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venerdì 13 gennaio 2017

L'importanza dei cardini in Cernia Tossica, di Clotilde Alizzi

Al suo secondo romanzo per Mesogea per la collana Petrolio, Giorgio D'Amato, scrittore porticellese dopo L'Estate che sparavano, sempre per Mesogea,  ci porta con questo suo Cernia Tossica nelle atmosfere degli anni '80, in quel passaggio di  impegno, che ha contraddistinto gli anni '70, verso l'edonismo reaganiano. L'impegno antimafia profuso a piene mani prosegue abilmente in questa sua ultima fatica, anche se chiamerei questo suo ultimo per Mesogea, non un romanzo di Formazione o di Impegno, quanto un romanzo psicologico, lasciando sullo sfondo l'intrigo e il malaffare.
Sembra un'accelerazione o un'evoluzione che l'autore presenta. Il profilo dei personaggi e la storia del rapporto tre i due, Rosanna e Germano, non è lo sfondo al tema principale trattato, quanto viceversa. L'autore ci delizia con mille riferimenti letterari, complice il personaggio colto e curioso di Rosanna alle prese dapprima con la sua tesi di laurea, poi con i suoi interessi culturali, dandocene una profusa dimostrazione tra le pagine finali. Lì, quando il rapporto si è sfilacciato tra le delusioni e i mille intrighi dell'uomo, tra il plagio e l' inconsistente capacità della donna ad arginare la propria deriva intellettuale ed l'esistenziale, l'autore riunisce i riferimenti alla poetica dei cardini di Virginia Woolf, peraltro argomento della tesi in Letteratura di Rosanna, alla amara costatazione di questa, riflessa dentro la tesi aerea dei cardini. Quando scardinare significa aprire nuovi spazi alla coscienza e alla mente, offre libertà, apre porte chiuse, gabbie, illusioni. E' qui che Rosanna scardina la sua vita ingabbiata, debole animale che non ha aperto le ali ad altri spazi e ad altre possibilità. Si ribella, scardina lo spazio chiuso ove ha maturato odio, macinato e disperso ogni sua potenzialità vitale e fugge da Germano. Andrà via, colpevole della complicità maturata con l'uomo ai suoi intrighi e malaffari. La consistenza psicologica del Romanzo ruota così sull'importanza dei cardini nella vita e nella Letteratura, e sul pescatore di Cernie che diverrà l'uomo del malaffare.
E' un romanzo d'odio, come ama definirlo lo stesso Autore, da sfondo la Sicilia e i luoghi della politica del malaffare, delle finanziarie e del fumo venduto per oro colato: dalla scuola privata che vende diplomi facili, ai derivati che le finanziarie della Mafia riciclano nelle amministrazioni pubbliche, là dove una Legge lo permetterà. La disamina dei fatti raccontati sempre documentale, serissima e condotta nelle ultime pagine del Romanzo con dovizia, fa tuttavia da sfondo ad una rabbia che devasta anime e cuori.  Rovina esistenza e ne fa deriva.
Il linguaggio, lo stile e i numerosi riferimenti letterari ne fanno un Romanzo coltissimo, anche una pagina di Buona Scrittura, citata addirittura in una pagina. Per noi è grande letteratura, notevoli le capacità narrative e l'impatto con il lettore.

