime, che potrebbe cascarci il teatro addosso! Lascia perdere le Madonne. A questo punto ci scappa pure la vasata. Appena comincia a parlare Saverio Romano a me comincia a bruciare il naso. Aria pesante, dico a me stessa che è perché siamo troppi. Mi sento scomoda sulla sedia. Come può la Sicilia privarsi di un cavallo di questa razza? Immagina un ritorno trionfale in politica, se soltanto lui volesse, sì che ci salverebbe dall'abisso. 
Oh, il libro ogni tanto ci si ricorda che siamo qui per un libro. E passiamo all'infanzia all'arresto alla consapevolezza dello scontare tutta la pena. E a 'ridaje con il papà e la mamma perché sono le leve giuste... e lui adesso dà voce ai detenuti si fa verbo per loro, e questo io potrei anche accettarlo e sarebbe lodevole, ma è un discorso diverso. Saverio lo sappiamo che il carcere non è una passeggiata e che le carceri in Italia hanno grossi problemi. Il carcere è la conseguenza inevitabile di scelte evitabili. Non l’ho capita quella degli occhiali... adesso l'apoteosi, il primo leccaculo che grida dalla platea, e la sua voce oh mamma l'avevo scordata... l'accento agrigendino, i sendimendi. Parla di carcere, di pregiudizio, però ci rassicura: non è stato sodomizzato, la signora alla mia sinistra tira un sospirone di sollievo, anch’io (non oso immaginare il tono che avrebbe assunto la sua voce in quel caso). Non trascina non ha mordente, mi annoia. Parla di anime del buono che c’è in ognuno (anche in Riina e altri poveracci che scontano le pene?). Ecco un’altra parola magica: Papa. Non so in realtà, quanto la platea voglia ascoltare questi discorsi tristi. Restano incollati alle sedie. Per quanto mi concentri non riesco ad ascoltare Romano. Ah, parla di carceri. Delle diseguaglianze carcerarie. Non tutti scrivono libri in galera. Fuori non troveranno lavoro. Vuole garanzie, piene riabilitazioni per gli imputati, per chi sconta con dignità la pena. Un condannato per mafia ha diritto a candidarsi, no alle discriminazioni sociali. Basta! Applauso! Boato! Per capire le carceri bisogna viverle. E allora, amici politici, provare per credere. Un po’ di carcere fa bene a tutti. Grida e gridando perde un po’ di inflessione. Volete scrivere un buon libro? andate in cella. Il carcere gli ha insegnato a parlare con la sua anima... è là che l'ha trovata. E quella gli ha pure risposto. Qualcuno si commuove, io ho deciso di strozzare la signora alla mia sinistra o potrei tagliarle le mani che mi perforano i timpani. Quando dice che in galera guardava Peppa pig il mio odio cresce a dismisura, tirare in ballo un cartone animato. Boh! Non vuol chiedere perdono, scusa invece sì, per i danni. Qualcuno dice che gli vuol bene. Io mastico un chewing-gum antiemetico occasionale. 
"Siamo nati così... in un Paese dove le galere sono piene e i manicomi chiusi, in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo" - C. Bukowski Parla di rispetto della sentenza, del diritto oltre al dovere di rispettare la giustizia. In noi ha trovato la forza, e noi lo abbiamo aiutato. Noi che lo avevamo fatto Re e una sentenza ha osato detronizzarlo. L'afflato e i baci della gente sono stati il balsamo, il lenimento, la cura e poi i cancelli del carcere che lo hanno reso mendico, puro. Umano. Rifarebbe tutto dall’inizio alla fine. Forse glielo ha suggerito qualcuno, quel cristo che ci rivela ha visto scendere dalla croce, là a Re-bibbia. La signora alla mia sinistra piange. E io a 'sto punto cosa posso aggiungere? 

Adele Musso

Cuffaro, le parole asciutte di Saverio Romano, la mia cattiveria

Ero andato alla presentazione di Totò Cuffaro per chiedergli Totò, tu che ne sai dei soldi delle royalties della Nomura bank prima accreditati in Eire e poi pervenuti in una filiale svizzera della Banca Popolare di Sondrio e Lugano in due conti che si chiamano Church e Tod's, appena sei milioni di euro, tu che ne sai?
Sono rimasto tra le maglie del discorso asciutto di Saverio Romano che non si spiega perché un cittadino che ha pagato per le sue pene, non dovrebbe ritornare a coprire il suo ruolo, e io pensavo ad un pedofilo che uscito dal carcere pretende di rifare il direttore di un asilo. 
Mi sono fatto il segno della croce.
Parole asciutte che mi hanno toccato, e mi sono pentito della mia cattiveria, in fondo cosa sono sei milioni di euro, i soldi vanno e vengono, quelli venivano con degli spalloni per poi essere spesi anche nelle campagne elettorali.
Ci sono cose più importanti, anche io vorrei che Totò Cuffaro tornasse ad essere il presidente di noi siciliani, spero che cambi idea, magari dopo che torna dal Burundi.
Sono stato cattivo, cattivo veramente.

