venerdì 23 dicembre 2016

Il presepe, u ricuttaru e l’umanità ricuttara

C’è anche uno spaccato della società civile (o incivile, dipende dai punti di vista e dall’umore del momento) nelle svariate ricostruzioni dei presepi, viventi e non viventi. Per la santa verità, c’è anche di più. Ogni figura è ben rappresentata, sia antica sia moderna. E così sia. 
Nelle rappresentazioni, storiche e di fantasia, non può mancare u ricuttaru, da pronunciare in stretto siciliano in segno di onorevole rispetto della sacra tradizione.
Proprio così. Anche il presepe contempla questa mitica figura che affonda nella memoria millenaria della tradizione secolare (millennaria? secolare? Boh!).
La Sicilia fa la sua dignitosa parte nella storia presepistica (o presepestica o prosopopestica… Boh! Chiediamo aiuto all’Accademia della Crusca) del Paese, senza alcuna fastidiosa prosopopea, ma con arte vera e con i suoi straordinari interpreti che plasmano i personaggi con la creta o li interpretano in carne ed ossa (attenzione ai cani affamati) su un palcoscenico reale (vedi i presepi viventi come quello dei miei amici di Sutera che mangiano, bevono e lavorano preparando per altri da mangiare e da bere per ore ed ore al freddo e al gelo).
Tanti i personaggi che non possono mancare: il pecoraio soprattutto. Un presepe senza pecorai che presepe è? Non ho mai visto un presepe (o presepio) senza pecore né senza un loro padrone. E se ci sono le pecore non possono mancare pure i cani, e di mannara per giunta, che controllano il gregge dall’ovile al pascolo e viceversa (il viceversa è fondamentale anche nell’immobilità del presepe o presepio).
In tutti i presepi ci sono le pecore e se ci sono le pecore ci sono anche le masserie dove le pecore si mungono e dove il latte si lavora o per lasciarlo latte o per trasformarlo e farne formaggio o ricotta o… boh!
E qui entrano in gioco altri personaggi che arricchiscono la tradizione del presepe o presepio. Chi prepara la ricotta? Chi vende la ricotta? Chi trasporta la ricotta? Chi desidera la ricotta? Chi mangia la ricotta? Chi parla di ricotta? Non certo i Re Magi così intenti a non perdere di vista la stella cometa e a non perdere per strada l’oro, l’incenso e la mirra. Non certo il birraio che porta la birra. Non certo il vinaio che porta la vina. Non certo il salsaio che porta la salsa. E non certo lo sbirro che porta la sbirra alla ricerca di chi in taluni fantasiosi presepi (plurale unico che vale per presepio e per presepe) mette elicotteri, fenicotteri e Maradona che non c’entrano nulla con la tradizione. Si assume una grande responsabilità chi si azzarda a inserire nei presepi personaggi di nuova generazione. Attenzione: il social manager non esisteva due millenni fa, così come non esistevano altri mestieri come l’ottimizzatore di siti internet, come il web influencer ecc. (ma con quali sembianze eventualmente modellarli nella creta?).
U ricuttaru invece c’era e nella sua duplice veste. Anzi triplice. C’era il preparatore e venditore di ricotta e c’era anche u ricuttaru nel suo senso lato, inequivocabile, che cogliamo quando indichiamo un soggetto dicendogli: “Sei tutto ricuttaro”.
U ricuttaru – mi sono informato con stretti familiari originari di un paese del siculo entroterra – designa anche chi si vanta assai assai di essere un conquistatore di donne (nel caso di donne che millantano di essere mangiatrici di uomini si dovrebbe parlare, Crusca insegnando, di ricuttara). 

Con questa definizione definiamo pure – ed è un’aulica sfumatura metaforica – quelle persone a cui piace essere omaggiate, di doni verbali e di doni materiali. C’è anche il caso, non raro, di un ricuttaru tuttu ricuttaru, un preparatore di ricotta a cui piace ricevere pure i regali, anche in ricotta.
Constatazione conclusiva. Considerato che a tutto il genere umano piace ricevere regali, soprattutto a Natale e sotto l’albero, ergo siamo tutti ricuttari.
Sereno Natale, con o senza ricotta.