Clotilde Alizzi

venerdì 9 dicembre 2016

Cernia Tossica - Recensione di un libro letto

Una sfida farne la recensione. Recensione di un libro letto e reinterpretato, già so cosa direte - solo tu potevi trovarci certe sfumature. Io ci ho cercato il sesso, nel senso che mi sono subito interrogata se il libro fosse più facilmente indirizzabile a un pubblico femminile o se si trattasse di un libro adatto ai masculi; certo parla di finanza, di economia, di problematiche sociali forti, di pesca subacquea - un libro dai forti interrogativi tipo sott'acqua ci sta meglio un uomo? Gli affari finanziari solo per masculi, le femmine si occupano di borse e bilanci, che i conti è dimostrato che li sa fare meglio una donna dal pescivendolo. Cernia Tossica è "un libro ermafrodita", così lo voglio definire, il libro è suo, di Giorgio D'Amato, ma la recensione è mia! Al maschile o al femminile è libro che va a letto subito, non ci sono santi che sudano, (lo taglierebbe) ma pesci morti, tracce di autobiografia sospetta, carne trita e mozzarella a fili lunghi lunghi dentro al riso, che sua madre è brava a fare le arancine; ci stanno i cani e rampicanti intorno alla ringhiera che forse è la stessa e "cernie offese" a pendolare alle sbarre del cancello non se ne vedono più da anni - ora ci appendono il sacchetto con il pane (io l'ho visto). Che bel tronco di uomo questo Germano, lo immagino così muscoloso, bello, sicuro, alto, furbo, protagonista ambizioso, narciso, quanti gradevoli  aggettivi che lo scrittore in questione me li editerebbe tutti; come resistere a occhi azzurri dalle sfumature cangianti, al protagonista maschile forzuto e padrone della scena! siamo già innamorate di lui e lo scrittore ce lo fa vedere correre nudo tra i prati - Rosà ti strappo le mutande! In tante potremmo essere Rosanna, Candy Candy nell'intimo che una "vasata  terensiaca" a Germano gliela daremmo, pagine che ci fanno sognare, rimandi pittoreschi con "riferimenti heidiani"...solo piena natura su sfondo di monti e bestiame, e Germano stuzzica il masculo, il Peter che si nasconde dentro di voi; e potete tirare fuori la lingua con Cernia Tossica in mano, un libro anche al femminile che tutte noi donne amiamo il tipo bad boy, e Germano lo è: tipo tosto, duro al punto giusto e cattivo perso, e quindi nella fantasia femminile da cambiare, da riportare sulla giusta strada, anche se qui di conversione l'autore non ne parla, (al liceo lui preferiva leggere Kundera piuttosto che Manzoni) non parla delle suore crudeli a cui avrebbe voluto  pisciare in faccia alle elementari e della sua sindrome da filo interdentale, ma solo di pesci ammazzati, di gabbie dorate, di macchine di lusso, notti da sballo in un paese vuoto, ruote di motorino bucate, corse pazze, tuffi dall'alto del muretto, tazzine di caffè da lavare, scavazzo di limoni ( no forse scritto nel romanzo precedente o nel prossimo ) nel mentre raggiunge l'apice dell'ermafroditismo: lei legge, intellettuale diversa non cessa, in realtà dei pesci ne fa acquerelli, lui scrive, è uno che conta e le derivate le cerca tra le parole o traccia su un foglio da disegno. " Lo so, è terribile. " Provate a trovarci altro.

Nina Tarantino

mercoledì 7 dicembre 2016

Cernia Tossica - Recensione di Adelaide J. Pellitteri

Leggere il libro di un autore che si conosce personalmente, comporta le sue difficoltà.
Fin dalla prima pagina senti la sua voce, riconosci le parole che usa più spesso e fai fatica ad entrare nella storia. Soprattutto se il personaggio narrante è una donna e l'autore un uomo.
Allora, per questa recensione, comincio proprio da lui, l'autore. 
Il nome, Giorgio D'Amato, è uno sparo di luce. 
È riportato in bianco sulla copertina a campo nero. Spicca più del titolo stesso, Cernia tossica, che comunque non potrebbe passare inosservato. 
Il libro prenderebbe subito il lettore, ma io ho ancora la voce di Giorgio alle orecchie, mi servono 50 pagine prima di "liberarmi" di lui. 
Però - perché c'è un però - a quel punto scopro che è stato merito suo se alla fine è sparito dalla storia. Il personaggio, anzi i personaggi, hanno preso vita propria, faccia, personalità.
La storia incalza ed è una bella storia. 
Si potrebbe parlare di diavolo ed acqua santa, per dire che è l'incontro sfortunato tra chi ha intelligente cultura e aspirazioni letterarie e chi, invece, altro non è che un becero materialista: un arruffone della peggiore specie. 
Rosanna detta Rosà, involontariamente diventa facile preda dell'uomo illetterato e avido; farà di lei un suo strumento. 
La storia si evolve spiegando molti dei meccanismi che da decenni affliggono la nostra economia, mortificano la nostra cultura e demoliscono il nostro futuro. 
Siamo al dunque come epoca e come sentimenti.
Giorgio D'Amato, secondo me, nel sottotesto ci dice anche come gli zoticoni abbiamo un bisogno estremo dei "colti" che senza la loro collaborazione non andrebbero da nessuna parte, non saprebbero neppure "presentarsi". 
Ed ecco che allora anche una storia d'amore fatta di attrazione animalesca, trasforma i due personaggi in braccio e mente, ma qui la sorpresa, la mente e l'avido, il braccio la letterata. E i loro sentimenti (se pure diversi) viaggiano in "tandem" diventano veicolo per loschi traffici e grandi affari.
Un’escalation di truffe e raggiri, partendo dal gradino più basso, il riciclaggio di denaro sporco, poi i diplomi regalati, gli agganci con i Ministri e via via in un crescendo semplice e pedissequo, quanto perverso e, soprattutto, accompagnato da belle lettere di presentazione.  
Un spaccato d'Italia, ancora sotto in nostri occhi.
Un libro che stupisce per i suoi giochi di "potere" visti sotto una luce che non ti aspetti.

