venerdì 16 ottobre 2015

Gli anni al contrario, di Nadia Terranova

Ci sono romanzi che li leggi e hai la sensazione di trovarti a casa, in quella degli argomenti, degli sguardi narrativi che più ti piacciono - questi ti si attaccano alle mani, agli occhi, finisci pure per leggere quale tipografia li ha stampati.
Dopo le prime trenta/quaranta pagine ho avuto la sensazione che "Gli anni al contrario" avesse un fratello maggiore, il magnifico "Romanzo Civile" di Giuliana Saladino, che per me pochi altri romanzi sono altrettanto belli - cambia il periodo, cambia il tipo di rapporto umano descritto (non un'amicizia ma una storia d'amore), uguale la potenza e la capacità di travolgere il lettore.
Messina, 1977 - Aurora e Giovanni, entrambi studenti di filosofia. Di famiglia fascista lei, di famiglia comunista lui. Entrambi con la voglia di spostarsi a sinistra e oltre, PDUP per lei, militanza armata per lui, ma sono accostamenti blandi, non basta partecipare alle riunioni di partito, non basta mettere un ordigno grezzo in un mobilificio per diventare un brigatista.
E allora il rifugio nella droga per Giovanni, nella amore filiale - la piccola Mara - per Aurora.
Giovanni che vive da insoddisfatto, che vorrebbe essere felice in famiglia ma poi finisce per trascorrere le notti in auto, sotto l'effetto stordente di canne prima, eroina dopo; Aurora che ci spera sempre di riportare la felicità dei primi giorni di convivenza nella casa in miniatura che hanno preso in affitto.
E poi il virus - ma  non ci sono toni patetici, in questa parte della narrazione il lettore è travolto dal rapporto denso che Giovanni instaura con la figlia Mara.
Gli anni al contrario è un romanzo coraggioso e non solo perché autobiografico, onesto nell'affermare - con tutte le parole scomode - le debolezze del protagonista, sincero nel restituire lo spessore umano che sta appena dietro i suoi occhi azzurri, calibrato e giusto nel concentrare in poche pagine interi decenni, nel dilatare in più pagine singoli momenti.

Giorgio D'Amato