Vado
al teatro Massimo per curiosità, danno Il Caravaggio rubato.
Ho
già visto il Maestro Giovanni Sollima in un concerto a Milano, l’ho anche visto
in Tv, con i suoi 100 violoncellisti, aprire il concerto di Capodanno di
qualche anno fa.
Ascoltare
un artista di tale livello è a dir poco entusiasmante.
Mi
incuriosisce anche il fatto criminoso, il furto del quadro.
L'EVENTO ARTISTICO
Nel
campo dell’arte esistono tre categorie di persone: I dilettanti, i professionisti
e gli Artisti.
I
primi creano opere al disotto delle regole, soddisfacendo il proprio Ego (e forse
pochi amici).
I
secondi producono opere nel perfetto rispetto delle regole soddisfacendo il
proprio Ego e gli addetti ai lavori.
Gli
ultimi, invece, producono al disopra delle regole – non fuori dalle regole, ma
proprio al disopra, cioè partendo da quelle - aggiungendo, migliorando, magnificando
ogni creazione con le proprie capacità fino a creare un’opera del tutto Nuova e
con essa nuove regole.
Soddisfano
così il proprio Ego, gli addetti ai lavori e pure i profani.
Ecco
l’ho detto, se un Artista raggiunge,
oltre agli esperti del campo, una moltitudine di profani, allora è certo che
rimarrà indimenticabile e indimenticato.
Io
sono una profana ed è da profana che vado a vedere lo spettacolo.
La
scaletta prevede un monologo del giornalista Attilio Bolzoni, la proiezione di
alcune foto di Letizia Battaglia e la proiezione di un cortometraggio di Igor
Renzetti, tutto sulle musiche scritte ed eseguite dal Maestro Giovanni Sollima
che dirigerà anche l'orchestra.
Per
gestire gli elementi di queste arti tanto diverse tra loro, occorre una regia
capace di far interagire intelligentemente tutte le opere.
C'era.
Una
straordinaria Cecilia Ligorio, regista veronese.
Bolzoni
comincia il monologo parlando della nascita di suo figlio, dicendo dei suoi
piedi nudi, parla poi della nascita, in latitanza,
dei figli di Riina, nati a piedi nudi anch'essi. Prosegue spiegando come, da
bambino, gli sia stato insegnato a riconoscere i piedi di "quelli", i mafiosi: scarpe belle e
sporche di cantiere.
Parla
del giornale L'ora.
Ai
tempi del suo arrivo in redazione, la sala, piena di fumo e bottiglie di liquore,
era bazzicata dalla Battaglia in carne e ossa e dal fantasma di Mauro De Mauro.
Cita
le stragi di mafia, quella di Viale Lazio... quella di Capaci.
"
Il cratere di Capaci è troppo grande per una piccola aula di giustizia"
Il
coro intona:
Et
in Terra Pax homnibus banae voluntatis...
Bolzoni
riprende riferendo un aneddoto accaduto a Buenos Aires, durante una lezione di
giornalismo dove il reporter Clarin sta spiegando la regola del cinque. Dice che
il pezzo deve rispondere sempre alle cinque domande: Chi, come, quando, dove e
perché. Dal fondo dell'aula si alza la voce dello studente Kiki: Io non sono
d'accordo - esordisce - per noi che siamo nati qui deve sempre rispondere alle
domande: Perché, perché, perché, perché, perché.
Citare
tutto il monologo non è possibile in un pezzo da blog, ma posso dire che le
parole, come una palla da bowling scivolavano sulla corsia del passato, ne
scandivano i tempi, quello di Caravaggio, della Natività, della nascita dei
bambini, dell'avvento della mafia fino ad arrivare dentro la Palermo con le
lenzuola a terra, con il sangue che scappava a fare i rivoli sotto i
marciapiedi. Ricordando le madri dei nascituri, dei morti, degli assassini.
Alle
spalle del narratore gigantografie in bianco e nero. Raffigurano madri che
tengono in braccio, anzi in mano, bambini appena nati. Sono mani importanti, la
regia ce le lascia vedere falange per falange, riusciamo a sentirne la forza.