Adelaide J. Pellitteri

giovedì 5 maggio 2016

Maniaci, slogan, selfie

Maniaci ci ha presi tutti per il culo?
No, siamo stati noi a porgerglielo.
Perché siamo pigri, perché Il giorno della civetta è troppo lungo da leggere, gli atti del maxiprocesso pure, meglio farsi una cultura antimafia da slogan, una decina di parole convincenti e hai trovato il tuo eroe antimafia da citare quando c'è da farlo.
E alcuni diventano eroi dell'antimafia perché incrocchiano parole, altri perchè gridano che la mafia è montagna di merda e intanto si sparano un selfie con un po' di gente alle spalle. Altri ancora organizzano balletti nel corso principale di un paese ad alta densità mafiosa - i mafiosi ringraziano, gli ancheggiamenti delle ballerine hanno allontanato un po' di noia.
Ieri leggo di una Associazione Nazionale per le Verità Scomode,  uno dei suoi
esponenti - Giuseppe Germano - presenta il libro di Cuffaro e Cuffaro anticipa "Una piccola chicca: dalle molte indiscrezioni emerse in sala pare che lo stesso Cuffaro, benché fuori dai giochi politici per sua decisione, avrebbe deciso di puntare sull’investitura politica futura di Giuseppe Germano nell’area “Cuffaro-Romano”."

Qui la fonte da cui ho estrapolato la citazione

I rivelatori di verità scomode dovrebbero far luce sui disastri provocati dai "nascosti" che a livello locale hanno deturpato mezzo mondo. E invece si ambisce a cariche politiche nell'ambito di un candeggiamento dei soliti poteri.
Maniaci non ci ha presi per il culo. Noi siamo portatori di culi ignoranti, ci meritiamo di essere gabbati da estorsori più o meno furbi.
Uno slogan fa sempre comodo agli antimafiosi e ai mafiosi, dice tutto e non dice niente.
"La mafia fa schifo", slogan di Cuffaro, dovrebbe dirla lunga su quanto valgono gli slogan. Ma noi ci cadiamo sempre.


Giorgio D'Amato 


lunedì 14 marzo 2016

L'anima e la presentazione del libro di Totò Cuffaro

Ero andato alla presentazione del libro di Totò Cuffaro pieno di cattive intenzioni, volevo chiedergli quanto gli era costato impedire che sorgesse un centro commerciale a Villabate pur di mantenere l'appoggio al progetto del Forum di Brancaccio.
Volevo chiederglielo.
Ma Totò Cuffaro ha parlato dell'anima, non quella divina che lui cercava in tutti i pellegrinaggi che ha fatto nella sua vita - Santiago, Lourdes, Guadalupe -, un'altra anima, quella vera, che lui ha visto in carcere, insieme a Gesù Cristo che è sceso dalla croce per andargli incontro.
Avevo veramente tante cattive intenzioni, tutte brutte.
Totò Cuffaro mi ha convinto.
E non l'ho disturbato.
Anche Pietrangelo Buttafuoco ha detto cose bellissime. Belle quasi quanto quelle che ha detto Totò Cuffaro.
Per ora non me le ricordo. 
Ricordo solo l'anima.
Neanche di Villabate ricordo più niente.

