lunedì 27 aprile 2015

Letti per tutti: La legge d'instabilità


Sandro Camilleri, LA LEGGE D’INSTABILITÀ

pagine 231, brossura antisismica, 
Stordito editore, 2015.





L’ultima fatica di Sandro Camilleri (scrittore cugino di Andrea, ma non per questo degno di attenzione, n.d.a.) in cui l’autore costruisce una trama esile sorretta da una struttura leggera che poggia sul terreno incoerente franoso e contraddittorio della narrativa poliziesca d’evasione, con particolare cura per l’aspetto gastronomico.

Quando la sveglia ha svegliato l’ispettore Montalcino a pagina cinquantadue, si sono lette già pagine su pagine di scivoloni, macchie di sugo, schizzi d’olio e di sangue, più un pericoloso cuoco cannibale asserragliato nella cucina del ristorante italo-indiano Beemboo Grasshawtchioo, ma nessuno ha avvertito l’ispettore.

Camilleri (Sandro, il cugino) imbocca la porta del ristorante e si trova a scansare i cocci di un vassoio appena distrutto dal cameriere indo-italiano maldestro (Sai-Mario, si chiama il cameriere), poi dribbla un paio di sedie fuori posto e inciampa sul cadavere dell’ultima vittima, una escort fiorentina, con patate al forno.


Appare subito evidente, anche agli occhi del lettore meno attento, che l’autore (Camilleri, però Sandro) si è imbucato al ristorante al posto dell’ispettore. Il loro sodalizio professionale, duraturo e ricco di soddisfazioni, ultimamente accusa dei segni d’instabilità. Tremano i fans e cercano di accaparrarsi quante più copie autografate, tremano i librai che vedono diminuire le prospettive di guadagno legato a un prevedibile imminente calo delle vendite. Tremano i tipografi per il fermo-macchina obbligato a causa della tiratura ridotta voluta dall’editore (Carlo Stordito, reduce da una famiglia di tipografi/editori, amante irriducibile del finocchietto selvatico e dei portachiavi a forma di bara, ma non siamo qui per questo). Trema l’editore Stordito che pregusta l’amaro di un mancato ricavo dovuto alla mancata distribuzione per la mancata stampa di un libro mancato. Tutti tremano, le vibrazioni si avvertono in modo netto, i clienti del ristorante si appoggiano l’uno contro l’altro, tentano di mantenersi saldi alla sedia, il pavimento oscilla, entra in risonanza, inizia a cedere in più punti, qualcuno perde l’equilibrio, anche il cameriere indo-italiano (Sai-Mario) cerca un baricentro impossibile stringendo a due mani il vassoio, ma è tutto inutile, non ce la fa.


Camilleri (Sandro) al tavolo ha mangiato tutti i grissini, gioca con il tovagliolo, aspetta di fare l’ordinazione. Vengono giù dalle mensole i candelabri di peltro le bottiglie di vino d’annata, lui sembra l’unico a non preoccuparsene, anzi fa il figo e ordina un soufflé allo zenzero - tsentseropheeneetaw, dice Sai-Mario in indo-italiano - quindi ripiega sul piatto del giorno, una succulenta fiorentina con patate al forno. Il cameriere prende l’appunto, il cuoco in cucina se la ride. Fuori dal libro e dal ristorante ritroviamo Montalcino, che ha battuto il ginocchio contro il paraurti di una macchina parcheggiata, smoccola per un paio di pagine, poi torna a casa zoppicando.


Anche questa volta Sandro Camilleri (per l’appunto) ci lascia sazi ma perplessi, con una storia che fa riflettere sull’instabilità della psiche umana, e sui meccanismi delicati e misteriosi che regolano la sensazione di fame e la lucidità mentale. Tremiamo anche noi, in attesa della sua prossima fatica.



Raimondo Quagliana per AAS Magazine