Che Milano potesse stupirmi con i suoi effetti speciali, era già in conto. ma ritrovarmi col naso pieno di profumo di gelsomino, credetemi, è stato veramente troppo. I balconi li ho visti grondare di gerani, le aiuole risplendere di violette e margherite, tanto che transitare per le strade della metropoli italiana è stato lo stesso che passeggiare sulle Madonie in piena fioritura... Dico io, ma giusto è?
Che niente-niente, inquinato il mare, ci restava tanticchia di ciavuru e, invece, pure questo si lu futtiu Milanu?
Fortuna mia, consolazione mi venne dai pomodori.
Sì, dai pomodori.
Con la scusa dell'Expo non potete nemmeno immaginare quanti supermercati abbiano aperto. Beh! supermercati, in realtà si tratta di location di alto profilo arredati con alberi d'ulivo sospesi, con cibo sconosciuto in bella mostra e cassette di ortaggi e frutta che manco Guttuso avrebbe potuto pitturare meglio.
Mentre passeggio, costernata e quasi affranta (memore di cosa profumi adesso la mia Sicilia), ti avvisto il pomodoro, scusate volevo dire il pomo D'ORO, e si perché il cartellino recita così Pomodoro di Sicilia € 9,80 al chilo.
9,80 euro al chilo?
Capisco che il trasporto incida, ma c'è da chiedersi: a chi hanno affidato la consegna, agli scafisti?
Ho fatto il mio pranzo (doveroso) all'Eataly. La catena di ristorazione che all'interno racchiude, per l'appunto, tutta la tradizione regionale italiana. Devo ammettere che qui, con i prezzi, ci salviamo. Sono normali. Cosa che a Milano è quanto dire.
Giovedì mattina 28 maggio si parte per la missione EXPO. Prendiamo la linea rossa della metropolitana Rho fiera (biglietto 5 euro andata e ritorno).
Scendiamo al capolinea che l'Expo è ancora chiusa, cioè poco prima delle dieci. La folla è già assiepata e anche se il biglietto lo abbiamo già comprato via internet (25,00 euro) non possiamo evitare la prima lunga coda. Entriamo come fossimo all'imbarco in aeroporto. Dobbiamo posare borse, toglierci le cinture dai pantaloni, gli orologi dai polsi, posare chiavi ed eventuali liquidi che teniamo in borsa, nelle apposite vaschette. Il metal detector ci lascia passare dopo una buona mezz'ora.
A parte scherzi e ciance inutili dobbiamo ammettere che la presenza del cibo all'Expo è alquanto relativa. Il trionfo, infatti, spetta all'architettura e alla digitalizzazione, un connubio che ti lascia con un senso di totale sbandamento. Se qualcuno di voi ha memoria di barzellette dove sono presenti Americani e Italiani ha già capito di cosa parlo. Gli Americani, si sa, fanno sempre le cose in grande e in grande, solo che, questa volta, le cose in grande le hanno fatte gli Italiani.
Ma, ahimè eccoti la pecca!
Dopo cotanta spesa e profusione d'ingegnosità non si capisce come mai non abbiano messo un paio di navette a fare da spola tra l'ingresso e i padiglioni (si possono raggiungere solo a piedi percorrendo circa mezzo chilometro prima di arrivare all'area Expo e poi camminare ancora per un altro chilometro e mezzo per un minimo di visite ai singoli padiglioni). Inutile lamentarsi, meglio camminare e vedere ciò che si vuol vedere.
Anche su questa scelta, però, c'è da precisare. Infatti non ci sarà possibile vedere ciò che vogliamo, ma solo ciò che alla fine ci verrà di passaggio perché già stanchi, anzi sfiniti da un paio di file e la lunga camminata, non avremo affatto voglia né addentrarci nelle traverse interne né di fare ancora lunghe code (una tabella digitale all'esterno del padiglione Giapponese diceva chiaramente: attesa minima 50 minuti. E questa è la norma).
La mia non è una critica, casomai manifesta un grande rammarico, perché, in un giorno intero ho potuto visitare solo i padiglioni di Germania, Colombia, Vietnam, Francia, Austria, Svizzera e (irrinunciabile per chiunque voglia vedere l'Expo) il PADIGLIONE ZERO.
Sono rimasta colpita dalla "personalità" di ogni Nazione che ha fatto mostra delle proprie meraviglie con filmati multimediali, con tecnologie all'avanguardia (Germania e Colombia) puntando sulla proprie caratteristiche naturali (Austria) sull'evoluzione comune e comunitaria che ha avuto il mondo (padiglione zero). Ho visto anche l'esterno del padiglione Nepal, rimasto incompleto per via dello sfortunato terremoto.
Alla fine il cibo dov'è?
Esclusi i ristoranti nati come tali, ogni padiglione ha, alla fine del percorso, un bancone (tipo bar) lungo non più di tre/quattro metri dove troneggiano poche pietanze tipiche. Noi ci siamo cibati al padiglione Austria comprando una vaschetta con UNA polpetta di riso al forno (dimensione delle nostre usuali polpette), una cucchiaiata di funghi trifolati e una pennellata di salsa olandese. Il tutto per 6 euro a porzione. In compenso maledettamente buono.
Scrivere un pezzo per il mio amato blog, non mi riesce facile. Dovrei farlo a puntate, ma non è lo stile che adottiamo, quindi, ai lettori, do un solo consiglio: se volete andare a visitare l'Expo, armatevi di pazienza e speranza, in fondo per affrontare opere mostruosamente grandi sono queste le sole cose che servono.
Io ringrazio Cristiana e Stefano, Carla e Silvia per averci fatto da guida (senza di loro non avremmo visto nemmeno questo).