Giorgio D'Amato

Sabato all'IPSIA con le ragazze dei corsi di Moda e Benessere



Si può dire che mi sono fatto "i cianchi"? Sì, mi sono divertito un macello.
Davanti ad almeno una quarantina di ragazze e un paio di ragazzi. Io per parlare di donne, anche violenza sulle donne - che a me mi siddia, queste cose di ..mi prende, mi sbatte, sanguino, mi lacero.. non mi piacciono. Non mi piace parlarne così, almeno.
Bisogna stringere il patto con l'ascoltatore, innanzitutto.
Cominciamo con Buttanissima. E poi con Jeanne Hebuterne. Amori grandi, un po' malati ma intensi, scritture ossessive, ripetizioni, molteplicità.
E poi "Finalmente dorme", il pezzo su quella pazzotica moglie di Luigi Pirandello, 'na fuaddi scatenata che le passava a dire maleparole al marito - nella mia versione.
Ragazze, immaginate che la moglie di Pirandello entri nella vostra stanza, cosa vi griderebbe?
Scrivetelo.

Cretina, posa 'stu telefonino e va fatti i piatta!!
Smuoviti il culo e va sturia!
La devi finire di studiare, basta, va fatti na passiata.
Basta con le sigarette, almeno fumassi spinelli!!
E poi il culmine: 
Non ti ammazzo perchè non ho tempo.

Hanno scritto tutti.
E l'amico Pietro - che non vedevo da una vita - che lì insegna religione, ha "dovuto" leggere uno di questi componimenti (ora è in cerca di un padre confessore!).

L'IPSIA mi piace assai. 
(Grazie 10.000 a Francesca Di Salvo e Antonietta Lo Coco e al tecnico del PC)
Giorgio D'Amato

lunedì 29 febbraio 2016

A piazza Marina


Piazza Marina…. siamo qui
Siamo all’angolo, accanto alla chiesa di S. Giovanni dei Napoletani, con stucchi del Serpotta, 1526-1617. 
Questa volta niente scale. Il sole è arrivato caldo e prepotente, ho già tolto il cappello e a poco a poco penso di alleggerirmi della sciarpa.
Di fronte a me, anzi al mio lato sinistro la Chiesa della Catena ( o delle catene, tanto nella vita, sono sempre numerose). Tante persone che passano, salutano, si fermano, e poi ripartono senza acquisto alcuno.
 E questo non è bene. Anzi. Finalmente ho preso penna e foglietto e ho scritto i prezzi dei quadernetti artistici di CasaWoolf neonata. Da Apertura a strappo che sa di lattina e passata di pomodoro  o tonno e caponata ecco salire di grado e di livello.
Ci accostiamo timidamente ad una scrittrice non comune né compresa, forse nemmeno da se stessa né amata né accettata.
 E’ questo il dramma maggiore: non andare d’accordo con il proprio io, con il proprio corpo, esile e pur ingombrante, sinuoso e formoso ma considerato deforme.
Con gli altri è meno drammatico, ti puoi allontanare da loro, da tutti, ma da te stesso il problema è di non facile soluzione.
Suicidio? O farsi  ammazzare attraversando la strada anche sulle strisce pedonali, più rischioso di un viaggio in Afghanistan, o ancora meglio bloccare l’autostrada se non ci ha pensato l’Anas. Ma sempre suicidio è. Mah.
L’aria è frizzantina, ho rimesso il cappello, non ho più tolto la sciarpa.
Trattengo dignitosamente la pipì che minaccia di uscire. 
Ecco l’aspetto negativo della questione vendita-piazza, avere un’autonomia di poche ore. Dalle 8.30 alle 11.30 e già siamo a mezzogiorno. 
Ebbene dovrei andare alla ricerca di un bar, di un WC.
Perché non hanno ancora inventato quelli portatili come il PC?  

Maria Letizia Mineo

venerdì 19 febbraio 2016

Le tre Bagherie

Esistono almeno tre Bagherie, e due di queste sono altamente nocive.

La prima è la Bagheria nota a tutti per i fatti di mafia: Arancia Connection e scafazzo, Magazzini del ferro definiti Campo di Sterminio (mafiosi squagliati nell’acido dopo essere stati strangolati), edilizia selvaggia su grande scala, traffico di droga.

La seconda è la Bagheria dell’antimafia, degli intellettuali che non fanno nulla per combattere la mafia, che non si espongono pubblicamente ma solo nel cesso di casa loro. Alcuni di questi partecipano, di tanto in tanto, a degli eventi, ma fanno solo fuffa, non aiutano nel processo di rielaborazione necessario per sconfiggere la mafia. Questi spesso alterano le notizie. Alcuni per loro natura si muovono tra bar e corridoi, altri provano arrampicate in cui gli altri sono solo gradini per arrivare un po’ più in alto.
Alcuni di questi coniano slogan, tipo Il silenzio è dolo, che hanno lo stesso valore di quel "La mafia fa schifo" che fu la più grande furbacchionata mediatica di Totò Cuffaro (avesse scritto Cosa Nostra allora i mafiosi sì che si sarebbero offesi).
Tanti di questi pensano che fare antimafia sia mettere degli studenti a ballare lungo il corso o passeggiare per via Vallone De Spuches. Magari con Giovanni Avanti (già indagato a quei tempi) in cima al corteo.

