martedì 22 marzo 2016

Giulia Maria Crespi

La chiamavano la Zarina, e non certo per farle un complimento.
Perfino sul profilo Wikipedia si legge: dispotica e arrogante.
Lei dice solo di non essere mai stata una diplomatica. 
Ha 92 anni, ed è storia di questi giorni la pubblicazione del suo libro Il filo rosso, un'autobiografia di lungo respiro.
L'Italia è cambiata sotto i suoi occhi, ma è cambiato anche il mondo, le persone... le sue idee.
Oggi (18 marzo 2016) è ospite alla trasmissione Pane quotidiano. 
Esile, ma con voce ferma e chiara parla di cose che subito scopro interessantissime. 

Nel '62 una serie di lutti colpisce i Crespi, e Giulia entra nel Consiglio di Amministrazione del Corriere della Sera, proprietà della famiglia. 
L'arrivo di una donna alla guida di un giornale non piace a nessuno ( e allora penso che la sua arroganza e il dispotismo, magari, furono qualità necessarie per fronteggiare il muro di uomini).
L'intervista spazia su molti campi.
La Crespi parla degli Agnelli senza peli sulla lingua. Ne parla male, anzi malissimo. Gente troppo ricca, troppo potente, che ha sfacciatamente usufruito di privilegi negli anni '70 (ed anche molto prima) impensabili per chiunque (al loro passaggio veniva perfino bloccato il traffico). 
Gli Agnelli - dice - hanno fatto man bassa di tutto, sempre, (ed io ricordo di avere letto che alla prima vera crisi della Fiat, intorno al '77, il grande Avvocato andò a battere cassa presso il governo italiano, chiedendo un sostegno economico per non chiudere gli stabilimenti. Il Problema ammontava a sei miliardi, ma lo Stato gliene regalò ben 12. Gli Agnelli sempre a capotavola nei banchetti Italia). 
La Crespi dice che Gianni l'ha tradita, si presentò come amico quando il Corriere venne a corto di liquidità, si offrì di acquistare alcune quote, ma di fatto, in combutta con il vecchio Moratti, al momento della stipula entrambi ritrattarono gli accordi definiti in mediazione. 
La combutta è una vecchia abitudine degli Agnelli, so qualcosa dello scandalo che li travolse nel 1908. La questura accusò il vecchio Giovanni con altri due "compari" di “illecita coalizione, aggiotaggio in borsa e alterazione di bilanci sociali”. 
Gli Agnelli ne uscirono indenni grazie alle pressioni di Vittorio Emanuele Orlando, ai tempi Ministro di Grazia e Giustizia, "pappandosi" così la Fiat dopo avere truffato gli azionisti.
La Crespi lascerà definitivamente il giornale nel '74, cedendo le ultime quote a Rizzoli.
L'intervista continua e la giornalista, Concita De Gregorio, trova opportuno chiederle quale sia stato il suo rapporto con la ricchezza e con i privilegi visto che, con gli Agnelli, i Crespi ci passavano le vacanze.
Lei risponde:  - non l'ho mai vissuta come una colpa, alla fine non contano la ricchezza o i privilegi, ma l'uso che se ne fa".
Sì, mi piace questa anziana signora. 
Spara a zero anche su Spadolini. 
Non si spiega la rottura con Montanelli. 
Sa di avere sbagliato molte cose. 
Nelle sue parole non manca mai la parola futuro. Mi piace anche questo.
Insieme ad altri ha dato vita al FAI, il Fondo per l'Ambiente Italiano. Ama l'arte, ma oggi - sostiene - sarebbe opportuno parlare un po' meno di questo ed occuparsi di più della casa in cui viviamo, questa terra malandata che è di per sé la migliore opera d'arte che esista.
Non ama definirsi credente, ma cita San Francesco e il cantico delle creature, l'hanno sempre ispirata verso la natura. 
Lavora ancora oggi, per quel che può, nell'azienda agricola del figlio. La natura e il cibo sano, sono valore primario - dice - per tutti gli uomini della terra. 
Lei parla ed io rimango affascinata. Racconta della malattia, del tumore che l'ha colpita, si definisce fortunata per averlo avuto. Le ha dato modo di capire molte cose. 
Parla anche delle donne, del fatto che stanno perdendo il loro vero ruolo, quello più importante, educare i propri figli perdendo così, di fatto, potere nei confronti della società.
Per un attimo credo che questa volta la stia sparando grossa, dopo tutto quello che abbiamo fatto per arrivare dove siamo arrivate... per ottenere un ruolo in società...
Lei pensa che debbano lavorare meno, le donne, solo in part-time  perché i figli vanno seguiti, cresciuti e soprattutto educati. 
Continua dicendo che non è pensabile creare degli affetti e poi non prendersene cura. 
La Crespi continua, dicendo che se una vuole fare carriera è liberissima di farlo, ma deve scegliere.
E allora ricordo Rita Levi Montalcini che alla domanda di un giornalista, circa il perché non si fosse sposata, rispose: " Il unico grande amore è stata la Scienza". 
Ho come un attimo di smarrimento, ma, subito dopo, riesco a mettere a fuoco qualcosa. 
Mi pare che la signora Crespi mi stia dicendo, in definitiva, che emancipazione non è avere un posto di lavoro, ma educare i propri figli al rispetto, insegnare cosa significhi l'uguaglianza dei sessi, la libertà e l'indipendenza. Forse mi sta suggerendo perfino che inasprire le pene per gli uomini che ci uccidono, che ci perseguitano, che ci picchiano, non ha senso   finché noi donne non saremo in grado di creare una società di uomini migliori. 
La giornalista ricorda alla Crespi che lei stessa, però, è stata una grande manager, la sua risposta non tarda a venire ed anche questa mi piace.
"Si ho lavorato tanto, facendo molti torti ai miei figli".

Adelaide Jole Pellitteri