Giorgio D'Amato

Le parole umide di Pietrangelo Buttafuoco durante la presentazione di Totò Cuffaro

Ero andato con pessime intenzioni alla presentazione di Cuffaro, volevo chiedere cosa ne sapeva dei soldi - tanti - che Massinelli, il suo consulente, avrebbe fatto con la finanza creativa, quelli che servirono per comprare i manifesti con scritto "La mafia fa schifo".
Volevo chiederglielo.
Sono stato sopraffatto dalle parole dello scrittore Buttafuoco, che è rimasto colpito dal lirismo delle descrizioni di Cuffaro, il cielo che da una cella di carcere lo vedi a pezzi, e pure io ho visto un cielo a pezzi in quelle parole, e Buttafuoco lo ha paragonato a quel prete fucilato a Leningrado che pure lui citò il cielo, ma non bellissimamente come Totò, e sarei salito sul palchetto per abbracciare Buttafuoco prima e Cuffaro dopo, fregandomene del fatto che la Regione Sicilia è stata truffata per 104 milioni di euro a causa della finanza creativa di Massinelli.
Cosa sono i soldi davanti ai sentimenti veri pronunciati con parole umide?
Sull'umido di quelle parole la mia cattiveria è scivolata via, mi sono sentito colpevole di fronte allo scrittore Buttafuoco che diceva delle parole sulla Sicilia terra di... attipo boh, non me le ricordo, ma erano umide e toccanti, e io mi sono pentito di aver pensato male di Cuffaro.
I soldi non sono niente.
Neanche quelli pubblici.

Giorgio D'Amato

lunedì 14 marzo 2016

L'anima e la presentazione del libro di Totò Cuffaro

Ero andato alla presentazione del libro di Totò Cuffaro pieno di cattive intenzioni, volevo chiedergli quanto gli era costato impedire che sorgesse un centro commerciale a Villabate pur di mantenere l'appoggio al progetto del Forum di Brancaccio.
Volevo chiederglielo.
Ma Totò Cuffaro ha parlato dell'anima, non quella divina che lui cercava in tutti i pellegrinaggi che ha fatto nella sua vita - Santiago, Lourdes, Guadalupe -, un'altra anima, quella vera, che lui ha visto in carcere, insieme a Gesù Cristo che è sceso dalla croce per andargli incontro.
Avevo veramente tante cattive intenzioni, tutte brutte.
Totò Cuffaro mi ha convinto.
E non l'ho disturbato.
Anche Pietrangelo Buttafuoco ha detto cose bellissime. Belle quasi quanto quelle che ha detto Totò Cuffaro.
Per ora non me le ricordo. 
Ricordo solo l'anima.
Neanche di Villabate ricordo più niente.

Giorgio D'Amato

Il diario intimo di Sally Mara - Recensione

Sally Mara, Joël Mara, la madre che imbastisce calze per il marito in cerca di fiammiferi, la signora Killarney. La poetica intertestuale diventa forte esplicitando il ruolo della voce narrante. I periodi vengono incastrati alla perfezione in un labirinto di contrapposizioni: Sally, diciassette anni, ritiene che la verginità possa essere applicata ai campi che non sono stati ancora arati (lei, da brava cattolica, utilizza solo il vocabolario). La percezione della vertigine si può toccare: lo stile camaleontico ma raffinato, la ripetizione di eventi quotidiani e il rifiuto per la società tradizionalista che percepisce in ogni abitazione irlandese è la diretta conseguenza di un’ibridazione tra uno scritto epistolare e un romanzo di formazione. La ricomposizione di una ingenuità velata è sempre presente all'interno del testo e dell'idealizzazione di una vita puritana che aspetta un abbandono immediato. Queneau applica al testo un mosaico fisico che tocca, arrivando al cuore del problema, la desolazione dell'uomo e la deriva materialistica del genere umano, integrando contesti familiari estranei alle sovversioni (quasi) contemporanee della sfera femminile.

