Sono una sbadata l'ammetto, e spesso perdo le cose; una volta nella differenziata ho messo una
scatola nera che mi dava molto fastidio vedere in giro; poi mi sono ricordata
che conteneva alcuni oggetti d'oro che non mettevo da tempo. Non ci feci molto
caso. A casa però ho degli oggetti a cui tengo molto a prescindere del loro
valore: qualche mobile di mia madre, qualche suppellettile, in particolare una
coppetta di rame, piccola ma con una storia molto importante; pezzi di
biancheria ricamata da mia sorella. Poche cose che voglio tenere con me fino
alla fine. Oggetti d'amore e di memoria. Fra queste cose care ci sta pure la
mia bicicletta.
Una bicicletta vecchia di quarant'anni ormai, che ha perso tutte le sue belle cromature e buona parte dei parafanghi; il cambio è da tanto tempo bloccato in una sola posizione e mi concede un'andatura lenta ma sostenuta, mi sorregge bene nelle discese spericolate che azzardo ancora, ogni tanto, nei momenti di maggiore entusiasmo. In realtà quando ci salgo dimentico la mia età e mi sento ancora quella ragazzina caparbia che dopo mesi e mesi di collette familiari un giorno entrò nel negozio di biciclette in via Carà e si comprò da sola la sua prima bicicletta.
Una bicicletta vecchia di quarant'anni ormai, che ha perso tutte le sue belle cromature e buona parte dei parafanghi; il cambio è da tanto tempo bloccato in una sola posizione e mi concede un'andatura lenta ma sostenuta, mi sorregge bene nelle discese spericolate che azzardo ancora, ogni tanto, nei momenti di maggiore entusiasmo. In realtà quando ci salgo dimentico la mia età e mi sento ancora quella ragazzina caparbia che dopo mesi e mesi di collette familiari un giorno entrò nel negozio di biciclette in via Carà e si comprò da sola la sua prima bicicletta.
Qualche giorno fa la bici mi è stata rubata.
Ma stavolta non l'avevo voluto; non l'avevo persa di vista,
l'avevo guardata di tanto in tanto; lei era sempre lì, paziente e fedele come
sempre, in attesa. Io la ricambiavo. Non potevo crederci, era tutto finito. Ho
vagato invano fra le strade del quartiere e ho interrogato i passanti che mi
rispondevano vaghi e scocciati. Non potevano sapere che improvvisamente sotto
di me si era aperta una breccia che ha risucchiato in un attimo una parte della
mia vita e mi ha lasciata più sola. Una
parte di me se ne era definitivamente andata chissà dove, anzi, come succede ai
bambini che pensano che quello che non vedono non esiste più, così, in
quell'attimo, ma anche dopo nelle ore che seguirono, ho avuto la sensazione che
non ci fosse più quella parte di me. Cos'era?
Un oggetto; un semplice ammasso di ferro ed alluminio , due ruote un
manubrio e...nient'altro.
Nei giorni seguenti
sono tornata a cercarla ancora; sempre lì, sono tornata, nello stesso posto e
mi sono seduta ad aspettare. Fino a stamattina dopo aver accompagnato in
macchina mia figlia a scuola, sono passata dalla strada, sono scesa a parlare
con il fruttivendolo al quale ho raccontato una storia banale, ma poi gli ho
sentito dire: "Signora, la capisco. Se dovessimo vederla..lei ritorni
domani."
All'uscita della scuola alcuni ragazzi aspettano i genitori;
mia figlia vede entrare dei ragazzi in bicicletta, fanno un giro nel cortile e
le passano accanto; si fermano e lei :"bella bici...ma quella ...è la bici
di mia madre!"
La bici è tornata a casa. E' tornata da me.
Rosa La Camera