lunedì 27 giugno 2016

Occhi di cane azzurro - G.García Márquez, Recensione

Una ventata leggera di piombo, un universo stravolto da elementi letterari insoliti che un mondo fantastico salva; l'invenzione letteraria riesce a soffiare un vento liberatorio e ci porta oltre il testo, nel cosmo della fantasia. Non una parola di troppo nel testo, acerbo, pieno di elementi arcani. 
Undici racconti dove alla narrazione si mescolano simbologia e magia, realismo e mondo fiabesco, che supera tutto il resto, la fantasia come via d'uscita, valvola di sfiato, superamento dell'esistenza stessa dell'essere, elementi macabri, allegorie intrise di morte, sonno, sogni, sdoppiamenti, nevrosi e solitudine, che il Marquez porterà nei suoi Cent'anni di solitudine.
...Aveva dedicato la sua vita a cercarmi nella realtà, mediante quella frase identificatrice: Occhi di cane azzurro. E per la strada la diceva ad alta voce, il che era una maniera per dire all'unica persona che avrebbe potuto intenderla: - Io sono colei che arriva ogni notte nei tuoi sogni e ti dice: occhi di cane azzurro. In Eva sta dentro il suo gatto, una bellezza crollata duole come un tumore, la trasformazione e la difficoltà della rassegnazione di essere una bestia vinta che miagola e sente il ripugnante desiderio di mangiare un topo.
Non si può non pensare alla Pioggia nel Pineto mentre si legge il Monologo di Isabel che guarda piovere sulla città di Macondo, ...senza che ce ne accorgessimo, la pioggia stava penetrando troppo a fondo nei nostri sensi. Nei racconti trovano spazio allucinazioni, angoscia, nevrosi, follia, una morte dopo l'altra; alla fine il mondo nevrotico muore e vince quello magicamente fantastico - nel sogno di essere.
Nina Tarantino