domenica 25 ottobre 2015

Gianmarco libero, manifestazione a Palermo


Fumogeni rossi e giochi d’artificio per Gianmarco. Mille le persone che hanno manifestato ieri pomeriggio affichè lo studente universitario venga liberato. Il corteo è partito da Piazza Bologni per poi terminare al cavalcavia che affaccia sul carcere Pagliarelli. Appena arrivati, il buio si è fatto avanti, i clacson suonano senza tregua: Viale Regione è paralizzata. Da cosa? Da giovani, meno giovani, belli, meno belli, alti, meno alti. Passo dopo passo, marciapiede dopo marciapiede, il fiato s’è fatto corto. Nessuno ha abbandonato il corteo, nessuno. Non si avvertivano lamenti per la stanchezza né per la sete. Dritti, spediti, forse logorati per la soppressione silenziosa di un libero pensiero. Alcuni, per dire che c’erano, hanno sbattuto con forza mattoni e mani sulle ringhiere di ferro. La voce adesso è terminata, i ragazzi, a decine, litigano con il guard rail perché non possono prendersela con nessun altro. La polizia, in lontananza, sta buona e aspetta che il corteo termini nel più breve tempo possibile (oggi hanno camminato veramente tanto). Alcuni ometti in giacca e cravatta afferrano la ricetrasmittente e gesticolano. La polizia, per questa volta, rimane in lontananza. Nell’ombra, è chiaro.
Gianmarco è mio amico. La lotta di ieri è stata la dimostrazione che l’umanità ci unisce. Ogni giorno, quando apro gli occhi, giro la testa e osservo i libri, i vestiti sparpagliati per la poca volontà di ordinare il disordine. Aspetto quindici secondi prima di mettere un piede fuori dal letto, poi raggiungo la posizione eretta. Afferro un mottino dallo stipo, lo scarto e lo ficco in bocca. Spio dalla finestra, il cane sta bene. Ogni giorno, quando apro gli occhi, penso che un mio coetaneo non può assaporare ciò che io assaporo. Si volta e vede una parete bianca, si alza e vede un’altra parete bianca. Aspetta quindici secondi prima di mettere un piede fuori dal materasso, poi raggiunge la posizione eretta. Non ci sono cani né finestre. Solo le sbarre, che prima o poi, si sa, si scioglieranno.
Emanuele Scaduto