Vergine, la prima volta in cui ci sto dentro - in un cerchio così,
tra tanti insegnanti. Sto nella mia Palermo, davanti allo splendido
Teatro Massimo, grandiosa unità di storia e arte. Secondo le regole
devo dire a tutti chi sono e che ci faccio qui (sembra facile rispondere). Dico loro in segreto che mi hanno invitata per fare
un laboratorio di disegno, che sono Nina e Apertura a Strappo. Spiego
chi siamo, due battute e quattro risate mi presentano.
Comincia il
cerchio, ognuno ha la sua sedia, mi ascoltano e ascolto, a giro, come
maieutica insegna. Forse la comunicazione parte proprio cosi
guardandosi negli occhi, scambiandosi sguardi, parole, pensieri,
cercando di capire cosa voglia dire l'altro. Mi chiedono di
riflettere sulla scuola e io non riesco a evitare di pensare a mio
figlio, alla sua valigia che la sua terra non gli offre gli
stessi strumenti, le stesse strutture per studiare. Fuori, andato via
e col sole in faccia che mi bruciano gli occhi, ricordo la scena;
non ho avuto elementi né certezze per fermare la sua fuga. Gli
argomenti che all'inizio mi sembrano lontani da me - che non sto nel
corpo insegnante mi si avvicinano e sento che mi stanno a cuore.
Parliamo di scuola come micro società, di "una scuola malata".
Ci interroghiamo su quali possano essere le cure, le soluzioni per
risolvere il Complesso problema scolastico. Alleanza tra famiglia e scuola, due argini per fluire e fruire
cultura, i verbi giusti collaborare, associarsi, azioni che prevedono
unione; comunicare anche quando è difficile, mettersi in movimento,
spostarsi, andare contro la burocrazia, uscire dal recinto della
disciplina. Il problema della scuola si risolve dentro, all'interno
della struttura stessa, tra i banchi di scuola. Un no comune alla
privatizzazione della scuola e da un insegnante viene presentata
anche una nuova forma di scuola in autogestione. Mi ritrovo a parlare
anch'io, di una realtà da cui sono fuori a livello lavorativo, ma al
secondo giro mi sento una di loro e una delle 92 sedie è mia.
Sulle
nostre teste un cielo azzurro e un sole che tramonta ci porta un
piacevole vento. Tolgo gli occhiali da sole, voglio guardarli uno ad
uno. Al cerchio si aggiunge Daniele Moretto, un professore scrittore
poeta, che ha organizzato tutto questo, e il suo entusiasmo e forza
di volontà affascinanti, contravviene alle regole, non mi stupisce.
Ascolto ancora - l'insegnamento come missione e poi vengono tirati in
ballo i dati sconvolgenti sull'enorme dispersione scolastica in
Sicilia, i tagli, le strutture sofferenti, inadeguate. La scuola come
luogo di educazione, e i pensieri di Dolci ci vengono incontro;
l'immagine delle sue scuole dove le finestre stanno ad altezza di
bambino. Alla fine del cerchio tutti concordi nel credere che la
soluzione stia nella sinergia di alcune figure: famiglia,
territori e strutture. Essere tutti attori dell'educazione nel grande
teatro della scuola. Qualcuno ricorda la morte dell'articolo tre
della nostra Costituzione e osanna ancora Daniele Dolci e io regalo
i suoi pensieri distribuendo fotocopie. Ballare ci unisce, si
conclude con il tam tam, danze etniche e tango.
Nina Tarantino