martedì 21 aprile 2015

Io non sono il migrante





Io non sono il migrante, non sono l'annegato a pancia in su che galleggia nel Canale di Sicilia o al largo delle coste della Libia nel vecchio mar Mediterraneo, né la madre, né la sorella dalla pelle scura, non sono nemmeno la bambina che è rimasta incastrata dentro un ventre rinsecchito e non è nata.
Io non salgo su barconi dove gli esseri umani sono stipati sino all'inverosimile e dividono la paura e la speranza, la masticano con gli stessi denti. La tua o la mia morte. E non sono neppure lo scafista, la guida verso una terra che non può promettere niente a nessuno, neanche a me, pensa un po'!
Al massimo io sono la nipote o la bisnipote di un migrante. - Ma cosa vai blaterando, vorresti paragonare i nostri emigranti a questi qua? Vuoi dire che  il tuo bisnonno che partì alla volta dell'America nei primi del '900 perché qui si puzzava di fame a queste bestie pidocchiose era come loro?
Questa è gente che non vuol fare nulla, dei parassiti, bisognerebbe sparare loro addosso, sono questi i consigli della pitonessa e di Salvini, gente pulita, ricca, i parassiti moderni, gente che fa politica.
Bestie, si perché nelle carceri durante l'ora d'aria puoi sentire: apri le gabbie! Fai uscire le bestie nere!
I nostri avi sono partiti portandosi appresso la truscia o la famosa valigia di cartone in condizioni simili, anch'essi furono controllati, marchiati e stipati dentro casermoni e divennero l'ossatura operaia di quei paesi dove furono impiegati nei lavori più duri.
Il lavoro è l'unica via d'uscita, e invece cosa abbiamo noi?
Noi abbiamo compreso che è più conveniente affamare un continente, tenerlo in uno stato perenne di guerre e conflitti, privarlo delle risorse naturali, e farne un serbatoio di fanatici affamati, assetati e malati. L'Africa il buco nero del pianeta.

Settecento, caspita gran numero, grande indignazione, grande sgomento.
Noi non siamo il migrante, noi siamo invece quelli che si indignano, si preoccupano, (ci porteranno le vecchie malattie) e che poi vanno con le puttane nere, quelli che a servizio hanno le persone di colore perché loro fanno tutto. Noi siamo la politica che specula sui campi dei Rom, sui centri di accoglienza (abbiamo avuto grandi maestri in questo), noi siamo quelli che a Lampedusa ci andiamo perché il mare dell'isola dei conigli è il più cristallino che ci sia.
Settecento, ci metteremo qualche telegiornale in più, un altro plastico di Bruno Vespa, ma ce lo scorderemo, questione di giorni o di distrazione mediatica.
Questa estate quando faremo il nostro bagno ristoratore al mare teniamo la bocca ben chiusa, attenti a non ingoiare l'acqua, in quella stessa acqua hanno galleggiato dal 2003 in poi almeno 1899 cadaveri. E' un numero impreciso, e voglio ricordare a me stessa che ogni numero era una persona.

Adele Musso 


Quello è mio fratello
sfila sulla passerella della morte.

Sognava un campo verde ed un pallone,
non aveva scarpe buone, le gambe quelle, si.
Quella è mia sorella,
mani piccole, palmi bianchi,
le sento ancora sul mio viso.
I suoi capelli intrecciano alghe stanche.
Quello è il mio amore. 
Occhi rovesciati sul nulla, non mi guarda più
l'uscio è rotto.
Quello? 
Quello sono io avvolto nella carta stagnola
sulla banchina grigia.
Il cuore nero
come la pelle che ha imprigionato il mio futuro.