Il 20/9/15 intorno alle dieci una Kangoo rossa, con tre persone dentro, chiede ad uno dello ZEN (quartiere popolare di Palermo) dove si trova la Chiesa di San Filippo Neri (in prossimità l'incontro organizzato da Arci, Maghweb e altre entità).
Chi? i bancarelli? Girato l'angolo!
Lo ha detto con un sorriso ironico che sottointendeva tanto.
Il solito sfottò, abbiamo pensato.
Siamo arrivati, abbiamo montato il ns stand. Subito sono arrivati i bambini per disegnare e colorare.
I genitori ce li hanno affidati, poi sarebbero passati a riprenderli.
Durante la giornata i ragazzi organizzatori hanno riso, scherzato, ballato.
C'è stato un flash mob.
Noi abbiamo avuto la compagnia perenne di una bambina del luogo, C., che ci ha raccontato un po' di sé, ci ha chiesto di farle tanti disegni - principesse, galline, pesci.
Pensavamo non fosse della zona, parla un italiano perfetto. E invece no, C. abita lì, ha pranzato con noi, nel pomeriggio la madre è venuta a controllare che tutto fosse a posto, lei ha salutato ed è rimasta a comandarci - sì, dopo un po' eravamo tutti suoi dipendenti.
Poi è venuta giù la pioggia. I ragazzi si sono spostati sotto il portico, noi siamo andati via, perdendoci nel labirinto di tante strade costeggiate da case che già sul progetto dell'ideatore dovevano sembrare brutte.
Lo Zen non puoi descriverlo, solo vederlo.
Come quelli delle bancarelle, siamo arrivati, abbiamo trascorso un paio di ore, e siamo andati via.
C. domani farà la solita vita. Noi pure. Lo Zen resterà così com'è, che a cambiarlo ci vorrebbero idee ancor prima che soldi.
A cosa è servito montare una bancarella?
Forse a far vedere che c'è gente diversa da quella che vive lo Zen come quel Far West di cui conosciamo solo la versione dei film americani.
(C. tappezzerà la sua stanza con i nostri disegni. Oppure no.)
Giorgio D'Amato