lunedì 29 febbraio 2016

A piazza Marina


Piazza Marina…. siamo qui
Siamo all’angolo, accanto alla chiesa di S. Giovanni dei Napoletani, con stucchi del Serpotta, 1526-1617. 
Questa volta niente scale. Il sole è arrivato caldo e prepotente, ho già tolto il cappello e a poco a poco penso di alleggerirmi della sciarpa.
Di fronte a me, anzi al mio lato sinistro la Chiesa della Catena ( o delle catene, tanto nella vita, sono sempre numerose). Tante persone che passano, salutano, si fermano, e poi ripartono senza acquisto alcuno.
 E questo non è bene. Anzi. Finalmente ho preso penna e foglietto e ho scritto i prezzi dei quadernetti artistici di CasaWoolf neonata. Da Apertura a strappo che sa di lattina e passata di pomodoro  o tonno e caponata ecco salire di grado e di livello.
Ci accostiamo timidamente ad una scrittrice non comune né compresa, forse nemmeno da se stessa né amata né accettata.
 E’ questo il dramma maggiore: non andare d’accordo con il proprio io, con il proprio corpo, esile e pur ingombrante, sinuoso e formoso ma considerato deforme.
Con gli altri è meno drammatico, ti puoi allontanare da loro, da tutti, ma da te stesso il problema è di non facile soluzione.
Suicidio? O farsi  ammazzare attraversando la strada anche sulle strisce pedonali, più rischioso di un viaggio in Afghanistan, o ancora meglio bloccare l’autostrada se non ci ha pensato l’Anas. Ma sempre suicidio è. Mah.
L’aria è frizzantina, ho rimesso il cappello, non ho più tolto la sciarpa.
Trattengo dignitosamente la pipì che minaccia di uscire. 
Ecco l’aspetto negativo della questione vendita-piazza, avere un’autonomia di poche ore. Dalle 8.30 alle 11.30 e già siamo a mezzogiorno. 
Ebbene dovrei andare alla ricerca di un bar, di un WC.
Perché non hanno ancora inventato quelli portatili come il PC?  

Maria Letizia Mineo