Sandro Camilleri, LA LEGGE D’INSTABILITÀ
pagine 231, brossura
antisismica,
Stordito editore, 2015.
L’ultima fatica di Sandro
Camilleri (scrittore cugino di Andrea, ma non per questo degno di attenzione,
n.d.a.) in cui l’autore costruisce una trama esile sorretta da una struttura
leggera che poggia sul terreno incoerente franoso e contraddittorio della
narrativa poliziesca d’evasione, con particolare cura per l’aspetto
gastronomico.
Quando la sveglia ha
svegliato l’ispettore Montalcino a pagina cinquantadue, si sono lette già pagine
su pagine di scivoloni, macchie di sugo, schizzi d’olio e di sangue, più un
pericoloso cuoco cannibale asserragliato nella cucina del ristorante
italo-indiano Beemboo Grasshawtchioo, ma nessuno ha avvertito l’ispettore.
Camilleri (Sandro, il cugino)
imbocca la porta del ristorante e si trova a scansare i cocci di un vassoio
appena distrutto dal cameriere indo-italiano maldestro (Sai-Mario, si chiama il
cameriere), poi dribbla un paio di sedie fuori posto e inciampa sul cadavere
dell’ultima vittima, una escort fiorentina, con patate al forno.
Appare subito evidente, anche
agli occhi del lettore meno attento, che l’autore (Camilleri, però Sandro) si è
imbucato al ristorante al posto dell’ispettore. Il loro sodalizio professionale,
duraturo e ricco di soddisfazioni, ultimamente accusa dei segni d’instabilità.
Tremano i fans e cercano di accaparrarsi quante più copie autografate, tremano
i librai che vedono diminuire le prospettive di guadagno legato a un
prevedibile imminente calo delle vendite. Tremano i tipografi per il
fermo-macchina obbligato a causa della tiratura ridotta voluta dall’editore
(Carlo Stordito, reduce da una famiglia di tipografi/editori, amante
irriducibile del finocchietto selvatico e dei portachiavi a forma di bara, ma
non siamo qui per questo). Trema l’editore Stordito che pregusta l’amaro di un
mancato ricavo dovuto alla mancata distribuzione per la mancata stampa di un
libro mancato. Tutti tremano, le vibrazioni si avvertono in modo netto, i
clienti del ristorante si appoggiano l’uno contro l’altro, tentano di
mantenersi saldi alla sedia, il pavimento oscilla, entra in risonanza, inizia a
cedere in più punti, qualcuno perde l’equilibrio, anche il cameriere indo-italiano
(Sai-Mario) cerca un baricentro impossibile stringendo a due mani il vassoio,
ma è tutto inutile, non ce la fa.
Camilleri
(Sandro) al tavolo ha mangiato tutti i grissini, gioca con il tovagliolo,
aspetta di fare l’ordinazione. Vengono giù dalle mensole i candelabri di peltro
le bottiglie di vino d’annata, lui sembra l’unico a non preoccuparsene, anzi fa
il figo e ordina un soufflé allo zenzero - tsentseropheeneetaw, dice Sai-Mario
in indo-italiano - quindi ripiega sul piatto del giorno, una succulenta fiorentina
con patate al forno. Il cameriere prende l’appunto, il cuoco in cucina se la
ride. Fuori dal libro e dal ristorante ritroviamo Montalcino, che ha battuto il
ginocchio contro il paraurti di una macchina parcheggiata, smoccola per un paio
di pagine, poi torna a casa zoppicando.
Anche questa volta Sandro
Camilleri (per l’appunto) ci lascia sazi ma perplessi, con una storia che fa
riflettere sull’instabilità della psiche umana, e sui meccanismi delicati e
misteriosi che regolano la sensazione di fame e la lucidità mentale. Tremiamo
anche noi, in attesa della sua prossima fatica.
Raimondo Quagliana per AAS Magazine