martedì 3 febbraio 2015

Succede in Nigeria - cose di petrolio

Sono un’occidentale evoluta, vivo in un paese democratico.
Ho casa, famiglia e lavoro.
Vado a votare, ascolto la musica e vesto come mi va.
Il problema più grosso che ho potuto creare nel mio mondo (tutto solidarietà e giustizia) è stata la questione della parabola sul tetto. Una questione condominiale risolta presto, prestissimo, tanti anni fa.
Non è morto nessuno.
Scrivo che è quasi l’ora di cena.
Non so che ore siano in Nigeria.
Quello che so è che per molti, in Nigeria, non ci sarà nessuna cena.
Tutta la regione del Delta del Niger era una terra fertile, prima. L’agricoltura riusciva a soddisfare l’intero fabbisogno, poi il petrolio.
Il territorio piomba nel degrado.
È per questo che per tanti nigeriani non ci sarà nessuna cena.
Non ci sarà per quelle che hanno ammazzato nel 2002, non ci sarà per loro né per quel che resta delle loro famiglie.
Erano donne, solo donne, tutte donne.
Erano stanche di vedere morire i loro mariti, morivano (e muoiono) lavorando ai pozzi.
Era necessario dirlo?
Lo hanno detto con una protesta pacifica.
Le hanno ammazzate.
Era accaduto lo stesso, nel dicembre del ’98, ai ragazzi che avevano avuto il coraggio di firmare “La dichiarazione di Kaiama”.
Chiamando a raccolta tutti i popoli del Delta chiedevano la chiusura degli impianti petroliferi.
Reclamavano la bonifica dei territori, il diritto a vivere sani: dagli elicotteri della Chevron, su di loro, sono piombate le milizie locali. Come in guerra hanno sparato, come in guerra hanno ucciso.
Non una, non dieci, non cento volte.
Non si contano più i tentativi di rivolta della popolazione, solo che sono sempre i soldati quelli che vincono.
I soldati assoldati arrivano a bordo dei motoscafi della Shell o (come già detto) con gli elicotteri della Chevron, perché l’oro nero non si tocca.
Le compagnie devono difendersi, dicono, dalle proteste (sempre pacifiche).
Anche l’Italia lo sa (lo fa). L’Eni ha pagato la sua tangente e ha vinto il suo appalto per lo sfruttamento.
E così (un po’come assoldando un metronotte dalle brutte maniere), le tangenti diventano lo stipendio delle milizie. Sono milizie violente, feroci, quando non uccidono puniscono tranciando gli arti, stuprando le ragazzine.
Conflitti o delitti?


L’oro nero non si tocca! (Appartiene all’Occidente, solo all’Occidente.)
È oro per le compagnie, è solo nero per i nigeriani.
Anche i francesi lo sanno, ancor prima degli americani, desiderosi di sfruttare quei pozzi, nel ‘67 favorirono la secessione armata del Biafra: Un milione di morti in tre anni.
Niente Allah, niente musulmani.
I francesi lo sanno, perché nessuno dimentica.
È colpa dei nigeriani, che c’entriamo noi con quello che fa il loro regime? Sotto dittatura si sta male.
Noi occidentali lo sappiamo e l’abbiamo debellata.
Finalmente, nel ’99 la Nigeria, così martoriata, con Olusegun Obasanjo, raggiunge l’agognata democrazia: 2.000 morti in un solo giorno, la città di Odi rasa al suolo.
Niente Allah. Niente musulmani.
Gli impianti petroliferi restano sempre il problema maggiore, irrisolvibile.
Allora, per distogliere l’attenzione dai pozzi, si mandano in giro i fomentatori. Lo scopo è quello di creare ed accrescere tensioni locali: 3.000 morti a Kano (dovrei controllare l’anno, ma non credo abbia molta importanza).
Sono scontri tra cristiani e musulmani (dicono). Guerra tra poveri e disperati a cui un certo Dio (lo stesso) pare abbia insegnato cose diverse.
Qui c’entra Allah, c’entrano i cristiani, ma soprattutto c’entrano le compagnie petrolifere.
L’oro nero ha devastato la Nigeria e per questo in Nigeria si muore. 
I militari (al soldo delle compagnie petrolifere) mietono vittime, le esplosioni degli oleodotti in pessime condizioni mietono vittime, perfino i tentativi di furto del greggio (destinato al contrabbando) mietono vittime. Le proteste dei giovani, quelle delle donne, quelle pacifiche e quelle che vorrebbero chiamarsi Vera Rivolta, mietono vittime. Perfino l’acqua e la terra, inquinate dagli impianti, mietono vittime.
L’Occidente lo sa e a volte s’indigna, mentre a volte dimentica. Così com’è accaduto con gli ultimi morti (2.000), passati quasi inosservati per colpa del dolore di Parigi.
Si sa, il dolore che ferisce le proprie carni non hai mai confronti. Ma i morti siano cari a tutti.
Nessuno dimentichi nessuno.

La Chevron-Texaco, la Shell, la Total-Fina, l’Agip (per citare solo quelli che tutti conosciamo) hanno i loro impianti estrattivi nella regione del Delta del fiume Niger.
Dal 1994 ad oggi, solo in quella regione, 15.000 morti “circa” (perché i dati non riescono mai ad essere aggiornati).


Ai Nigeriani sono stati sottratti i loro territori, così come sono stati sottratti agli indiani d’America, così come con un “tratto di penna” li ha sottratti la Russia ai Ciukci, in Siberia.
I Ciukci, un popolo la cui aspettativa di vita, oggi, grazie al selvaggio sfruttamento dei loro giacimenti, carbone, gasdotti e, neanche a dirlo, ancora petrolio (per i quali sono stati distrutti ettari ed ettari di foreste e pascoli per le renne, antica economia), non supera la soglia dei quarant'anni. Muoiono per le nuove abitudini, uniche risorse rimaste, prostituzione e alcol.
Anche lì conflitti e delitti.

Rimane da chiedersi:Il martirio subito da tanti popoli in nome dell’economia (e non di Allah) in nome della civilizzazione (e non dell’ebraismo) rientra nelle definizioni di Olocausto e Crimini contro l’umanità?
Forse no, giacché nessun tribunale ha mai preso in carico alcuna di queste questioni.


Adelaide J Pellitteri

Fonti: Sito PeaceReporter
          Sito Dossier  Russia/Siberia

blog: Il lavoro debilita.