Reggono la vita, tanta vita nuova, poi... la morte, asciugano il pianto,
accompagnano l'urlo del dolore, reggono foto di chi non c'è più... sparito.
Sono
immagini di una potenza infinita.
Letizia
Battaglia un Artista che conoscevo solo di nome - che brutta cosa per una
palermitana come me.
Imperdonabile
non conoscere chi della tua città, ha immortalato tutto, bellezza ed orrore,
incidendone le immagini sulla carta fotografica con la stessa intensità di un
pittore.
Per
me, proprio da questa sera, Letizia Battaglia è il Caravaggio della fotografia.
Tutto
piano piano diluisce, chiudendosi con il filmato di Igor Renzetti ci mostra la
Palermo di oggi, attraverso gli occhi di chi viene da "fuori". Le
vecchie case del centro storico, la porta del Capo, le luminarie, le facce
della gente comune. Timidi sorrisi, piccole speranze.
Palermo
è pronta a rinascere.
GIOVANNI
SOLLIMA E IL SUO
IL
CARAVAGGIO RUBATO
Se
nel pezzo precedente non ho ancora accennato al Maestro Giovanni Sollima è solo
perché non ho le stesse capacità della regista Ligorio e allora le note non so
lasciarle insinuare tra le parole e le foto, tra le foto e il filmato. Eppure
senza queste musiche tutto sarebbe rimasto meno comprensibile o meglio avrebbe scavato
meno dentro la memoria.
So
che il Maestro suona un violoncello Francesco Ruggeri fatto a Cremona nel 1679.
Per aver letto qualche notizia so che per questo spettacolo ha riscritto il
Gloria di Guillaume de Machaut, compositore medioevale. Ne ha ribaltato i ruoli vocali originali ed
allargato l'immagine sonora.
Poi
ha scelto i sublimi versi di Carlo Gesualdo
da Venosa per raccontare l'assenza.
Beltà,
poi che t'assenti,
come
ne porti il cor
porta
i tormenti.
Ché
tormentato cor
può
ben sentire
la
doglia del morire,
e
un'alma senza core
non
può sentir dolore.
Potrei
aggiungere altri particolari che però i profani come me non capirebbero e
allora riferisco dell'unica cosa che ho percepito nettamente, il Maestro
Sollima ha creato una musica - lo dice lui stesso - che può essere interpretata liberamente (l'Artista raggiunge così il
profano).
A
me è arrivata come una melodia poeticamente contraddittoria così come è tutta
la storia della mia città.
Con
le sue note, il Maestro, ha fatto strada agli eventi: la nascita della Natività
del Caravaggio, quelle dei bambini, fino a quella della mafia. Lo ha fatto con
passaggi diversi, diversi ritmi.
Sono
passaggi armoniosi, ma anche lugubri, percepisco perfino note nerissime.
Ostentato
e incalzante è il ritmo della Mafia, quando uccide senza sosta. Le percussioni
hanno tutto il crescendo degli eventi e mentre le foto scorrono sembrano
prendere voce e tutto ti entra nel petto e precipiti.
Potrai
dire di essere stata lì in mezzo, dietro le corone di fiori che accompagnavano
i morti.
I
morti nati bambini, senza scarpe, alcuni liberi, altri già latitanti.
Il
Caravaggio Rubato non è un semplice spettacolo teatrale, non avrebbe potuto
esserlo con Artisti come Sollima, Battaglia, (eccellenze palermitane), Bolzoni (palermitano
di adozione) è un evento artistico-culturale che spero venga riproposto.
Fa
ricordare, riflettere, sperare e infine lascia orgogliosi.
Palermo
è anche la meraviglia dell'arte.
Al
Teatro Massimo è andata in scena stasera.
Palermo
5 marzo 2016
L'EVENTO CRIMINOSO
Il
quadro del Caravaggio venne rubato a
Palermo dall’Oratorio San Lorenzo nel 1969. Stava lì da 360 anni e cioè da
quando il pittore, fuggito da un carcere maltese - incolpato di avere ammazzato
un uomo - venne a rifugiarsi in Sicilia, a Palermo.