La terza è la Bagheria dei cittadini attivi, quelli che pensano di poter consegnare ai loro figli una cittadina migliore, magari onesta.

Le IENE non hanno mostrato nessuna delle tre Bagherie.
I filo-Iene ancora peggio, hanno offerto alle IENE un dettaglio di Bagheria che non rappresenta il tutto (curò, va sturiati Arnheim).
Hanno fatto solo politica anti-M5S, come se bastasse ad aggiustare le cose.
Al di là delle idee politiche che ognuno ha, noi vogliamo che si dica esattamente cosa è Bagheria, quale il suo passato, quali le ricette per il futuro.

Bagheria è triplice. Ogni espressione che ne dimentica una, è menzognera (nemmeno parziale).

Giorgio D'Amato

LE SCIACALLE - puntata nr 17 - LE CRONACHE DEL CUORE STRAPPATO

La vicenda del cuore:
il netturbino incazzato, dopo aver tentato di accoltellare l'ex-sindaco, insulta Cinque, gli minaccia i nipoti. Cinque replica in consiglio comunale la frase famosa "Ti strappo il cuore".
Repubblica Palermo riporta solo la frase famosa - articolo dello specialista dell'antimafia da selfie Ismaele La Vardera.
Il TG1 riporta il video con la frase.
BagheriaNews parla di sindaco che perde i nervi contro l'ex-netturbino - solito Angelo Gargano che dimentica qualcosa.
La Voce di Bagheria riporta che:

L’ex netturbino, il quale già in passato ha quasi accoltellato il precedente sindaco, dopo mesi e mesi di offese, appostamenti, avvicinamenti, durante la pausa di un consiglio comunale mi ricordava che “ho dei nipotini”.

Martino Grasso in questo round mi pare l'unico giornalista serio.
Per il resto, fuffa di parte.

Giorgio D'AMATO

giovedì 18 febbraio 2016

LE SCIACALLE - puntata nr 16 - I COMMENTI SPARITI

LE SCIACALLE scoprono altre verità scomode.
Questo pomeriggio, in un post di Ismaele La Vardera dedicato a Cinque Patrizio, argomento "Ti strappo il cuore" (ca parissi la vendetta di Susanna Tamaro), sparirono diversi commenti).
Il post diceva che il sindaco usò queste palore durante il consiglio comunale.
I commenti spariti dicevano cose di queste, 
1. attipo che Ismaele prima dice che IL SILENZIO E' DOLO, e poi, appena Cinque fa il nome dei MIOSI, iddo lo sfotte. 
2. attipo sei un antimafioso tipico che ne fanno una, poi, dopo che c'hanno la nomina, si va curcano.
3. attipo che u sinnacu disse quelle palore perchè ci avevano minacciato a famigghia.
Insomma.
Al di là di quello che c'era scritto, iddo si vantava di non cancellare i commenti.
A me, per esempio, mi bloccò.

Ancora una verità scomoda da LE SCIACALLE.

Giorgio D'Amato



LE SCIACALLE - puntata nr 15 - L'ANTIMAFIA DEI SELFIE

Lo abbiamo scoperto in questi giorni.
Agli affiliati di Cosa Nostra delle inchieste, dei maxiprocessi, dei pentiti, non ce ne fotte una minchia.
Quando uno comincia a parlare, attipo i pentiti, iddi si grattano i zebedei.
Quando qualcuno indaga, iddi si fannu quattro risate.
Una cosa che ci da veramente fastidio agli affiliati di Cosa Nostra sono i selfie.
A farli fossero alcuni pericolosi esponenti della cultura del territorio che hanno capito qual è il fianco debole della mafia.
Che 'u zzù Binnu ce lo ha fatto sapere, a nuatri questi che si fanno i selfie ci fanno venire u duluri ri panza. 
Che prossimamente a questi che producono i telefoni ca fanno i selfie, ci metteremo la bomba.
Accussì è.
Accussì disse.
Accussì noi riportiamo.
Da LE SCIACALLE ancora una verità scomoda.