Raimondo Moncada

mercoledì 21 dicembre 2016

Una cosa divertente che non farò mai più - Recensione

Se mai doveste avere intenzione di leggere Wallace in pubblico, accertatevi almeno che non ci siano più di cinque o sei fan degli Stati Uniti d’America all’interno della stanza dove, appunto, state leggendo. Le tre reazioni più comuni alla descrizione fosteriana degli ambienti e dei contesti contemporanei americani potrebbero essere così suddivise: a) aumento, generalmente brusco, della temperatura corporea; b) smorfie letteralmente extraterrestri che condannano apertamente il disgusto per l’isteria di massa nella società americana; c) caos, patriottismo, morte. Una cosa divertente che non farò mai più comincia con una data: 18 Marzo. Il primo elemento degno di presentazione è, com’è ovvio, la volontà dell’autore rispetto al dato reale, inconfutabile, magnetizzato della crociera 7NC, sulla quale ha svolto un reportage in qualità di pseudogiornalista nautico. Il patto con il lettore è pieno di ostacoli e le immagini così chiare da dimenticare la propria, ordinaria identità. Capitan Video, Dermatitis, la cabina 1009 dove lo scrittore soggiornerà per sette giorni di fila donano la capacità di rielaborare i percorsi del divertimento organizzato con una lucidità mentale folle in grado di mettere in discussione i canoni dell’ozio e del servilismo moderno. L’odio è capovolto, è una parentesi che non tocchi mai veramente; il tocco, in questo resoconto, è destinato al fastidioso panorama borghese di cinquecento americani benestanti che si sparpagliano, in file ordinate, lungo due o tre versanti in attesa di salpare verso un’illusione corale e spasmodica costruita su decine di muri di ottone, piscine olimpioniche, bibite d’occasione con prezzi esorbitanti e tornei di tiro a piattello con ex militari in vacanza. E’ un ritmo che grugnisce. Wallace ha indetto una riunione straordinaria sull’infelicità terrestre e si è buttato a capofitto sulla scrivania. Diventa quasi impossibile assorbire dal testo una sensazione unitaria che riesca tirar fuori un verdetto lucido e privo di intoppi dialogici. Non c’è posto per pensieri straordinari, non una rivoluzione. La ricaduta dei geni, la deficienza del globo, la macchia nell’agglomerato umano.

“[…]Ora sono le 11.32, e l’imbarco comincia alle 14 in punto e neanche un secondo prima; l’altoparlante dichiara gentilmente ma con fermezza la serietà della Celebrity per quanto riguarda queste cose. La voce di donna lascia immaginare che dietro ci sia una top model inglese. Ognuno tiene ben stretta la sua tessera numerata neanche fossero i documenti d’identità al Checkpoint Charley. In quest’ansiosa attesa di massa c’è un clima da Ellis Island/pre-Auschwitz, ma è con disagio che faccio questa analogia. Tante delle persone che aspettano- nonostante la tenuta caraibica – mi sembrano ebree, e mi vergogno di sorprendermi a pensare di poter stabilire se uno è ebreo dall’aspetto. Credo di poter calcolare in due terzi le persone che sono sedute sulle sedie arancioni. Il pre-imbarco al molo 21 nell’hangar per dirigibili non è terribile come, diciamo, la Grand Central Station alle 17.15 del venerdì, ma si avvicina poco ai dettagli su vizi e servizi senza stress pubblicizzati nella brochure della Celebrity – brochure che non sono il solo a sfogliare e a rileggere con una certa malinconia. Molti, poi, leggono il Fort Lauderdale Sentinel o fissano gli altri con lo sguardo vuoto da metropolitana.”

Emanuele Scaduto 

martedì 13 dicembre 2016

SANTA LUCIA

Il 13 Dicembre è il giorno più corto che ci sia, lo dice un proverbio. Mancano solo diciotto giorni alla fine dell'anno. Santa Lucia è la protettrice degli occhi, vergine martire siracusana raffigurata con una lampada simbolo di luce e una palma, metafora del martirio, e un evidente messaggio a non guardare persone e cose nocive e consigli per votare ( no olio, no ex, si agli ex voto con gli organi d'argento mantenuti o ritrovati ).

