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giovedì 23 febbraio 2017

Recensione del libro Chissà come dicono minchia in Malesia di Gualtiero Sanfilippo Ediz. Polindromo


Non occorreva certo il libro di Gualtiero Sanfilippo per portare la parola Minchia alla ribalta, lo era già da tempo, grazie a Camilleri e al suo Montalbano.
A dire il vero a renderla famosa, già molto tempo prima, era stato il film Il padrino. Sebbene pronunciata una sola volta in tutta la pellicola, tanto bastò a renderla di conoscenza planetaria.
Il titolo del libro di Gualtiero è: Chissà come dicono minchia in Malesia. E ci si domanda: ma perché questo titolo? È una questione fondamentale sapere come lo dicono in Malesia? 
Beh, se è vero che un libro deve fare pensare ecco che oggi rifletto proprio sulla parola Minchia.
Infranta la barriera che la vedeva in uso solo tra il popolaccio di sesso maschile nato e cresciuto nella Sicilia biedda, oggi è diventata quasi un vezzo; superato lo Stretto ha raggiunto comodamente le Alpi e superate anche queste.
Di per sé va oltre ogni e qualsiasi superlativo assoluto. Infatti posso affermare, senza correre il pericolo di essere smentita, che essa è un passepartout per ogni occasione. Può spaziare agevolmente dai complimenti per un compleanno - magari con molte candeline (minchia novant'anni?) - al rammarico per una morte prematura (minchia muriu!). 
E adesso torniamo al libro di Gualtiero partendo proprio dal titolo, vero spunto per questa mia personale riflessione. 
Mi viene da pensare che l’autore, esprimendo questa curiosità, abbia voluto farci arrivare un messaggio sublimale. 
In questo romanzo, infatti, la parola Minchia mi sembra un ponte con il quale lo stesso Gualtiero  - il libro è autobiografico - arriva all'altro capo del mondo, in Malesia per l'appunto. È un ponte tirato su senza cemento e senza ferro, ma solido - come dovrebbero essere tutti i ponti del mondo - e sotto il quale si mescolano più fiumi; quello della giovinezza, ad esempio - capace di non temere ogni sconosciuto - quello della bellezza - come certi paesaggi esotici che l'autore descrive - quello dell'amicizia - con i tanti i ragazzi che incontra - della ricchezza interiore - perché il volontariato è questo che in fondo regala. 
E così alla fine, non hai dubbi, comprendi: se non sai come si dice Minchia in Malesia in realtà non sai un vera Minchia di niente. 

Adelaide J. Pellitteri


martedì 26 maggio 2015

“L’ultimo lento e poi andiamo via”, destinazione: la vita!

Romanzo primo di Gianni ZichichiL’ultimo lento e poi andiamo via”, edito da Wordmage Edizioni per il sociale, è un viaggio alla volta dei mitici anni ’80, dal sapore nostalgico anche se vivo più che mai, un viaggio alla portata di tutti, sia di chi questi anni li ha vissuti da adolescente, sia per chi era già più “adulto”, sia per chi non era ancora nato, e riesce a comprenderli e ad assaporarli.
Un viaggio che inizia con una prefazione scritta da un personaggio noto ed amato a Palermo, e non solo, il mitico Valentino Picone, che questi anni li ha vissuti insieme all’autore, essendo compagni di scuola, e che ci parla di “risate pulite” e di un racconto che ognuno, a modo suo, riesce a far proprio.