Che ridere con Giuliano.
Uscivamo la sera, al buio, tra le vie di Palermo oppure a Catania, a Messina. In Sicilia è una tradizione. Con un bastone. E appena scorgevamo una donna sola, le davamo una botta alla gambe.
E quella cadeva per terra.
Giuliano si ammazzava dalle risate e me lo diceva forte, dai un altro colpo, rompile i denti, scassale il naso.
Io ero contento di farlo felice, in fondo lui veniva a trovarmi per questo. Sapeva che in Sicilia noi picchiavamo le donne, che noi siamo più bravi di tutti gli altri. Al Nord non sono capaci di scannarle bene, al più qualche graffio, qualche insulto. Lì Giuliano non si diverte.
Noi no, ce le pestiamo sotto i piedi, diamo calci ai fianchi, allo stomaco, ci fermiamo solo quando cominciano a sputare sangue.
Giuliano me lo diceva sempre, dai, falle uscire il sangue dalla bocca.
E io tiravo più forte.
Poi si è dato alla politica e in Sicilia Giuliano non c'è venuto più, solo di tanto in tanto. Però, quelle poche volte che si è trovato a Palermo, mi ha telefonato, dai, organizziamo una passeggiata notturna?
E allora ricominciavamo.
Una volta mi ha portato in Pakistan, pure lì fanno in questo modo.
E' stato un gran bel viaggio. Ma in Sicilia siamo più bravi, così mi ha detto una sera mentre finivo una signora che manco aveva cinquant'anni. Che a questa avevo rifatto i connotati.
Ma sempre per lui ho picchiato, a me non me ne fregava molto, una picchiata ogni tanto sarebbe bastata.
(per leggere le dichiarazioni di Amato qui )
Giorgio D'Amato