mercoledì 28 gennaio 2015

Nino Gennaro

cacare né mollo né duro è tutto
caco con le mani giunte
se sapessimo
quanto bene
                    c’è
in atti che comunemente
mangio al sole
leggo al sole                                  il sole è il mio
predico al sole                               ultimo marito
mi piace sentirmi bruciare dal sole
                                                       adoro il sole
se penso che l’adriatico sta morendo
e
chissà com’è la soia che sto mangiando
come posso essere così felice e innamorata?
chi è
felice                              mangio con appetito selvaggio
è pazzo
bevo
con
soddisfazione                  il mio amore
acqua di                         senza appartenenza
fogna                              plurirepertorio
abito in una
discarica pubblica
senza esagerazione
da 20 giorni
non passano gli spazzini
la strada fete
la casa fete
tutto fete
la scala fete
la stanza fete
non voglio essere
né semplice né complicato
né triste né divertente
né saggio né cretino
sono
alla fine del pianeta


                                              Nino Gennaro


Nino Gennaro (in arte "Fufo"), autore, poeta, saggista, drammaturgo, fratello e compagno di una generazione quella degli ani '70 e '80, alle prese con problemi di identità, fu un testimone del suo tempo, animale politico di strada, rivoluzionario meridionale, “un autoironico Socrate solitario”, indiano metropolitano, cacciato dal proprio paese di origine (Corleone), per le sue idee stravaganti e estroverse, inconciliabili con la cultura pseudo-mafiosa degli anni '70 e '80. Nemo profeta in patria, ma non so fino a che punto…
Nino Gennaro, nasce a Corleone nel 1948, l'impegno culturale e politico, la sua lotta contro tutte le mafie, il suo essere in prima linea per l'affermazione dei diritti degli omosessuali, il suo rifiuto a vetrine e convenzioni ponendosi intenzionalmente ai margini dell'ufficialità, lo fa divenire una figura dirompente nella scena corleonese. Agli inizi degli anni settanta Nino col suo fermento creativo è il fondatore del primo circolo Arci a Corleone, poco dopo in vista delle imminenti elezioni fonda un circolo fgsi dei giovani socialisti; nonostante la sua personalità e i suoi modi di fare siano piuttosto estremi per una cultura retrograda, riesce a coinvolgere una ventina di giovani, tra cui alcune donne, cosa molto rara per quei tempi, ma vista la brutta fama che si era fatta all'interno delle “pure e caste” istituzioni locali (è un circolo di drogati… si pratica l'amore libero… tendono a diseducare l'insegnamento genitoriale…) il PSI decide di non finanziare più il circolo. Dopo poco tempo è tra i fondatori del Circolo Popolare “Placido Rizzotto” coinvolgendo sempre di più i giovani anche di paesi limitrofi, era una meta di studenti, disoccupati, curiosi, i quali grazie a fogli informativi, e con la pratica della formazione-informazione tramite letture di vario genere, venivano stimolati al cambiamento socio-politico-culturale. Essi parteciparono anche a degli scioperi di braccianti agricoli, condividendo in pieno le loro posizioni. L'8 marzo del 1975 organizza in collaborazione con l'ARCI la prima Festa della Donna Corleonese e con essa il vento di un desiderio di libertà e di cambiamento che nel resto d'Italia e del mondo già spirava da un buon decennio. Si procedette con manifesti scritti a mano e volantini con articoli di denuncia sulla condizione femminile, ma andò male, perché le donne partecipanti, sono state accolte da severe punizioni da parte delle famiglie, le riviste e i volantini in cenere. Una delle teorie di Nino era quella che non esisteva un solo modo di pensare, ma tanti; nessuno poteva ritenersi idoneo ad avere il monopolio del pensiero. Una donna molto importante nella vita di Nino è stata Maria Di Carlo, “compagna di una vita” venuta alla ribalta dei media per aver denunziato il padre padrone (onorevolissimo dottore di stampo