Giorgio D'Amato

mercoledì 17 febbraio 2016

Il compagno Beppe e la pantera

Il compagno Beppe stasera si è fatto la doccia. Di solito no, lui la fa solo la mattina e a quest’ora già indosserebbe il piagiamone di flanella.
Ha indossato il completo gessato e pure il cravattone. Un tempo si sarebbe messo la cosa più sfasciata del suo armadio, che so, i pantaloni col culo rappezzato. Stasera no, il compagno Beppe ha una serata importante. Dopo vent'anni c’è un incontro commemorativo. Si parla della Pantera.
Il compagno Beppe era tra le punte del movimento.
Bei tempi. Si progettava il mondo allora.
I giovani di oggi no, sono vuoti. Che ne sanno loro della Pantera, di come allora la Pantera bloccò una legge in Parlamento, la legge Ruberti, quella che voleva aziendalizzare le università.
Il compagno Beppe e i suoi compagni di allora stasera parlano di come andarono le cose, ognuno ricorda un episodio.
Chi dice che i murales nella facoltà di architettura erano opere da museo d’arte moderna, chi parla invece delle infestazioni (termine che stava ad intendere l’uso di organizzare feste pur di avere gente disposta ad occupare e non tornare a casa per Natale). Si scopava allora, sì che si scopava, dice uno che ad occhio e croce dovrebbe avere quarant’anni ma ne dimostra dieci in più.
Abbiamo lasciato un segno nella storia eppure quasi nessuno  ricorda la forza di questo primo vero movimento giovanile dopo il ’68 e il ’77. Che poi la Pantera meriterebbe più visibilità. Il fatto è, dice il compagno Beppe, che di Pantera non è morto nessuno. Ci fosse scappato il morto, allora sì che  di Pantera se ne parlerebbe ancora.
C’è pure qualche giovane in questo incontro, uno di quelli che sino a due ore fa pensava che la Pantera fosse solo un gatto nero un po’ più cresciuto.
Questo giovane parla, parla pure e dice che l’Università oggi è messa proprio male, e che in Lettere hanno stabilito il numero chiuso e nessuno che alzi un dito.
Il giovane parla e osa pure chiedere: Voi della Pantera, oggi, come vi ponete di fronte ai problemi della società?
I compagni si guardano tra di loro: molti indossano la cravatta, altri hanno rispolverato il giubbotto di jeans ma sino a due ore fa avevano il blazer addosso. C’è imbarazzo. Questa domanda non ci voleva affatto, è impertinente. In fondo la Pantera ha fatto storia una volta e già questo gratifica abbastanza. Questo giovane pretenderebbe che chi ha fatto la Pantera già una volta, si inventi un altro felino? Che so, una lince, un giaguaro… E magari se ne inventi uno per ogni decennio che passa?
Il compagno Beppe che l’aria è pesante lo percepisce bene e allora si fa avanti. Siamo delle braci ardenti, dice il compagno Beppe.

Certo dopo vent’anni che è morta, la Pantera puzza un po’ di carogna. Bisognava immaginarselo…riesumarla non è servito a molto.

Giorgio D'Amato
(40enni, 2005)

In Italia la Pantera fu un movimento studentesco di protesta contro la riforma Ruberti delle università italiane che nacque dall'occupazione dell'Università di Palermo, e in particolare della Facoltà di Lettere e Filosofia, il 6 dicembre 1989 e si estese poi a numerose università italiane fino alla primavera del 1990.

