Ha tolto le tende martedì 28 marzo, il gruppo minimale
di Antonio Rezza e Ivan Bellavista, poeti dell’assurdo, che hanno riportato al Biondo di Palermo, con
“Frattox”, un tipo di teatro che avevamo conosciuto con il Living e che mi
suggerisce un cambiamento di stile nel teatro, che chiede di ritornare
probabilmente ad essere anticonvenzionale e irrequieto, come i suoi attori e
registi. Irrequieti come bambini affetti da mancata scolarizzazione, con le loro
macchine-giocattolo e quei sproloqui brevi, fitti e raffinati, giochi di stile,
che si tessono sottilmente dentro le orecchie dello spettatore, intanto
catturato anche dal movimento sulla scena, spoglia ed essenziale (la scenografia era di Flavia Mastrella che ho incontrato
all’ingresso e che come ultimo regalo alla città, distribuiva biglietti
gratuiti ai ragazzi che si erano raccolti in fila per entrare).
Sbalorditi e divertiti, gli spettatori hanno creato a loro
volta un sottofondo di risate sottovoce, per l’agilità, il piglio complice e
nello stesso tempo irriverente degli attori sulla scena, che mi suggeriva l’atteggiamento dei bambini
che spesso vogliamo recuperare da un disagio di iperattività, eliminandolo, e
che, però, non ci importa indagare. C’era qualcosa di profondo in quella
balbuzie artefatta, qualcosa di viscerale .
Rezza e Ivan esprimono e non raccontano, denunciano e
sorridono, balbettano e discutono, con frasi brevi e scoppiettanti come petardi
e con due corpi da pupi molli e versatili, saltimbanchi che mi hanno riportato
alle fiere della vecchia Inghilterra, alle piazze oltre il Tamigi, e mi hanno
fatto sentire ancora ragazza.