venerdì 9 dicembre 2016

Cernia Tossica - Recensione di un libro letto

Una sfida farne la recensione. Recensione di un libro letto e reinterpretato, già so cosa direte - solo tu potevi trovarci certe sfumature. Io ci ho cercato il sesso, nel senso che mi sono subito interrogata se il libro fosse più facilmente indirizzabile a un pubblico femminile o se si trattasse di un libro adatto ai masculi; certo parla di finanza, di economia, di problematiche sociali forti, di pesca subacquea - un libro dai forti interrogativi tipo sott'acqua ci sta meglio un uomo? Gli affari finanziari solo per masculi, le femmine si occupano di borse e bilanci, che i conti è dimostrato che li sa fare meglio una donna dal pescivendolo. Cernia Tossica è "un libro ermafrodita", così lo voglio definire, il libro è suo, di Giorgio D'Amato, ma la recensione è mia! Al maschile o al femminile è libro che va a letto subito, non ci sono santi che sudano, (lo taglierebbe) ma pesci morti, tracce di autobiografia sospetta, carne trita e mozzarella a fili lunghi lunghi dentro al riso, che sua madre è brava a fare le arancine; ci stanno i cani e rampicanti intorno alla ringhiera che forse è la stessa e "cernie offese" a pendolare alle sbarre del cancello non se ne vedono più da anni - ora ci appendono il sacchetto con il pane (io l'ho visto). Che bel tronco di uomo questo Germano, lo immagino così muscoloso, bello, sicuro, alto, furbo, protagonista ambizioso, narciso, quanti gradevoli  aggettivi che lo scrittore in questione me li editerebbe tutti; come resistere a occhi azzurri dalle sfumature cangianti, al protagonista maschile forzuto e padrone della scena! siamo già innamorate di lui e lo scrittore ce lo fa vedere correre nudo tra i prati - Rosà ti strappo le mutande! In tante potremmo essere Rosanna, Candy Candy nell'intimo che una "vasata  terensiaca" a Germano gliela daremmo, pagine che ci fanno sognare, rimandi pittoreschi con "riferimenti heidiani"...solo piena natura su sfondo di monti e bestiame, e Germano stuzzica il masculo, il Peter che si nasconde dentro di voi; e potete tirare fuori la lingua con Cernia Tossica in mano, un libro anche al femminile che tutte noi donne amiamo il tipo bad boy, e Germano lo è: tipo tosto, duro al punto giusto e cattivo perso, e quindi nella fantasia femminile da cambiare, da riportare sulla giusta strada, anche se qui di conversione l'autore non ne parla, (al liceo lui preferiva leggere Kundera piuttosto che Manzoni) non parla delle suore crudeli a cui avrebbe voluto  pisciare in faccia alle elementari e della sua sindrome da filo interdentale, ma solo di pesci ammazzati, di gabbie dorate, di macchine di lusso, notti da sballo in un paese vuoto, ruote di motorino bucate, corse pazze, tuffi dall'alto del muretto, tazzine di caffè da lavare, scavazzo di limoni ( no forse scritto nel romanzo precedente o nel prossimo ) nel mentre raggiunge l'apice dell'ermafroditismo: lei legge, intellettuale diversa non cessa, in realtà dei pesci ne fa acquerelli, lui scrive, è uno che conta e le derivate le cerca tra le parole o traccia su un foglio da disegno. " Lo so, è terribile. " Provate a trovarci altro.

Nina Tarantino

mercoledì 7 dicembre 2016

Cernia Tossica - Recensione di Adelaide J. Pellitteri

Leggere il libro di un autore che si conosce personalmente, comporta le sue difficoltà.
Fin dalla prima pagina senti la sua voce, riconosci le parole che usa più spesso e fai fatica ad entrare nella storia. Soprattutto se il personaggio narrante è una donna e l'autore un uomo.
Allora, per questa recensione, comincio proprio da lui, l'autore. 
Il nome, Giorgio D'Amato, è uno sparo di luce. 
È riportato in bianco sulla copertina a campo nero. Spicca più del titolo stesso, Cernia tossica, che comunque non potrebbe passare inosservato. 
Il libro prenderebbe subito il lettore, ma io ho ancora la voce di Giorgio alle orecchie, mi servono 50 pagine prima di "liberarmi" di lui. 
Però - perché c'è un però - a quel punto scopro che è stato merito suo se alla fine è sparito dalla storia. Il personaggio, anzi i personaggi, hanno preso vita propria, faccia, personalità.
La storia incalza ed è una bella storia. 
Si potrebbe parlare di diavolo ed acqua santa, per dire che è l'incontro sfortunato tra chi ha intelligente cultura e aspirazioni letterarie e chi, invece, altro non è che un becero materialista: un arruffone della peggiore specie. 
Rosanna detta Rosà, involontariamente diventa facile preda dell'uomo illetterato e avido; farà di lei un suo strumento. 
La storia si evolve spiegando molti dei meccanismi che da decenni affliggono la nostra economia, mortificano la nostra cultura e demoliscono il nostro futuro. 
Siamo al dunque come epoca e come sentimenti.
Giorgio D'Amato, secondo me, nel sottotesto ci dice anche come gli zoticoni abbiamo un bisogno estremo dei "colti" che senza la loro collaborazione non andrebbero da nessuna parte, non saprebbero neppure "presentarsi". 
Ed ecco che allora anche una storia d'amore fatta di attrazione animalesca, trasforma i due personaggi in braccio e mente, ma qui la sorpresa, la mente e l'avido, il braccio la letterata. E i loro sentimenti (se pure diversi) viaggiano in "tandem" diventano veicolo per loschi traffici e grandi affari.
Un’escalation di truffe e raggiri, partendo dal gradino più basso, il riciclaggio di denaro sporco, poi i diplomi regalati, gli agganci con i Ministri e via via in un crescendo semplice e pedissequo, quanto perverso e, soprattutto, accompagnato da belle lettere di presentazione.  
Un spaccato d'Italia, ancora sotto in nostri occhi.
Un libro che stupisce per i suoi giochi di "potere" visti sotto una luce che non ti aspetti.

