Da ieri sera passano sul web e sugli altri mezzi di comunicazione alcuni frammenti di interviste ad Umberto Eco che è morto ieri a 84 anni; a parte il fatto che, quando muoiono certe persone, che hai conosciuto e che hanno accompagnato la tua vita ti senti morire anche tu un poco, volevo commentare una delle sue affermazioni; quella che la memoria è , in sostanza, la polpa del nostro essere, l’anima, quella cosa, appunto che ci “anima”, ci fa muovere e esistere nel mondo; e che dunque senza memoria saremmo gusci vuoti; è sicuro che lui si riferisce, non solamente alla memoria individuale, ma anche a quella collettiva che ci fa, tutti insieme “anima del mondo”. Ci sono, comunque, ricordi che uniscono e ricordi che separano, quest’ultimi sono secondo me elaborazioni che necessariamente si legano al tempo e allo spazio, alla contingenza, e alla possibilità di ognuno di noi di scegliere i propri punti di approdo e di riferimento. C’è un altro inghippo in questa cosa: le mediazioni che necessariamente si pongono fra noi e le cose, fra noi e la realtà, quando questa non la viviamo in prima persona, ma da lontano; la cosa è addirittura molto più complicata di come io la pongo; anche la cultura accumulata nelle cose che ci circondano possono mentirci a volte, quando alcune cose che noi facciamo smettono di essere quello che noi intendevamo fossero e diventano altro; ad esempio quando le opere d’arte smettono di essere solo arte e diventano merce.
La memoria subisce delle suggestioni che non sempre aiutano, non contribuiscono a fare della memoria un patrimonio necessario a cui attingere; qualcosa di sicuro e di prezioso, come invece può essere la memoria personale, nostra, della nostra famiglia, quella memoria che, più di ogni altra esperienza, ci rende persone pensanti individualmente. Su questo però volevo dire qualcosa: credo che la memoria non basti, non è sufficiente a renderci persone “animate”, in quanto la memoria può passare su di noi, a volte, senza entrarci dentro; proprio come l’acqua che scorre su una superficie liscia e impermeabile; non sono in grado di dire che cosa sia, anche se un’idea me la sono fatta e potrei anche fare riferimenti scientifici a riguardo: c’entra quello che chiamiamo “carattere”, una specie di scorza più o meno porosa che accoglie le nostre impressioni e le elabora in modo individuale contribuendo a rendere ciascuno di noi persone assolutamente “uniche” .
Penso anch'io che la memoria sia la nostra anima; un’anima che difficilmente però può essere pacificata; essa è invece il luogo dei tormenti. Essa è il luogo degli scontri tra le innumerevoli impressioni che ci giungono dal mondo che ci contiene; le mille spade che da bambina vedevo conficcate nel cuore della Madonna la notte del venerdì Santo, quando mia madre restava in veglia con le sue amiche a pregare fino all’alba; lei, inconsapevole di farlo a nome di tutti noi, dedicava quella veglia al suo figlio andato a lavorare in una terra straniera, lontano.
P.S.
Ringrazio Umberto Eco per avermi stamani ispirato questa riflessione, come d’altronde ha fatto in diverse occasioni. Come tanti di voi, il primo libro che ho letto di Eco fu “Il nome della rosa”. Poco tempo dopo, trovandomi a Cambridge, assistetti ad una grande esposizione del suo libro tradotto in inglese all’Università; trovandomi lì per programmare la mia tesi di laurea, mi ero messa in testa di incontrarlo, ma dopo due giorni di vana attesa dovetti accontentarmi di leggere qualche suo suggerimento (che poi non seguii, per varie ragioni) tratto da un suo libro “Come si fa una tesi di Laurea”
Molti anni dopo ho finalmente letto “Il pendolo di Foucault “ uno dei libri che mi arrivò in casa con mio marito quando mi sposai, ma che nessuno dei due osava leggere; scelsi il momento migliore, durante la mia fase di “ritorno alla spiritualità” , ma dopo aver letto “Dona Flor e i suoi due mariti” del brasiliano Jorge Amado che mi aveva fatto conoscere in modo gioioso la religiosità animistica del sud America; due libri diversissimi, ma che avevano in comune, secondo me, molte cose, primo fra tutti l’ironia, il Brasile ( un po’ per quanto riguarda Eco) e quel discorso, fra l’ironico e il faceto sulle cose spirituali.
Ad Umberto Eco, un grazie, nonostante tutto.
Rosa La Camera