martedì 29 marzo 2016

In ricordo di Franco vigile del fuoco

Franco faceva il suo lavoro di vigile del fuoco con entusiasmo e professionalità, lavorare insieme a lui ti dava tranquillità e sicurezza, e nei momenti di attesa tra un intervento e l'altro, sapeva stare in compagnia, si parlava e scherzava ed il tempo volava via.
Il rapporto umano in questo frangente, era molto importante. In quel periodo, lavorando insieme a 120 km di distanza da casa, alle dodici ore dei turni di servizio dovevi aggiungere le tre ore di viaggio in autostrada tra andata e ritorno, quindi per tredici-quattordici giorni al mese passare tutto questo tempo insieme non era uno scherzo, neanche fossimo stati marito e moglie!
Un giorno decidemmo così quasi per gioco, di partecipare ad un concorso interno per Operatori nei CED di nuova apertura, era il mese di novembre del 1986 e passammo insieme due giorni intensi a Roma per le selezioni. 
Durante il volo di ritorno, ricordo, mi disse: "ma ci pensi che superare la selezione significherebbe anche smetterla di fare i pendolari, e dal 1 febbraio del 1987 essere per sempre a casa, un sogno!” Una frase che in quel momento sembrava quasi insignificante, ma che poco tempo dopo sarebbe divenuta tragicamente importante!
Per vari motivi che non vale la pena elencare, lo svolgimento delle graduatorie concorsuali ritardava, nel frattempo il nostro servizio continuava serenamente e regolarmente. Era la sera del 28 gennaio del 1987, l'indomani come al solito ci saremmo visti di prima mattina per andare al lavoro, ma un improvviso malessere mi costrinse a prendere la giornata libera e Franco andò solo.

29 gennaio 1987, circa le 17:00
Da un vecchio oleificio abbandonato, esce un filo di fumo da una finestra posta a una decina di metri di altezza, i vigili del fuoco come sempre danno il via alle sirene e partono con un'autobotte ed un'autoscala, quest'ultima avrei dovuto guidarla io se non avessi preso il giorno libero.
Il mezzo si ferma sotto la finestra da cui continua ad uscire un sottile filo di fumo, la scala si allunga velocemente verso l’alto e verso il fumo, Franco sale in cima ad essa, “è solo uno stupido, maledetto, filo di fumo, forzo la finestra e vediamo cosa c'è dietro” magari sta pensando, ma improvvisamente una violenta esplosione, inaspettata, devastante!
E' una costruzione antica, i muri perimetrali formati da massi di grandezza superiore al metro cubo, si abbattono sui Vigili del Fuoco, non credo che Franco abbia avuto il tempo di capire. Il suo corpo venne recuperato, era appeso in modo innaturale ad un gradino di quel che rimaneva dell'autoscala accartocciata su se stessa dall'impatto del crollo. Un altro operatore venne tirato fuori dalle macerie un'ora dopo, anche per lui non c'era niente da fare. Il collega che mi aveva sostituito alla guida dell’automezzo, aveva un braccio rotto e altri quattro Vigili rimasero feriti, ma per fortuna sopravvissero!
Furono funerali di stato, Nico, la moglie di Franco che poi divenne una mia carissima amica, con il piccolo Fabrizio di due anni in braccio, distrutta dal dolore, una scena che non dimenticherò mai.
Il primo di Febbraio del 1987, la salma di Franco veniva tumulata in un cimitero di Palermo ... per sempre! 
Il primo di febbraio, il giorno in cui aveva sognato di ritornare in città, anche se in modo molto diverso appena qualche mese prima.
Ed io, al momento della disgrazia, avrei dovuto essere li, con loro.
Cosa mi sarebbe successo, non mi è dato sapere, ma il fatto di non esserci stato in quei momenti, non so se riuscirò mai a perdonarmelo, per questo voglio ricordare con onore un amico come lui, insieme a tutti i miei colleghi che hanno lasciato questo mondo per proteggere gli altri.

Roberto Ardizzone