In un paese non molto lontano da qui, tanto tempo fa, un
vitello pascolava tra l'erba alta, e si scrollava di dosso un drappo bianco,
mentre intorno si rinfrescava l'aria, dopo ore di ferro e fuoco. Non sapeva che
quel giorno lui, proprio lui, stava partecipando ad un evento storico e il
sapore del magatello, per merito suo e della fantasia di un maresciallo
dell'esercito francese, sarebbe arrivato fino a noi.
Era il Primo anno del XVIII secolo e da quelle parti, in
Italia, il Maresciallo François Duca Di
Villeroy era stato mandato da Luigi XIV, re di Francia, a far battaglia. Non
importa che guerra o che bastione abbia conquistato, perchè il Maresciallo Di
Villeroy di questa storia non è il valoroso eroe che tutti conosciamo, ma
l'eroe del palato e della cucina, francese di nascita, ed Italiano di adozione.
Innamorato della cucina, in Italia il giovane François si dedicava
svogliatamente, anche se valorosamente, alle campagne d'invasione in nome del
Re Sole. Si racconta che preferisse di gran lunga conquistare le colline piene
di vigneti ed alberi da frutto, le baite di montagna dove ardeva un focolare
gustoso di cibi antichi e succulenti che venivano dalla terra, piuttosto che
asservire popolazioni ed acquisire territori alla Francia. I suoi diari
riportano scarne descrizioni di battaglie ma vivide immagini di ricette carpite
alle contadine. Pagine e pagine piene di salse e budini, arrosti e
pastasciutte. Il Marchese di Villeroy era un uomo di alto lignaggio abituato
alla sofisticata cucina Parigina, e le ricette contadine e veraci raccolte dal
popolo, che gustava cos'ì com'erano, amava rielaborarle, progettando di
riproporle a Parigi, per il piacere di una tavolata di sofisticati amici. La
sua vera creatività, che lo portò tra le stelle più fulgide del cielo di
Francia, si manifestò in questo, non certo sui campi di battaglia, dove per
tirare un colpo di sciabola non ci voleva molta fantasia. Al Maresciallo capitò
un giorno di assaggiare una cotoletta, detta "alla milanese".
Pietanza prelibata e ricca, non certo contadina. Nelle campagne povere e
desolate d'Italia, non era comune mangiare un piatto a base di carne, ed i buoi
vivevano relativamente sereni, dediti tutt'al più ai lavori dei campi. A
quell'epoca un bue per famiglia serviva per i campi, ed una mucca per il latte.
Villeroy fu invitato da un signorotto locale, mentre si trovava in Italia per
la guerra di successione spagnola, e fu organizzato per lui un banchetto
ricchissimo. Il Marchese, buona forchetta, riempì piatti e piatti di
prelibatezze e gustò tutto con piacere, ma quando gli fu presentata la
cotoletta alla milanese le sue papille gustative andarono in tilt : il sapore
di quella fettina fritta rimbalzava da una papilla all'altra e segnava mille punti e bonus ad ogni
contatto, come la pallina di un flipper. Solo che le esclamazioni di godimento
di François Di Villeroy erano più forti delle sirene del Big Strike, mentre i
suoi occhi lampegiavano e roteavano di piacere. Fu una folgorazione. Volle
subito parlare con il cuoco e pretese di ottenere la ricetta, seduta stante.
Passò la notte a rielaborare e complicare magistralmente quel piatto delizioso,
ma in fondo semplice, e al sorgere del sole uscì per andare in battaglia,
obbligato dal suo rango. Era svogliato, quando si accese la guerra in un campo
vicino la città, e tutto il giorno scesero fendenti dalla sua spada, senza
convinzione. Nemmeno si accorse di aver quasi soggiogato il nemico, tanto era col
pensiero alla sua ricetta da completare. Mancava un tocco finale, qualcosa di
geniale, il segreto dello Chef. Fu lì, sul finire della aspra disputa, che il
Marchese ebbe una catarsi creativa,
mentre le ultime difese degli avversari venivano abbattute. Dal fondo
del campo vide un vitello avanzare : gli avversari avevano mandato avanti la
bandiera bianca, distesa sulla schiena dell'animale. Quando fu arrivato davanti
al Maresciallo , sul prato, in mezzo alla battaglia, il quadrupede lo guardò
negli occhi e lui pure lo guardò. Non sappiamo cosa vide e comprese il
vitello, ma il Villeroy vide e capì
niente altro che la SUA cotoletta : una fettina di magatello di bovino,
ricoperta da uno strato bianco che immaginò essere salsa bechamelle. Si, la
cotoletta alla Villeroy venne concepita ideata immaginata in guerra, guardando
una bestia coinvolta suo malgrado, mentre i proiettili sfrecciavano le
baionette colpivano e gli uomini cadevano. François tornò al suo alloggio
sentendosi davvero vittorioso, e non per la contesa. Sporco infangato e stanco,
quella sera non scrisse sul suo diario alcun resoconto della battaglia, ma , in
piena pagina, la ricetta della Cotoletta alla Villeroy, Maresciallo di Francia,
come potete leggerla in ogni manuale di Alta Cucina, anche dei più recenti.
Dosi per 10 persone
20 Fettine di magatello (mezzo dito di spessore e larghe quanto un piattino da frutta)
Pangrattato 150 gr
Farina 400 gr
Formaggio grattugiato 100 gr
Uova 5
Burro 100 gr
Latte mezzo litro
Sale qb
Noce moscata qb
Olio d'oliva per friggere 1,5 litri
Con la farina, il burro ed il latte, preparate una salsa Bechamelle molto densa, insaporita con formaggio grattugiato e noce moscata qb. A fine cottura, stendete la salsa calda su un piano di marmo, livellatela con uno spessore di circa mezzo centimetro, e lasciatela raffreddare per circa 2 ore. Quando la salsa Bechamelle sarà diventata solida e fredda, tagliatela in fette proporzionate alle fettine di magatello che avete preparato, di modo che lo strato di bechamelle resti dentro il bordo della fettina, di almeno 0,25 cm per lato.
Adagiate una fettina di bechamelle sopra ogni fetta di magatello inumidita con acqua, affinchè aderisca bene. Passate ogni fettina nella farina, salata qb, poi nell' uovo intero, battuto e salato qb, ed infine nel pangrattato salato qb.
Quando avrete tutte le fettine pronte, Friggetele in abbondante olio d'oliva. Servire caldissime.
Monica Sapio