sabato 24 settembre 2016

A futura memoria

Leggo che la città in cui abito ormai da diversi anni, è definita in un post: masseria; questa parola per associazione di idee mi fa pensare alla masseria delle allodole, libro scritto qualche anno fa da una discendente del popolo armeno con l’intento di ricordare al mondo ciò che contro quel popolo si è perpetrato. Memoria.
 Allodole invece mi fa pensare agli specchietti per le allodole, ecco cosa possono essere alcuni post. Si utilizzano parole che ne ricordano altre, se ne usano alcune in maniera impropria. Scempio per esempio. scémpio2 s. m. [lat. exĕmplum, nel senso partic. di punizione crudele che serva di esempio]. – 1. Atto di violenza crudele e raccapricciante, strazio. Caspita, mi dico, hanno ricominciato con gli strangolamenti all’Icre, e qualcuno adesso se ne è accorto? Alt, no, non scempio, conferimento di materiali. 
Conferimento di materiali in un luogo che qualcuno vorrebbe innalzare a monumento della memoria, l’uso del termine campo di sterminio (non userò per la seconda volta le parole di un pentito) confonde gli ingenui ed agevola i marci. Quando muore un uomo, che in vita è stato assassino, malavitoso, mafioso, ucciso da uno come lui, (facenti parte di un sistema che arricchisce pochi a detrimento di uomini e risorse della comunità) se sono credente penso: pietà all’anima sua, viceversa penserò al concime organico, alla terra - polvere siete!
L’Icre ex magazzino del ferro, è un maiasienu, luogo inospitale, esteticamente non bello, inadeguato ad ospitare scolaresche, laboratori o eventi culturali che possano durare più di una giornata - non è nemmeno dotato di servizi igienici.
Alcuni lo hanno anche definito un luogo di memoria! Nella storia quali sono i luoghi di memoria? Lo storico Pierre Nora dice che “luogo della memoria è un’unità significativa, d’ordine materiale o ideale, che la volontà degli uomini o il lavorio del tempo ha reso un elemento simbolico di una qualche comunità…” L’Icre è o potrebbe diventare ciò? La memoria di quello che non vorremmo essere, si, potrebbe. Dunque non un circolo sacro dentro cui innalzare altari, dove tanti vorrebbero officiare la propria messa personale, personali ostie da imboccare ad una comunità colpevole sicuramente di omissione e di omertà, e così recuperarla alla santità. Noi pensiamo che una pena sia necessaria, che l’ostia sacra da officiare sia da riservare nelle chiese alla comunità dei pentiti e redenti.
Tenuto conto che i luoghi di commemorazione dovrebbero essere quelli in cui ad essere trucidati (e questa è una parola appropriata) siano stati i servitori dello Stato e i cittadini onesti (scusate la banalità della parola onesti) – a nostro parere l’Icre non potrebbe diventare ciò. Tra quelle mura sono stati uccisi uomini di cui la comunità avrebbe fatto volentieri a meno e che non rappresentano lo Stato civile. Cosa fare allora di questo maiasienu?
Scoppia lo scandalo,  l’Icre dal silenzio si risveglia, dopo essere stata tomba e vergogna, diventa luogo di conferimento di materiali, riprende la funzione di magazzino; materiali, non RIFIUTI, che opportunamente raccolti possono avere una seconda vita: RIUTILIZZO, RICICLO e RECUPERO.
Ecco che la destinazione dei beni confiscati ai mafiosi trova una valenza sociale!
“La gestione dei rifiuti va riferita ai principi di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti.
Il concetto di responsabilità condivisa espresso dalla normativa italiana prevede che tutti, imprese, pubblica amministrazione, consumatori concorrano al raggiungimento degli obiettivi generali di raccolta e riciclo.
La certezza del raggiungimento di questi obiettivi si può avere solo se al loro ottenimento parteciperanno tutti, ognuno nel proprio ruolo.”
E questo non sarebbe RISCATTO!?
Cultura è anche altro rispetto a ciò che siamo abituati a considerare, non soltanto libri o spettacoli. La gestione dei residui post consumo presuppone la conoscenza e l’informazione mirata, sensibilizzare il cittadino alla cultura che il rifiuto non esiste; è chiaro che ci si scontra con lo scetticismo e l’abitudine incancrenita di coloro che RIFIUTANO il cambiamento. Esistono materie che devono essere reinserite nel ciclo della vita (economia circolare).
Accidenti quante cose si possono imparare parlando ri munnizza! 
Non dimentichiamo che quando si cerca di scardinare il “sistema rifiuti” consolidato, si spezzano equilibri che ad alcuni, per decenni, hanno garantito la salvaguardia di grandi interessi economici; ci si scontra contro le logiche economico-politiche di un sistema che fino ad oggi si è basato sul conferimento nelle discariche, spesso anche in violazione alle principali norme comunitarie, e che non può funzionare perché toglie risorse e lascia inquinamento alle generazioni future, ai nostri figli ed ai nostri nipoti.
E così, sia.
Adele Musso per AAS