Arrivo a Villa Bonanno mentre il coro dei bambini intona La vita è bella; ho appena superato le Case Romane i cui pavimenti a mosaico fanno bella mostra di sé tra le palme a pochi metri dalla fossa granaio del '500. Raggiungo il sagrato della Cattedrale dove si esibisce il coro. Le voci mi arrivano argentine e… sì… è proprio vero, la vita è bella. Lo è perché basta una manifestazione cittadina per creare aggregazione e scoprire tante cose che sebbene tu (cioè io) sia nata e cresciuta in questa città e dichiari quotidianamente di amarla con i suoi pregi (tanti) e i suoi difetti (altrettanti) scopri di non saperne abbastanza.
Ascolto il pezzo, lo registro con il cellulare e lo condivido subito con chi, per pigrizia, non ha voluto seguirmi.
L’evento di cui parlo e La via dei librai, organizzato in occasione della giornata del libro e del diritto d’autore, fortemente voluta da varie associazioni come Wish, Cassaro alto, Albergheria e Ars Nova, e alla quale hanno aderito piccole Case editrici indipendenti, appassionati di scrittura e creatori di blog letterari, scesi in campo per provare a raggiungere chi ha smesso di leggere e quindi anche di sognare, sperare, capire e soprattutto creare. Creare alternative, cimentarsi nel nuovo facendo leva sul fatto che il mondo può andare avanti solo così.
Mi addentro tra le bancarelle mentre cerco gli amici di Apertura a Strappo, il blog del quale anch’io faccio parte e che, inseguendo l’ideale cui ho appena accennato, crea, crea e crea.
Crea ogni giorno piccoli racconti che diffonde per via telematica narrando di tutto, provando ad informare la gente di ciò che le accade intorno, magari con scritti ironici, allusivi o decisamente provocatori.
Sono all’altezza di Via Protonotaro e un ragazzo dal portamento elegante mi porge una locandina dicendomi che alle 11,00 sarà possibile visitare Palazzo Conte Federico. La notizia mi sorprende, quello che so a malapena di questo Palazzo è che esiste. Punto.
Sono sola e questo genere di visite, per mia abitudine, le faccio con amici, ma… penso… quando mi ricapita?
La vita è bella anche per questo, perché se non cammini non saprai mai chi incontrerai sulla tua strada.
Ma quando mi ricapita? me lo sono già ripetuto tre volte e allora vuol dire che, se me lo perdo adesso, magari, non ci sarà più l’occasione; perché è così, lo so, sarà più facile progettare di rivedere il Louvre oppure il Bardo di Tunisi che non questo “mio” palazzo cittadino del quale non so praticamente nulla.
Ok, ormai ho deciso, opto per il palazzo. Mi addentro per il vicolo indicatomi, ma non lo trovo, chiedo informazioni ma nessuno lo conosce e questo perché nello strettissimo vicolo e da una facciata del tutto anonima non si può immaginare che quello sia ciò che È: Palazzo Conte Federico.
Aspetto una decina di minuti che si componga il gruppo visitatori e scopro che a farci da guida sarà il ragazzo che mi ha dato la locandina nonché il giovane conte Federico. Waooo!
La sua famiglia discende da Federico d’Antiochia figlio illegittimo di Federico II e si occupa personalmente di accompagnare i visitatori. Ad accoglierci all’ingresso troviamo, infatti, anche la giovane madre; una signora bionda, esile con un sorriso accogliente capace di mette subito a proprio agio e che si occuperà dei turisti di lingua straniera.
Il Palazzo è un autentico scrigno, contiene i mille tesori della Palermo Felice. Affonda le sue origini nelle mura che cinsero la città quando ancora era abbracciata dai fiumi Kemonia e Papireto. La sua estensione va da una torre normanna del XII sec. alle sale con i tetti a cassettone risalenti al ‘400 fino ai saloni settecenteschi con i soffitti riccamente dipinti dal Serenari e il D’Anna.
Stanze che ospitarono Garibaldi, le “motivazioni” massoniche, i balli gattopardeschi, ma anche Giuseppe Verdi e Wagner. Inoltre, sulle pareti spiccano foto che ricordano la mitica Targa Florio che il nonno della nostra guida organizzava con l'amico e ideatore, Vincenzo Florio.
Sono in bella mostra anche tante medaglie e sui mobili, in fila, decine di coppe, e poi i quadri che raffigurano le otto generazioni che si sono succedute nella residenza e foto di vita più recente come quella con Emanuele Filiberto di Savoia. Non mancano le collezioni di armi, le armature e le ceramiche e i ritratti di chi partecipò ai Vespri Siciliani e poi gli stemmi dei casati che, nella Sicilia antica, hanno combattuto guerre e sancito matrimoni... Impossibile stilare una lista, ai più sembrerebbe solo l’inventario di un museo in allestimento.
Eppure oltre tutto questo, ciò che mi ha davvero stupito è che i nobili Federico mostrino al visitatore un modo di vivere all’insegna di conquiste.
Il palazzo è ricco di trofei che indicano come la vera conquista risieda nel modo in cui si decide di vivere. Importante è sapersi misurare con se stessi, con il proprio talento.
Sì, è questo che mi hanno suggerito i premi per le vittorie nelle gare d’auto (del conte Alessandro) o di nuoto (della moglie, grande sportiva nonché cantante lirica) ed è per la somma di tutto quanto che Palazzo Conte Federico, in definitiva, non è solo una casa museo, non è semplicemente un palazzo nobiliare, non è neppure un mausoleo dove sia stata sigillata un’epoca, è al contrario un lungo viaggio nella storia, la loro, ma sorprendentemente anche la nostra.
Uscendo scatto un ultima foto a una Ferrari degli anni 60, è proprietà del Conte Alessandro ed è posteggiata nell’androne che progettò il Marvuglia.
Adelaide Jole Pellitteri