"Vuole," ho continuato, "sollevarmi la gonna, abbassarmi le mutandine e farmi il culo rosso?"
"Oh! Che parola orrenda! Sally, non si vergogna? La punirò doppiamente."
E si agitava tutto paonazzo sulla sedia, ma senza saper più cosa fare.
"È così dunque? Vuole sculacciarmi?"
"È così," ha mormorato timidamente.
"Ebbene," gli ho risposto, "niente da fare."
Dapprima non ha saputo cosa replicare, poi timidamente:
"E se usassi la forza?"
"Ci provi."

Emanuele Scaduto 

Sabato all'IPSIA con le ragazze dei corsi di Moda e Benessere



Si può dire che mi sono fatto "i cianchi"? Sì, mi sono divertito un macello.
Davanti ad almeno una quarantina di ragazze e un paio di ragazzi. Io per parlare di donne, anche violenza sulle donne - che a me mi siddia, queste cose di ..mi prende, mi sbatte, sanguino, mi lacero.. non mi piacciono. Non mi piace parlarne così, almeno.
Bisogna stringere il patto con l'ascoltatore, innanzitutto.
Cominciamo con Buttanissima. E poi con Jeanne Hebuterne. Amori grandi, un po' malati ma intensi, scritture ossessive, ripetizioni, molteplicità.
E poi "Finalmente dorme", il pezzo su quella pazzotica moglie di Luigi Pirandello, 'na fuaddi scatenata che le passava a dire maleparole al marito - nella mia versione.
Ragazze, immaginate che la moglie di Pirandello entri nella vostra stanza, cosa vi griderebbe?
Scrivetelo.

Cretina, posa 'stu telefonino e va fatti i piatta!!
Smuoviti il culo e va sturia!
La devi finire di studiare, basta, va fatti na passiata.
Basta con le sigarette, almeno fumassi spinelli!!
E poi il culmine: 
Non ti ammazzo perchè non ho tempo.

Hanno scritto tutti.
E l'amico Pietro - che non vedevo da una vita - che lì insegna religione, ha "dovuto" leggere uno di questi componimenti (ora è in cerca di un padre confessore!).

L'IPSIA mi piace assai. 
(Grazie 10.000 a Francesca Di Salvo e Antonietta Lo Coco e al tecnico del PC)
Giorgio D'Amato

domenica 6 marzo 2016

L'origine del genere satirico

Non si sa con esattezza come e quando sia nato il genere satirico a Roma; il grammatico Diomede, vissuto nel IV sec. d.C., definisce la satira un componimento poetico destinato a colpire comportamento e vizi dei contemporanei. Nonostante sia stata per questo motivo alla commedia di Aristofane, la satira è un genere prettamente romano, come affermerà orgogliosamente Quintiliano nel X libro della Institutio Oratoria: satura quidem tota nostra est: la satira, d'altra parte, è tutta nostra.
Dibattuta è anche l'origine del nome, per il quale sono state avanzate diverse ipotesi: da Satyroi (esseri mitici in parte umani in parte ferini), da Satura (salsiccia) o dall'espressione Lex satura (una legge contenente più disposizioni) o da Satura lanx (piatto colmo di primizie di vario genere che veniva offerto agli dei. Quel che è certo è che si trattava di un componimento poetico di contenuto vario e di metri diversi che si esprimeva inizialmente in rappresentazioni miste di recitativo, canto, musiche e danza, che venivano eseguiti in feste religiose legate all'agricoltura.
A Roma i massimi esponenti del genere satirico furono Lucilio (II sec. a.C.) del quale ci sono rimasti solo frammenti,e Orazio (I sec a.C.) che proprio nelle Satirae evidenzierà i concetti di autosufficienza interiore e di misura e di equilibrio derivante, oltre che dall'adesione ad un ideale di vita, anche dal tono medio e dalla cura formale, con il quale si distacca dallo stile lutulentum (fangoso) di Lucidio, nella ricerca di uno stile e di un lessico sorvegliati, frutto – come in tutte le sue opere- di un accurato labor limae. 
Anche in epoca imperiale la satira conserva la sua vitalità con Persio (I sec. d.C.) e Giovenale (I\II sec. d.C.) ma si volgerà a fustigare i vizi più che le persone, proprio per la perdita di indipendenza del poeta nei confronti del princeps, il quale concentra ormai nelle proprie mani il potere politico a scapito del senato per cui, al poeta, resta solo l'indignatio e al Senato il problema di decidere come cucinare un gigantesco rombo (Giov., IV) essendo ormai stato esautorato di tutti i suoi poteri.

