(Onofrio Mineo, un artista siciliano, schivo e solitario, ossessionato dai
suoi fantasmi, ancora non esposto né conosciuto)
Anche la domenica la mia sveglia interiore, quella dello
stomaco per intenderci, non sente ragioni. Prima ancora di sentire il little big
bang sul comodino, il mio orecchio
anticipa il suono ed eccomi alzata anche quando non devo andare a scuola. Così
giovane sono. Vado a scuola ogni mattina. La bidella faccio, mi piace farmi
chiamare così dai picciriddi, collaboratrice, per loro è troppo lungo,
rischiano di fare pipì prima di aver concluso la chiamata, cioè la parola.
C O L L A B O R A T R I C E E E E…
14 lettere.
Meglio la metà, si
risparmiano tempo e pulizie. I bagni si possono aprire ad una certa ora, ma
loro, si sa, non conoscono orari. Ce n’è uno che mi fa tanta pena, educato, ben
vestito, ma disabile assai. Tu parli, tu gli racconti l’ultimo goal di Totti e
lui sorride, per capire, capisce ma per vedere… Niente, cieco è dall’età di
cinque anni. Quindi il mondo se lo ricorda, i colori pure, le forme vagamente,
i quadri, tutti. Gli piacevano da morire. Suo padre dipingeva, gli faceva i
ritratti, gli schizzi, gli acquarelli di tutto quello che desiderava rimanesse
su tela.
Pure le corse dei cavalli. A Bagheria si facevano, dalla Punta Vugghia brocchi, scecchi, mezziscecchi, puledri, purosangue annacquato salivano anche senza fantino per arrivare sutta u ruoggiu du palazzu (Butera, palazzo delle suore, oggi sede ufficiale del sindaco grillino) e pigghiarisi a coppa.
Pure le corse dei cavalli. A Bagheria si facevano, dalla Punta Vugghia brocchi, scecchi, mezziscecchi, puledri, purosangue annacquato salivano anche senza fantino per arrivare sutta u ruoggiu du palazzu (Butera, palazzo delle suore, oggi sede ufficiale del sindaco grillino) e pigghiarisi a coppa.
Suo padre ce lo portava fino a quando si continuarono ad
effettuare, anche senza permesso, e lui poteva assistere. Poi B O O M ! Un
botto e tutto andò in fumo, le balle di fieno, le redini, il cavallo arrivato
primo, gli occhi di Peppino. Ma il suo quadro della festa , no.
Trenta per cinquanta, sei palloncini in primo piano coi
colori e le forme che non si vedono più, teste incrociate, l’una accanto
all’altra per gustarsi lo spettacolo dei due fantini che arrivati insieme,
ammazzano di frustate i poveri cavalli, uno baio, l’altro sauro che arrancano
davanti la bancarella di calia e simienza. Le transenne dividono i gruppi di
persone e di classi sociali, assittati gente rispettata assai, mafiosi e
parrini, tutti gli altri in piedi e ammassati. Questi sembrano più contenti e
priati, lo spettacolo è fatto solo per loro e i loro figli. Peppino è proprio
il primo, davanti con il suo palloncino a spicchi colorati,allacciato al polso
per non farlo scappare,felice e soddisfatto del suo primo regalo della festa
appena cominciata. Il festino non è quello di Santa Rosolia, ma pure bello è.
Dura tre giorni, c’è la banda cittadina, arrivano cantanti della televisione e
le donne in minigonna con le mutandine nere,le calze ricamate e il reggiseno a
barchetta. Peppino, questo se lo ricorda ancora.
Maria Letizia Mineo