lunedì 13 giugno 2016

Terrore e omofobia a Orlando. A che serve ora la solidarietà degli sciacalli necrofagi?

Torni a casa felice, vorresti condividere con gli amici le bellissime emozioni delle giornate di cultura a "Una Marina di libri", il piacere e l’amore per la cultura in ogni sua forma ed espressione, il bisogno di libertà. Ma basta un attimo soltanto affinché il sangue ti si raggeli nelle vene, affinché il respiro si sospenda, mentre un pugno ti colpisce allo stomaco e gli occhi si gonfiano di lacrime.
All’inizio non capisci quell’hashtag su Twitter: #Orlando. Pensi all’ennesima bega di politica interna, forse a un’uscita del sindaco di Palermo, a una dichiarazione del ministro della giustizia. Invece no. Cominci a leggere i giornali, guardi i reportage giornalistici e ti rendi conto di una cruda realtà: si è appena consumata una delle stragi più violente del nostro tempo.
Un 29enne americano di origini afgane entra armato fino ai denti in un locale frequentato prevalentemente da persone appartenenti alla comunità LGBT, spara all’impazzata, uccide 50 persone e ne ferisce altrettante. E i quotidiani riportano gli ultimi SMS di un giovane alla madre prima che il terrorista metta fine ai suoi sogni, alla sua esistenza. Vedi la gente che si accalca per chiedere informazioni circa i familiari e gli amici, senti le urla di disperazione, osservi attonito la gente inerme e ferita. Dopo qualche ora, l’Isis rivendica l’attentato, alla matrice omofobica si unisce anche quella del radicalismo religioso. 

Puntuali arrivano gli sciacalli del web, che fino a ieri inneggiavano alla rivoluzione contro la comunità LGBT, che invitavano a imbracciare i fucili per contrastare l’approvazione di leggi a favore delle persone omosessuali. Queste stesse persone esprimono adesso una solidarietà pelosa e interessata, falsa, ipocrita, volta a ottenere solo qualche click in più, perché per loro la dignità umana si misura in “mi piace” e retweet e magari pure qualche voto alle elezioni, giusto per raggiungere un misero 0,6%, facendo leva su paure create ad hoc.
Io ho paura dei terroristi islamici e dei terroristi in genere. Ma ho anche timore di coloro che fanno sciacallaggio su una tragedia simile. Farebbero stuprare le loro madri per un minuto di vanità social.
Perfino il Papa si scomoda, condanna l’attentato, l’uso delle armi, manifesta il proprio cordoglio, dimenticandosi però di citare l’identità LGBT di quelle persone, sottolineando, invece, la “normalità” della vita di quelle persone. E non puoi fare a meno di ricordare subito la battuta che Ozpetek fa dire al personaggio della nonna nel film “Mine vaganti”: «Normalità, che brutta parola!».
Se ignorate l'identità LGBT delle vittime della strage di Orlando, li uccidete due volte, li massacrate di nuovo, li sacrificate nuovamente sull’altare dell’omofobia più abietta.

Ma non è finita. Scorrendo i social trovi altre vili e meschine strumentalizzazioni di politici e di simpatizzanti di certi partiti, che proclamano una guerra santa all’Islam, ciarlano di “nazionalità musulmana” e di altri concetti aberranti che esistono solo nella loro mente insana, nelle realtà distorta che si sono costruiti nella loro testa. Le loro elucubrazioni mentali puzzano di necrofagia, sulla pelle di quei cadaveri che sono ancora caldi loro giocano una partita politica, pensano a ottenere qualche voto in più creando l’ennesimo nemico da combattere. 
La strage immane prima e gli sciacalli dopo non ti lasciano indifferente. Così le emozioni turbinano dentro. La commozione si unisce alla rabbia, all’umiliazione si accompagna la disperazione. Piangi, ti domandi perché. Ma, dopo lo smarrimento iniziale, bisogna calibrare le parole, misurare le emozioni.
Non dobbiamo permettere a qualsiasi forma di terrorismo di paralizzare la voglia di esistere, di affermare in ogni luogo e in ogni modo ciò che si è, il desiderio di essere liberi in mezzo a persone libere e felici di vivere come meglio credono. 
Non è vero che non ci sia una matrice omofobica di stampo religioso, non è stato un obbiettivo casuale il Pulse. Scientemente è stata colpita la comunità LGBT, chi lo nega è intellettualmente disonesto. 
Ma le parole, la solidarietà di certi personaggi infami, le frasi di circostanza non ci servono. Occorre agire, abbiamo bisogno di fatti. 
Adinolfi e i suoi sodali smettano di istigare all'odio omofobico e di genere, se vogliono fare un favore ai loro figli e alla società tutta, se davvero vogliono essere solidali alle persone LGBT, smettano questa abominevole e continua campagna di denigrazione, di omofobia. I crimini d’odio sono una delle violenze più aberranti, dovrebbero capirlo una volta per tutte. 
Come ha ricordato lo storico attivista LGBT Vanni Piccolo ieri a Roma, nel presidio per commemorare i morti della strage di Orlando, questa è una questione sociale che riguarda tutte le persone a prescindere, senza distinzioni di genere, orientamento sessuale, religione, etnia, cultura, etc. In Italia forse non c’è la cultura delle armi facili, ma i terroristi che armano i violenti omofobi li abbiamo anche qui. Professano forse una religione diversa, ma sono ugualmente pericolosi.
Al terrorismo e all'‪‬‬omofobia non possiamo rispondere con l'odio.
Non dobbiamo.

Tutta la comunità LGBT è ferita, ma restiamo umani!
A chi vuole terrorizzarci, a chi pretende di annullare i diritti umani, a chi ci vorrebbe normalizzati o peggio sottomessi rispondiamo uniti, lottando affinché tutti siano liberi di essere ciò che si sentono e/o vogliono essere. 
Per questo occorre partecipare alle manifestazioni specialmente in questo mese dedicato alle ricorrenze del Pride, perché laddove viene umiliata la dignità di una persona si vilipende l’umanità intera.
Le lacrime di oggi non devono appannare i nostri occhi, perché bisogna vedere chiaro per lottare e guardare al futuro di eguaglianza e libertà per tutti.

Salvatore Castrianni (@idrossido)