martedì 24 marzo 2015

Il sognalibro

… quando l’ozio non è padre del vizio

Mi chiamo Serena, ho 33 anni. Sono una mamma. Casalinga non per scelta, ma perché dopo una laurea in Lingue e Letterature Straniere, saltellando tra un lavoretto e l’altro, troppo indecisa su “cosa farò da grande”, non ho fatto niente. Almeno finora… Questo c’entra e non c’entra col club perché, se avessi avuto un lavoro vero (o meglio, un lavoro considerato tale) forse oggi Il Sognalibro non esisterebbe.
Essendo mamma e casalinga, non ho molto tempo per guardare la tv. In realtà l’accendo di rado, sia perché non mi piace (ebbene sì: casalinga non equivale necessariamente a cerebrolesachesistordisceconladursoeaffini) sia perché, nella maggior parte dei casi, è sintonizzata su canali di cartoni animati (ebbene sì: mamma non equivale solo a daigiochiamotuttoilgiornotuttiigiorniinmodosanoecostruttivo).
Un pomeriggio di circa un anno fa, però, mia figlia – stranamente – dormiva. Io – stranamente – non avevo niente da fare e – ancor più stranamente – ho acceso il televisore. Ho cominciato a fare zapping alla ricerca annoiata e sfiduciata di un film. Mi sono imbattuta in un filmetto, credo americano (ho riconosciuto il viso di un’attrice che probabilmente faceva una sit-com secoli fa), che aveva per protagonisti degli studenti universitari. Una di loro (quella forsedellasit) s’incontra con delle amiche per il consueto appuntamento del club del libro e invita un tizio, il tipico collega sfigato-ma-carino e per di più amante della lettura proprio come lei (che nella vita reale è l’utopia di molte secchione carine-ma-sfigate). Per me il film, che doveva essere iniziato da più di mezz’ora, e che di certo aveva ben altra trama che il club del libro, comincia e finisce qui. Faccio ancora un po’ di zapping, dopo 3 o 4 minuti la grossa cornice di plastica nera e materiali non meglio identificati appesa al muro smette di esercitare su di me ogni fascino, la spengo e mi dedico ad altro.
Qualche giorno dopo mi collego a Facebook e leggo la consueta impersonale domanda che si pretende intima e amichevole: - A cosa stai pensando? – ci rifletto un attimo e poi scrivo sul mio diario virtuale: - A tutti i miei contatti: mi frulla per la testa di organizzare un club del libro… - e spiego anche come lo vorrei impostare. Avrò ricevuto sì e no 2 o 3 mi piace e un paio di commenti insulsi. Solo una persona – vera, in carne e ossa – di cui posso affermare l’esistenza oltre lo schermo perché si tratta di una mia ex-compagna di liceo, si mostra entusiasta dell’idea. Con un’altra, che aveva messo solo il mi piace, ho dovuto combattere per convincerla a superare la timidezza. Ancora l’idea del club era piuttosto fumosa, ma l’unica certezza era che volevo un gruppo di persone VERE, da incontrare fisicamente e con le quali avere uno scambio dal vivo.
Passa qualche altro giorno, il mio post giace nell’indifferenza dei miei circa 100 contatti. Posto di nuovo lo stesso stato. Stavolta all’entusiasmo della prima amica che aveva già commentato in precedenza, si uniscono altre due (la timida, di cui sopra, e l’accollativa). Creo l’evento su Facebook, ci diamo da fare, invitando un gran numero di gente, tra amici e amici degli amici. Nel frattempo abbiamo usato il passaparola con altri conoscenti allergici alle “reti sociali”, ma fiduciosi in un percorso di lettura condivisa.
Il luogo scelto per il primo incontro, quello che ho chiamato “Per rompere il ghiaccio…” è La Feltrinelli a Palermo, il posto ideale per abbozzare il futuro del club, respirando gli odori provenienti dalla caffetteria e buttando lo sguardo verso qualche titolo sugli scaffali che accomuni questo gruppo di quasi-estranei. Quel giorno siamo in 8. Le prime regole su cui ci troviamo tutti d’accordo sono poche: si sceglie un libro, lo si legge (ognuno per conto proprio), dopo un mese ci s’incontra e lo si commenta, per poi sceglierne un altro e così via.
Pian piano abbiamo aggiunto e modificato le regole, per esempio il metodo per scegliere il libro da leggere: per un periodo ognuno ne proponeva 3 in base al gusto personale, purché fossero testi che nessuno avesse già letto (compreso il proponente) e poi si faceva il sorteggio di un titolo tra tutti quelli nella lista risultante. Col passare del tempo, visto che la fortuna premiava spesso le stesse persone, si è pensato che, per dare a tutti il piacere di condividere una propria preferenza, ma anche per allargare l’orizzonte letterario di tutti e conoscere generi che magari singolarmente non si erano mai affrontati, abbiamo deciso che a turno fosse un solo socio a candidare tre titoli da mettere ai voti.
Forse, detta così, sembra una faccenda seriosa e arzigogolata, ma in realtà è tutto molto divertente: siamo un gruppo eterogeneo, persone accomunate dall’interesse per la lettura che condividono del tempo di qualità. C’è l’appassionato di noir, l’amante del fantasy, quella che predilige i romanzi d’amore, l’altra che ripete “per me va bene tutto purché sia scorrevole”, la bulimica che ha sempre fame delle letture più disparate… C’incontriamo a casa, di volta in volta chi vuole ospita il gruppo e ci si confronta sui libri, su cosa ci hanno lasciato, sullo stile in cui sono scritti, se sono attuali… che bella cosa! Sapete quante chiavi di lettura si possono avere di un solo libro? Non amo le frasi fatte, ma devo ammettere che davvero la condivisione arricchisce tantissimo (parola di una che non guadagna un soldo!).
Noi, il nome al club lo abbiamo dato quasi subito, dopo il primo incontro. Sembra una banalità, ma è importante identificare il gruppo cui si dà vita, si sente di appartenere a qualcosa di meno astratto e si ha un maggiore senso di responsabilità verso gli altri componenti. Ci chiamiamo Il Sognalibro, siamo una ventina e il 30 marzo compiremo un anno.
Ricordatevi che, per organizzare un club del genere, non bisogna essere degli intellettuali. Ognuno contribuisce con la propria sensibilità e capacità, senza grosse pretese o aspettative.
 In ultimo voglio sottolineare che l’uso dei social network è utile e positivo se finalizzato a creare legami sociali REALI, anziché luoghi virtuali dove si è soli, sebbene si abbiano centinaia di amici che sono solo contatti fantomatici ed evanescenti che spariscono appena ci disconnettiamo.

Serena Giattina