Giulio Mozzi legge manoscritti per mestiere ed è interessante conoscere il suo giudizio sulle opere che arrivano presso la casa editrice per la quale lavora. Lui, in questi ultimi anni, ha avuto modo di osservare da vicino il nuovo modo di scrivere, le nuove di tendenze, lo stile, la qualità della scrittura, ecc ecc. Sa bene che non tutto ciò che è buono viene pubblicato, e sa bene che non tutto ciò che viene pubblicato è buono. Lui stila una sorta di statistica, su come scrivono gli uomini, le donne. Le motivazioni che spingono gli uni e le altre. Ho trovato particolarmente interessante il suo commento sulla narrativa siciliana, tanto più che a questa ha riservato un posto a sé.
La narrativa siciliana. Devo fare una premessa. Sono personalmente convinto che la
narrativa siciliana non sia una parte della narrativa italiana, ma sia
un’entità a sé stante. Questo ovviamente non è un giudizio di valore (se lo è,
è un giudizio di valore positivo) né un invito al separatismo. Dalla Sicilia mi
giungono narrazioni scritte da ventenni con la sicurezza stilistica dello
scrittore maturo; narrazioni che si tengono in piedi per la sola forza dello
stile (e che forza!); narrazioni piene di pietre, di mani, di arbusti, di albe
e tramonti, di venti, di paesi, di fichidindia, di mare, di capre (in sostanza:
piene di cose non fatte dall’uomo). Narrazioni scritte in un italiano perfetto,
nitido e fiammeggiante. Narrazioni delle quali, tuttavia, spesso stento a
capire di che cosa parlino. Mi sembra che mi giungano frammenti, tanti
frammenti, di un interminabile epos della luce e delle cose. Difronte a queste narrazioni, che spesso ammiro, il mio
sconcerto è grande. (da Giulio Mozzi)
Adelaide J.Pellitteri
Adelaide J.Pellitteri