martedì 16 settembre 2014

Il vangelo secondo Matteo ai Cantieri Culturali della Zisa - 18 settembre '14 ore 18.00


Pasolini scrive poesia anche attraverso l’uso della telecamera, affidando ai personaggi, quali interposte persone, i propri versi. 

Nel Vangelo secondo Matteo, riversa la nostalgia del mitico, dell’epico, del tragico.
Non intende aggiungere altezza poetica a nessuna immagine, a nessuna parola, né farne una sceneggiatura o una riduzione e sa, ancor prima di scegliere la location, che il film non avrà alcun connotato commerciale e che non concederà niente, ma darà tutto.
Infine, trova la sua Gerusalemme fra i Sassi di Matera.

Incontra Domenico Notarangelo, giornalista e fotografo, attivo nelle file del PCI a cui chiede di interpretare il ruolo del centurione che guida la pattuglia dei soldati romani incaricati di eseguire la crocifissione di Gesù.
‘Sono giorni di canicola, quaranta gradi all’ombra’ – racconta Notarangelo che, tuttavia, non gli impedisce di nascondere, sotto il costume di scena, due macchine fotografiche.
Scatti rubati durante le pause della lavorazione del film che, insieme alle fotografie di scena di Angelo Novi, documentano quello che Pasolini riteneva essere il racconto più sublime che sia stato mai scritto.
Le immagini, quali sacre apparizioni, proprio perché non centrate sulla tecnica fotografica, evidenziano il topos poetico e, pertanto, i ritagli dell’inesprimibile.
Nella confusa geometria dei corpi appare, intero, l’amore per l’uomo che Pasolini riteneva sufficiente a farlo diventare regista. Ma, ancora di più, si evidenzia la cifra stilistica della rappresentazione poetica che trasforma la lingua della realtà in una tecnica personalissima quale variabile espressiva dell’ossessione lirica.
L’obiettivo incontra spesso gli occhi del poeta che sembra fare un’unica carne con il paesaggio metafisico dei Sassi.
Tutti i visi ritratti hanno la piena proprietà dei loro stessi lineamenti e, spesso, mostrano la festosa sventatezza dei semplici in cui Pasolini confidava, ritenendo che nei volti degli analfabeti ci fosse la stessa grazia che si ritrova negli uomini appartenenti ad un’altissima fascia culturale. Difatti, nelle fotografie non si legge alcuna differenza fra i visi di Elsa Morante e di Alfonso Gatto, entrambi ritratti al fresco di un frantoio, e quelli di tanti attori provenienti dal mondo contadino.
‘Il Vangelo lo consola?’ – gli fu chiesto.
Non cerco consolazioni: sono insincere, irreali e retoriche. – rispose.
Il Vangelo di Pasolini, dedicato con naturalezza ‘alla cara, lieta, familiare memoria di Giovanni XXIII’, viene oggi qualificato dall’Osservatore Romano come un’opera scolpita nella pietra e il Vaticano provvede a restaurare la pellicola conservata nell’archivio della filmoteca vaticana.



Cetta Brancato

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