Durante la sua latitanza dipinge...
dipinge, è quello che sa fare.
Magari
è da allora che la latitanza è diventata habitué palermitana.
L'artista
- dicevo - crea la Natività, ci sono la Madonna, il bambinello, San Giuseppe,
che si vede solo di spalle, e poco vicino San Francesco con il suo compagno di
fede, fra’ Leone, poi anche un angelo, il piede che si vede è nudo.
Il
furto avviene tra il 17 e il 18 di ottobre. Data imprecisata.
Sebbene
già allora il quadro fosse stimato all’incirca un miliardo di lire (oggi
varrebbe molto di più) non era custodito da niente e da nessuno.
Il
primo giornalista che si occupa del fattaccio è Mauro De Mauro.
Sparirà
anche lui come il quadro un anno dopo.
Anche
la sparizione habitué palermitana.
Dell'opera
non si parlerà più fino agli anni ottanta; i peggiori anni che Palermo abbia
mai vissuto.
Ne
riparleranno i pentiti di mafia.
Brusca
dice che lo hanno rubato i Corleonesi per barattarlo con un alleggerimento del
41 bis.
Marino Mannoia riferisce che manacce sporche lo arrotolarono
malamente, come fosse un tappeto, rovinando la tela.
Altri che
fu seppellito con i tesori del boss Gerlando Alberti.
Altri ancora
che si trovasse in casa del boss Gaetano Badalamenti.
"Fu
un atto dimostrativo di potere", dicono pure.
Spatuzza
sostiene che la tela fu abbandonata in una stalla in attesa di un piazzamento
sul mercato nero. Lì fu rosicchiata da topi e maiali.
Ecco,
una stalla, la Natività, magari, l'hanno voluta tenere nell'ambiente naturale
che riproduceva.
Il
quadro piaceva tantissimo ad Andreotti, anche questo lo ha detto un pentito (ma
non riesco a ritrovare l'articolo dove ho letto anche il nome del pentito).
Tante
verità, troppe.
E
penso che tutte insieme facciano una sola grande bugia.
Il
furto, iscritto sulla lista dell'FBI, risulta ancora oggi tra i primi dieci
crimini d'arte.
Il
mistero rimane ed è tanto interessante che la Sellerio - che della Sicilia e di
Palermo in particolare cura ogni memoria - pubblica il libro dal titolo Il
Caravaggio rubato - appunto - scritto di Luca Scarlini. Nel libro ne viene
citato un altro, Una storia semplice di Leonardo Sciascia, ispirato proprio al
furto.
Allo
stesso caso viene dedicato ancora un altro libro, scritto questa volta dal
giornalista inglese Peter Wtason, pubblicato nell'84. Narra di un incontro con
Rodolfo Siviero (agente segreto, esperto d'arte e intellettuale italiano, morto
nell'81). Questi pare abbia confidato al giornalista di avere ricevuto la
proposta d'acquisto della Natività. L'incontro con i trafficanti è fissato per
la sera del 23 novembre del 1980, ma il terremoto dell'Irpinia manda a monte
l'operazione.
Oggi
all'Oratorio San Lorenzo in Via Immacolatella 3, a due passi dalla Chiesa San
Francesco, tra gli impareggiabili stucchi del Serpotta, l'opera è tornata a
vivere. Questo grazie ad un progetto di Sky Arte che ha commissionato la
riproduzione del dipinto ad un laboratorio specializzato di Madrid.
L'opera
realizzata - costata 100.000 euro - è stata donata da Sky alla Presidenza della
Repubblica e il Capo di Stato, Sergio Mattarella (eccellenza palermitana anche
questa), l'ha donata a sua volta all'Oratorio San Lorenzo, riportando così il
quadro, sebbene frutto di tecnologia, al suo posto originario intatto nella sua
bellezza.
Ovunque
abbia tenuto, sotterrato o perso il Caravaggio, la mafia non ha dimostrato un
atto di potere ma solo la solita ottusa ignoranza.
Adelaide Jole Pellitteri