martedì 16 febbraio 2016

LE SCIACALLE - puntata 13 - VERITA' SCOMODE IN FATTO DI EDILIZIA

Non ce lo immaginavamo per nulla.
Mignazza, ciato di madre e vogghio dire!
Non solo il boss Ginuzzu 'u Saibbo, ma anche Patrizio Cinque, hanno una casa - una di quelle cose fatte con i pilastri e con il cemento, pure con i mattoni.
Case scomodissime - quella di Cinque sembrerebbe senza ascensore, l'altra invece caldissima, arroventata, tant'è che Ginuzzu cammina a petto nudo per traspirare un po' di più. Forse per scansare una casa troppo calda oggi si trova al fresco? Probabilmente.
Intanto il boss Ginuzzu dovrebbe querelare LE IENE, che a saperlo si metteva un pantaloncino più grazioso. Ma giusto è essere tirati in ballo con la pancia di fuori?
Che una cosa è essere condannati per storie di mafia, altro è essere sputtanati in questo modo.
Ma la verità viene sempre a galla, soprattutto se scomoda (vero, curo?): dalla foto si desume che senz'altro il boss è un po' soprappeso, troppa panza; noi de Le Sciacalle deduciamo che il boss è certamente privo di un pavimento pelvico che possa reggere la prostata.
E intanto attendiamo notizie su dove fu discussa la strage di via D'Amelio, in salotto o in stanza da pranzo?
LE SCIACALLE: sempre in prima linea nella controinformazione!!!

Giorgio D'Amato

lunedì 15 febbraio 2016

LE SCIACALLE SCOPRONO DELLE VERITA' SCOMODE SU GIULIO GOLIA

Le SCIACALLE quando indagano scoprono sempre grandi cose.
Dopo i fatti di Bagheria in cui LE IENE hanno svelato grandi magagne della gestione M5S, le SCIACALLE si sono attivate e hanno scoperto che il programma LE IENE va in onda su ITALIA UNO.
Da un informatore hanno saputo che l'emittente televisiva ITALIA UNO apparterrebbe nientepocodimenoche a Silvio Berlusconi.
Ieri sera una troupe de LE SCIACALLE ha assediato gli uffici de LE IENE.
Giulio Golia notevolmente imbarazzato ha detto di non avere un capo, che ITALIA UNO non appartiene a Berlusconi, cose così.
Naturalmente la folla gli chiedeva di dimettersi.
Attendiamo un video di scuse da parte di Golia per il suo contributo alla deculturalizzazione del territorio.
Insomma, tra IENE e STRISCIA, il piano di rinascita democratica della Loggia P2 sembra trovare realizzazione.


Giorgio D'Amato

venerdì 12 febbraio 2016

LE SCIACALLE - puntata nr 11 - Il magistrato Giulio Golia

Il magistrato Giulio Golia ancora a Bagheria.
Da quando la Procura di Mediaset gli ha affidato il caso Cinque, lui ha preso alloggio nel palazzo Valguarnera appena restaurato da Sophia Loren, esattamente nella stanza dove è stata poggiata la trave.
La principessa Alliata è felicissima, insieme vanno a raccogliere gli asparagi - non prima di averli interrogati su presunte complicità con esponenti di Cosa Nostra.
Il magistrato Golia ieri ha trascorso la serata in piazza Indipendenza, uno dei luoghi più abusivi di Bagheria. Avrebbe voluto interrogare l'indagato Cinque che si è dato alla latitanza nascondendosi sotto le scrivanie degli uffici comunali.
Nei corridoi del Tribunale una delle amiche di Maria De Filippi ha rivelato che contro Cinque ci sono almeno cinque capi di accusa:
Un capo nuovo - forse il maglione che Cinque ha comprato ieri
Un capo non stirato - forse dei jeans stropicciati
Un a capo fuori posto - un virus in Word?
Un capo-lino - quello di Cinque ad una finestra
Un capo-dimonte - una composizione floreale con damigella intestata ad una prestanome del sindaco Cinque, la zia.
Insomma, se le cose stanno veramente così, è evidente che Cinque verrà condannato dal Tribunale di Mediaset, quindi nelle prossime 1230 puntate de Le Iene, non vedremo le simpatiche interviste doppie (quelle in cui ti chiedono a che età ti sei fatto la prima scopata) ma solo servizi sulla casa abusiva del sindaco.

Giorgio D'Amato


mercoledì 10 febbraio 2016

LE SCIACALLE - puntata nr 10 - L'abbruciatina dei morti

Oggi le Sciacalle propongono una nuova inchiesta sul territorio: l'abbruciatina dei morti.
La legalità prima di tutto, e metodi sani e veloci, attipo un forno crematorio, un bello abbruciatore gigante di quello con le canne fumarie che si vedono da Villa San Giovanni.
Ci sono notizie che gli abbruciatori saranno almeno due, uno a Bagheria bassa e uno a Bagheria alta, che disparità non se ne fanno. Ma quale Valle del Mela? E poi qua ci saranno le aree adatte dopo l’abbattimento volontario  da parte dei padri di famiglia delle case abusive e anche di alcune sanate per par condicio.
Belle torri rosse e nere, come quelle dei lager, sarà una cottura a fuoco lento.
Mini, maxi, al massimo in cinque anni verranno su, le notizie giungono direttamente dal Palazzo d’Orleans. Non si può attendere oltre, ci dice lo zio Tanino dalla veranda abusiva di casa sua. Alla cittadinanza interpellata, ci pare una cosa buona. L’aria sanata, per tutti! Ci faranno intorno pure un parco per i bambini e gli anziani. Forno doppio uso ventilato assai!