prettamente democristiano) accusato di picchiarla regolarmente e averla segregata in casa per impedirle di frequentare le cattive compagnie del Gennaro. La giustizia diede ragione a Maria, e dopo poco tempo, al compimento della maggiore età seguì Nino nell'esperienza palermitana. Nino invitava i suoi conterranei a ribellarsi al “Tardo mafioso impero”, dichiarando che Corleone non era una repubblica indipendente e i corleonesi non erano tutti gregari del boss Luciano Liggio. Il suo messaggio ha ancora un'attualità straordinaria: c'era e c'è un'altra Sicilia che non va sotto i riflettori dei media, che fa fatica a campare ma che è una grande risorsa di idee, creatività ed umanità, ed è un'arma fondamentale per battere il sopruso criminale e la rassegnazione. Emarginato dalla perbenista e mafiosa popolazione corleonese, Nino decide di trasferirsi a Palermo con una valigia piena di sogni e realtà in contrasto tra loro, con la coscienza che la storia della mafia è grande almeno quanto quella dell'antimafia, anche se trasparente all'occhio comune, e che il piacere e il dolore della conoscenza dovevano pervadere i corpi e le anime dei pensanti. A Palermo inizialmente fu ospitato da compagni di città, subito dopo fu raggiunto da Maria già maggiorenne e da lì nasce un rapporto di platonico amore (vista l'omosessualità di Nino) che è durato per 18 anni fino alla morte dello stesso. Delle tante esperienze palermitane si ricordano la fondazione assieme ad altri compagni del Centro Sociale San Saverio, la costituzione del CO.CI.PA. Comitato Cittadino Informazione e Partecipazione, e del Comitato per la Casa dell'ormai celebre slogan creativo: “La casa è come il pane”, cioè buona come il pane, dolce come il pane, necessaria come il pane, che fu scritta a mano con pennarello rosso tante volte sui muri, sulle magliette, ovunque, ricavandone l'attenzione di stampa e televisione. Per il costante lavoro profuso per gli altri e per dimostrare che un altro mondo è possibile, venne chiamato più volte “formica sociale” anche per il costante pendolarismo tra Corleone, Palermo e provincia dove ha portato solidarietà, sostegno e idee al giornale “Citta Nuove Corleone” vittima di un attentato doloso, e molte innovazioni al Centro Impastato di Cinisi. Importanti per la vita del “poeta artigiano” è stato il rapporto con il teatro: ha creato assieme alla sorella Giusi e a Maria Di Carlo il “Teatro Madre”, un teatro di autori-attori-interpreti di se stessi, storie di vita quotidiana, dei rapporti genitori figli, una specie di teatro clandestino senza fissa dimora, fatto di corpi, voci, luci soffuse di candele, che andava di casa in casa, dove capitava, interpretato da gente comune, operai, studenti, disoccupati. Grazie al teatro, si conobbe con molti personaggi dello spettacolo più o meno affermati: Silvio Benedetto, Michele Perriera e l'attore-regista Massimo Verdastro, con il quale iniziò una grande amicizia, fu infatti grazie a Verdastro che molte opere del Gennaro furono pubblicate, tra cui Una Divina Palermo (una raccolta di schegge, pensieri, mixati assieme), La Via del Sexo e Rosso Liberty, e fu sempre il regista a ricordarlo a 10 anni dalla sua scomparsa organizzando lo spettacolo omaggio a Nino O si è felici o si è complici. Alla fine degli anni '80 Nino si ammala di Aids, ma nonostante tutto, scrive a mano circa 2000 libretti che chiamerà “Gioiattiva”, che regalava individualmente a chi il destino metteva nel suo percorso; la stessa malattia lo condurrà poi alla morte nel 1995. Eclettico per eccellenza, poteva occuparsi di politica, di poesia, di religione, di letteratura, senza comportamenti stagni, possiamo senza dubbio considerarlo un testimone del suo tempo, libero senza “padrini”, che forse non ha avuto il pregio di morire ammazzato, perchè sennò ci avrebbero fatto sopra un film.
Semplicemente… Grazie Nino, personaggio positivo del '900 corleonese !!!


(da Dialogos - Corleone)