pagine 232, brossura in seta,
Stordito editore, 2015.
L’ultima fatica di un autore
che ormai conosciamo bene, il cui titolo parla chiaro. Questa vicenda si svolge
in Cina, almeno così ci pare di scorgere nelle intenzioni di Camilleri (Sandro,
cugino del famoso Andrea, e di un altro cugino Andrea meno famoso di cui non
parleremo, scrittore per hobby, n.d.a.), in effetti sin
dalle prime pagine si respira un’aria umida e pesante, a Pechino le strade sono
gremite di motorini e di cinesi, si sprecano molte pagine del libro in attesa
di attraversare, una vera impresa.
L’ispettore Montalcino ha
sempre odiato il riso, soprattutto non sopporta di mangiarlo mentre gli
raccontano delle barzellette - sa che il rischio di ritrovarsi con un boccone
di traverso è molto alto e lui non ha mai imparato a fare la manovra di Heimlich
su se stesso.
Si avvia verso l’albergo che
si trova nel mezzo di un quartiere popolare, facendosi largo tra le bancarelle
di cibo da strada, Montalcino odia l’odore di fritto, Camilleri (Sandro) lo sa
e sembra farlo apposta, gli ha prenotato la stanza proprio sopra una
friggitoria cinese di involtini primavera.
Il motivo che l’ha portato a
Pechino non è chiaro sin dalle prime pagine, Sandro Camilleri si diverte a
nasconderlo al lettore, una strategia efficace per aumentare la curiosità, solo
i lettori più esperti intuiscono quasi subito che si tratta di una
delocalizzazione dell’editore Stordito per diminuire i costi di stampa del
libro.