giovedì 25 settembre 2014

La notte blu di Francesco Caruso


Sulla terrazza della casa rosa di Lorenzo, il dodici agosto, tra candele tossicamente colte e olive e pomodori secchi, Francesco Caruso ha fatto un discorso di quelli che tu dici "ma questo dove vuole andare a parare?"  - intanto non riesci a distrarti che lui ti stringe un patto con l'ascoltatore che manco un cappio da forca - e invece piano piano ti convinci che, questione di tempo, tutto avrà un senso. E' partito da “Il cappotto blu” che Leonard Cohen pone al centro di una canzone molto intensa, bella canzone veramente. Francesco, con una tecnica narrativa che nulla ha da invidiare agli esperti del noir – ma anche alla dissemina di dettagli che Javier Marias di solito fa nella parte iniziale dei suoi romanzi (per poi, in una sommatoria sorprendente, riprendere nel finale) – , prima sottopone il testo e poi la canzone. Sulla terrazza l’atmosfera si fa rarefatta, trapela il malessere e la delusione di un marito che si rivolge all'amante della moglie, ringraziandolo.

La stessa canzone fu tradotta da De André – ma tradurre non è il termine giusto, meglio trasposta? – perché Ornella Vanoni prestasse la sua malinconia alle note di Cohen (Lucio, l’uomo citato, è l’ex di Ornella; nella sua forma epistolare si chiude con “E Lucio, sai, parla ogni tanto di te, di quella volta che tu gli hai fatto la notte più bella, ti saluto, tua Ornella” – impossibile non raggelare a tanto slittamento).

Il cappotto blu diventa volpe, una volpe azzurra. Anche in questo caso l’indumento è parola chiave.

La voce di Francesco Caruso segna un punto interrogativo nell'aria grande quanto il cielo che avvolge la casa rosa di Lorenzo. 
Ancora dettagli disseminati: le migrazioni in America, le tradizioni e i motti e i proverbi che arrivarono lì grazie ai saperi di tanti contadini o pescatori in cerca di fortuna. 
Un quadro di Bruegel il Vecchio che, dietro tante piccole azioni del quotidiano, cela proverbi fiamminghi. 
Al centro del quadro una donna che poggia una cappa blu sulla testa e sulle spalle di un uomo - il gesto ha il significato metaforico del mettere le corna a qualcuno.

Che Cohen si sia rifatto a Bruegel? Più o meno consapevolmente?

Senz'altro è bello pensarlo.

Giorgio D'Amato

(AAS ringrazia ancora Francesco Caruso per aver partecipato alla serata di AAS FEST del 12 agosto 2014)