Strade libere dalla munnizza, case vacanti, ospedali belli chini ri malati, turisti, insomma cchiù travagghiu pi tutti, e i beccamorti non dovranno più intrallazzare per trovare cadaferi!

L'abbruciatina dei morti
Ingredienti per 4 persone

3 cadaveri grandi (quattro se sono piccoletti)
1 Pompa funebre sconsigliata dal sindaco
5 litri di benzina
1 giornale vecchio (il Giornale di Sicilia va benissimo)
1 fiammifero (accendino Zippo in caso di vento)


Ammucchiare i cadaveri, cospargere di benzina, con il giornale dare fuoco.
A cottura ultimata, disperdere le ceneri. 

Adele Musso feat G.D'Amato

martedì 9 febbraio 2016

LE SCIACALLE - puntata nr 7 - IL SILENZIO E' D'ORO, D'UOPO, insomma, fai tu

Passiamo in rassegna modi di dire corleonesi che poco si adattano al comportamento del sindaco Patrizio Cinque:

Il silenzio è d'uopo
La curiosità è l'anticamera della sbirritudine
A megghiu parola è quella che non si dice
Cu si fa i fatticeddi sua campa cent'anni.
Cu parra fa fetu.

Tanti altri ne esistono ma intanto consigliamo questi alla redazione di BagheriaNews per i suoi prossimi articoli.

Giorgio D'Amato

venerdì 29 gennaio 2016

In Iran l'impiccagione c'è

I soliti abbagli.
La storia delle statue nude ci ha distratti dal fatto che in Iran si impicca.
Grandiosa dimostrazione di quoziente intellettivo viene dal gruppo delle Femen che, a Parigi, si sono mostrate appese alla corda.

Basta con le ipocrisie da diplomazia, le cose vanno dette. Ma gli interessi economici, le partnership, la prospettiva di apertura di nuovi mercati vanno ben oltre le modalità con cui uno Stato svolge la sua funzione giurisdizionale. 
Meglio le Femen.

Giorgio D'Amato

(altre info qui )

martedì 19 gennaio 2016

Quando io e Giuliano Amato picchiavamo le donne a sangue

Che ridere con Giuliano.
Uscivamo la sera, al buio, tra le vie di Palermo oppure a Catania, a Messina. In Sicilia è una tradizione. Con un bastone. E appena scorgevamo una donna sola, le davamo una botta alla gambe.
E quella cadeva per terra.
Giuliano si ammazzava dalle risate e me lo diceva forte, dai un altro colpo, rompile i denti, scassale il naso.
Io ero contento di farlo felice, in fondo lui veniva a trovarmi per questo. Sapeva che in Sicilia noi picchiavamo le donne, che noi siamo più bravi di tutti gli altri. Al Nord non sono capaci di scannarle bene, al più qualche graffio, qualche insulto. Lì Giuliano non si diverte.
Noi no, ce le pestiamo sotto i piedi, diamo calci ai fianchi, allo stomaco, ci fermiamo solo quando cominciano a sputare sangue.
Giuliano me lo diceva sempre, dai, falle uscire il sangue dalla bocca.
E io tiravo più forte.
Poi si è dato alla politica e in Sicilia Giuliano non c'è venuto più, solo di tanto in tanto. Però, quelle poche volte che si è trovato a Palermo, mi ha telefonato, dai, organizziamo una passeggiata notturna?
E allora ricominciavamo.
Una volta mi ha portato in Pakistan, pure lì fanno in questo modo.
E' stato un gran bel viaggio. Ma in Sicilia siamo più bravi, così mi ha detto una sera mentre finivo una signora che manco aveva cinquant'anni. Che a questa avevo rifatto i connotati.
Ma sempre per lui ho picchiato, a me non me ne fregava molto, una picchiata ogni tanto sarebbe bastata.

(per leggere le dichiarazioni di Amato qui )

Giorgio D'Amato