Noi che ancora ci crediamo sabato mattina eravamo parte di quel fiume in piena, ma assolutamente ordinato, che si è mosso dalla Chiesa Madre di Bagheria fino alla piazzetta vittime della mafia. Saranno poche centinaia di metri, eppure ci abbiamo messo più di due ore per arrivare a quella che era la destinazione. Spesso per arrivare in un posto nel modo giusto ci si possono impiegare anni. Questo è quello che è accaduto e sta accadendo nel paese delle “balate”, dove scoperchiare certe pietre provoca puzzi maleodoranti e la fuga di topi, si sta finalmente comprendendo che scelte sbagliate, quali piegarsi al pizzo, non ti portano da nessuna parte, anzi ti mettono dalla parte sbagliata.
La marcia ha coinvolto moltissimi cittadini, tanti giovani e giovanissimi, associazioni e colori politici, che per un giorno hanno avuto tutti lo stesso colore. Per qualche minuto il nostro colore è stato invece quello della bandiera francese, e così che ci siamo stretti idealmente alle vittime della follia terrorista.
In due ore non si è solo marciato, abbiamo ballato al suono di musicisti di Aspra e Bagheria, che hanno improvvisato un concerto mobile e ai mafiosi gliele abbiamo pure cantate.
E' stato Giuseppe Saeli, un giovane bagherese, il promotore dell'iniziativa, ha messo in piedi una organizzazione perfetta ed efficace riuscendo a coinvolgere diverse realtà della nostra cittadina quali i commercianti, le scuole, semplici cittadini, studenti, poeti, e artisti, le istituzioni religiose (padre Michele Stabile, padre Luciano). L'amministrazione comunale, il Sindaco gli assessori, il Presidente del Consiglio comunale e parecchi consiglieri e le forze dell'ordine che erano in prima fila nella marcia e nella lotta quotidiana alla criminalità.
A testa alta e schiena dritta, così come diceva Felicia Bartolotta Impastato, ai giovani che andavano a visitare la sua casa museo, una donna che suo malgrado, la mafia l'aveva respirata e combattuta, a testa alta, come Gianluca Calì, che in una bella immagine fotografica di Elisa Martorana, sembra svettare sulle altre teste, eppure la sua è una di quelle che il sistema mafioso del pizzo vorrebbe piegare e abbattere.
C'erano
i bambini delle scuole primarie e secondarie (guidati da maestre
instancabili e dai presidi) che reggevano con le loro piccole braccia
striscioni più grandi di loro, diceva Gesualdo Bufalino che la mafia
sarà vinta da un esercito di maestre, e noi anche a questo ancora ci
crediamo.
Crediamo
anche che le famiglie che trasmettono i valori dell'onestà ai propri
figli daranno alla comunità cittadini perbene.
Forse
c'era pure qualche mafioso che marciava tra la folla, forse avrà
imparato qualcosa.
C'erano
i commercianti, anche quelli che Le iene sono andate ad intervistare,
non c'erano quelli che ancora non trovano il coraggio di uscire allo
scoperto, coloro che non bisogna lasciare da soli, perché il pizzo
si paga ancora, perché la mafia c'è ancora. E allora quale è la
differenza? La differenza rispetto al passato è quella di sostenere
chi suo malgrado, o volontariamente, dice no ad un sistema che non
lascia scampo e ti strozza comunque; la differenza sta nel coraggio
dei giovani e di quelli, per usare una frase abusata ma d'effetto,
che “ci mettono la faccia”.
La
marcia è stata un segnale, forte, urlato, cantato in coro, ha fatto
rumore, ha ricordato a qualcuno che si vuole cambiare, il simbolo
della coesione, la folla può divenire pericolosa per chi agisce
nell'ombra, per chi ha bisogno del buio per agire e dell'omertà
complice. Le ville di Bagheria non devono essere più il rifugio per
i latitanti. Bagheria deve tornare ad essere un luogo ricordato non
per essere uno dei lati del triangolo della morte, così come ha
detto un imprenditore di Villabate, che non è riuscito a trattenere
la commozione.
Noi
che ancora ci crediamo abbiamo indossato le magliette con l'immagine
simbolo di Falcone e Borsellino, e abbiamo capito che la vera
Antimafia non è quella di Helg o della Saguto, come ci ha ricordato
il sindaco, è dire no alla mafia partendo da chi sta in basso, da
chi dice no alla mafia in ogni azione quotidiana della sua vita.
Adele Musso
Si ringrazia Elisa Martorana per la sua foto.