Isabella Raccuglia

venerdì 4 marzo 2016

Un manifesto della libertà? - Chissà come dicono minchia in Malesia

La Malesia e il workshop di volontariato per la prevenzione dell'Aids. La Malesia e le Perhentian Islands. La Malesia, la donna di seicento anni e le similitudini con lo storico mercato di Ballarò. Difficile scovare un punto di non ritorno, un'interruzione della vita che scorre, un punto dal quale non si può scappare. Manu, Xiu, Shereen, Nicki, Maria. Molti abbandonano, i più forti tendono la mano alla forza e si unificano. Diventa rilevante il tema della multiculturalità, gettando le basi per un affresco condiviso che dona spazio alle differenze del tempo, dello spazio e dei chilometri che dividono una regione del mondo dall'altra. In Malesia, 'minchia' non esiste. L'intercalare più famoso, però, è 'lah'. 'Lah' ad ogni frase, ad ogni domanda, ad ogni affermazione. L'immaginazione porta con sé il segreto del tempo, una sicurezza che indovina e scopre ogni vicolo. La bava che esce dalla bocca di una ventenne, le urla dei compagni che, come le lampade ad olio, mordono il cielo. Un mosaico di piccole coincidenze e la possibilità di una corrispondenza segreta, ma intenzionale, degli spiriti più forti.  La volontà di una voce viva che sembrava non fosse pronta alle eventualità di una terra a lui sconosciuta, si scompone e riesce a regalarci situazioni di maturità e collettività, di desiderio e angoscia. Il fumo che scoperchia i tetti e il sesso. Non esiste viaggio che non comporti relazioni consapevoli. E' il caso di questo libro, che si  presta perfettamente a diventare un piccolo manifesto della libertà.

Emanuele Scaduto 


Chissà come dicono minchia in Malesia, di Gualtiero Sanfilippo (edz. Il Palindromo)

AAS prossimi impegni

6 marzo 2016 dalle 10 alle  20 - Bagheria - Corso Umberto - Mercato degli artigiani

8 marzo 2016 dalle 19.00 - Palermo Le città invisibili, via Torricelli 32 - MIMOSA INVISIBILE

giovedì 3 marzo 2016

21 grammi - Che minchia inventano

Finché morte non ci separi! E chi l'ha detto? Solo una scelta. Sufficiente 21 grammi - è stato chiamato così. Lo stesso peso che hanno dato alla nostra anima per chiederci se esista. L'unica certezza continuare a provare  piacere intimo con chi non esiste più.

martedì 1 marzo 2016

Ricordi di San Valentino - I fiori di Nitto

Un suono di campanello dal  portoncino giù; rispondo al citofono: chi è?  Signora sono il ragazzo del fioraio Moncada, mi apra ci sono delle rose per lei! Per me? ma è sicuro? Apro il portoncino, il ragazzo sale lascia le rose va via! Ero certa che ci fosse uno scambio di persona, ma che volete, in quel momento mi è tanto piaciuto illudermi che quelle magnifiche rose fossero per me!!! Per tutta la mattinata mi sono tenuta le rose, e non leggevo il biglietto incluso apposta per non subire quella amara delusione, che sapevo ci fosse! Pensavo... è mai successo che (LUI) si sia ricordato di qualche bella ricorrenza facendomi un regalo? (MAI) eppure sono certa che mi ama, anche se vengo dopo i suoi adorati cavalli!! Appunto, ricordava tutte le date e le ricorrenze di loro, mai che si ricordasse del mio onomastico, il mio compleanno, di San Valentino, mai!! Era scontato per lui che io non dessi importanza a queste sciocchezze,non pensava che mi potessero ferire, non pensava che la mia anima potesse star male per diverse settimane!! Era come se io fossi lui e lui fosse me, un'unica persona! Per lui era scontato che io avessi le sue stesse idee! Doveva essere questo il suo concetto! Era senz'altro come pensavo!! In questo caso le rose erano superflue!  Consegnai le rose alla sua proprietaria mia omonima, me ne separai con dolore! Passa il tempo, un altro San Valentino, siamo ad una festa, organizzano di recitare una poesia o fare una dichiarazione d'amore alla moglie o viceversa! 
Sono stata io a fargli la poesia: Con te è l'immenso e in te mi compenso......non ricordo il resto.
Che volete farci? Meglio dare, almeno poi si ha l'ultima parola!!
Pina Tomasello