Adelaide J. Pellitteri

lunedì 5 dicembre 2016

Saltatempo, di Stefano Benni, a cura di Adelaide J. Pellitteri

Ci sono libri che ti fanno venire la voglia di imparare a scrivere, poi ci sono altri che ti dicono di smettere, perché - se pure ritenevi di avere un po’ di stoffa (magari solo per un buon trafiletto, scritto sotto dettatura di qualche spirito vagante) - prendi coscienza: la tua stoffa (cioè la mia) è veramente poca. Ok, dopo un libro così mi sento felicemente a pezzi.
Ho ascoltato il consiglio di un giovane universitario, l'ho sempre detto: ascoltare i giovani fa bene.
Così, ho appena finito di leggere il libro ed è stato un viaggio bellissimo.
Per recensire un autore come Benni ci vorrebbe almeno un millesimo della sua fantasia, ma questa è spropositata, quindi, io posso solo provare a farvi venire appena-appena un po' di curiosità (ci provo).
Se avete voglia di spaziare tra mille generi insieme beh, non avete che prendere Saltatempo e tuffarvi nel primo fiume che vi viene tra le dita. Gnomi, dee e gnocche stratosferiche sono alcuni degli ingredienti, poi c'è la politica, l'amicizia... aspettate sto facendo un po' di confusione.
Partiamo da principio (sempre che un "principio" ci sia, nel senso di uno solo). Ok: un ragazzino che abita in un minuscolo paese dominato da un bosco, scarpagna verso valle per andare a scuola.
Sono - e saranno - gli stessi passi che muoverà verso la vita. Scarpagnando sempre, saltellando tra fossi e collinette, una strada sempre accidentata, a volte sorprendente a volte pericolosa.
Attraverserà il tempo con il suo orobilogio, saltandolo e ritrovandolo, sperimentando il sesso, l'amore, l'affiatamento, la giustizia, la rabbia, la vendetta.
Vedrà la sua valle e tutti i dintorni messi a soqquadro dall'allettante futuro, cioè la corruzione, l'interesse personale, l'ottusità.
Attraverserà la storia del suo "paese" quale è stato anche il nostro, l'Italia (in seno all'Europa).
Le stragi di Piazza Fontana, le scuole occupate, la libertà sessuale, le molotov, le vincite al totocalcio, le frane, gli arresti, la droga.
Ma se pensate che per argomenti del genere occorra un linguaggio adatto - cioè serio e profondo - vuol dire che non vi ho ancora spiegato come l'autore scriva e descriva ( e infatti come faccio a spiegare la scrittura di Stefano Benni?). Avete presente la ricerca ossessiva degli aggettivi corretti? Ecco, lui fa l'esatto contrario, solo che l'aggettivo - che non ci azzecca nulla - lo azzecca perfettamente. Rendo l'idea?
Nel corollario ci sono i lucci con i piercing e i musi segnati dai pescatori. Poi gli elfi e la strega Berega, il Dio allegro, lo gnomo Boleto...
Il libro è un fantasy umoristico esilarante, ma a tratti anche un thriller, un giallo, un libro di memorie, o sulle questioni pubbliche e anche private, molto private, e poi c'è la morte, quella giusta e quella ingiusta come è la morte da sempre, ma poi c'è anche la vita, quella nuova che cammina sulle scarpe di ginnastica con un viluppo di lacci, color rosso fuoco.