Sandro Camilleri, IL VITELLO
GRASSO
pagine 235, brossura vegetale
edibile,
Stordito editore, 2015.
L’ultima fatica di Sandro
Camilleri (cugino di Andrea, che ha fatto della popolarità il suo punto di
forza, n.d.a.), siamo in un paese di provincia, quale sia la provincia non è
specificato, ma ha poca importanza dato che ormai sono state tutte abolite.
Camilleri (Sandro) ha sempre
vissuto in un piccolo paese sulla costa siciliana, anche se poi si è trasferito
ancora bambino nel capoluogo, lasciando con grande rammarico gli amichetti del
pallone e la sua stanzetta di provincia, forse più di un cuoricino infranto tra
le compagnette di asilo, ma andiamo avanti.
Il macellaio più conosciuto e
corpulento della città, tale Vincenzo Vitello (il cognome può sembrare frutto
di un banale e scontato giochetto di parole e invece Camilleri - sempre Sandro -
riferisce essere vero), il macellaio, dicevamo, una mattina trova davanti alla
porta di casa sua la testa mozzata di una pecora. Tra le scene teatrali di
raccapriccio generale sospetta che si tratti di un avvertimento che puzza di
carogna, quindi dopo avere servito gli ultimi clienti corre a denunciare il
fatto alla polizia.
L’ispettore Montalcino, che
per pura casualità si trova nella cittadina sulle tracce di uno sconosciuto che
si ostina a chiedere soldi agli sconosciuti, viene incaricato di dare
un’occhiata alla faccenda. Prende un appuntamento con il Vitello per l’indomani
mattina di fronte al macello comunale, ma quando si reca sul posto trova il
Vitello morto ammazzato, avvolto con cura nella pancetta con rametti di
rosmarino e un mezzo limone in bocca, infilzato in uno spiedo, tutto ben legato
che è un piacere a guardarlo. Il messaggio è più che eloquente, ma il vero
messaggio, di carta scritta, si trova piegato nella tasca della vittima
imporchettata, "AbBiamo SCannAto il ViteLLo GRassO", firmato da un sedicente gruppo RicetteVegan.
I soliti ricettatori di
provincia, pensa Montalcino (che in vita sua, a detta del suo biografo - di cui
ignoriamo l’identità - non ha mai frequentato gente meno che carnivora, al
massimo intollerante ai latticini più stagionati).
Qui è costretto a intervenire
l’autore in persona (Camilleri, però Sandro) per fargli notare che si tratta di
un’organizzazione vegana che da un paio di mesi consuma delitti efferati nella
zona, pur evitando scrupolosamente di consumare derivati animali. Montalcino
cade dalle nuvole, come sempre è stato tenuto all’oscuro di tutti i movimenti
criminosi e tante altre questioni che non ha nessuna voglia di elencare. È
chiaro che l’esistenza di un killer così spietato da usare lo spiedo come
arma del delitto rende molto nebulosa qualsiasi spiegazione, occorre fare luce
sul movente, pensa Montalcino, sicuro che gli spietati vegani saranno
assicurati alla giustizia prima della fine del libro. Camilleri (si tratta di
Sandro) non sembra esserne molto convinto e si diverte a giocare con
l’interruttore, prima o poi farà fulminare la lampadina della stanza del
movente.
Ma arriva una svolta. Grazie
alla complicità dell’editore (Carlo Stordito, erede di una stirpe di
tipografi, amante delle zuppe di legumi con le cotiche e degli adesivi da frigo
che muovono gli occhi), riesce a rendere impossibile la continuazione della
storia mediante l’incollaggio delle pagine tra loro. Montalcino tenta più volte
di forzare il blocco senza alcun risultato, urla i suoi bestemmioni in
direzione nord-nordest dove presume che il Sandro Camilleri possa ascoltarlo,
non è la prima volta che trapela il senso di stizza dell’ispettore nei
confronti del suo autore, ma che vogliamo farci, essere autore avrà pure dei
vantaggi e Camilleri (il cugino Sandro) a quando pare vuole goderseli tutti.
Dei killer vegani si perdono
le tracce solo dopo il ritrovamento di altre quattro o sei vittime – di questo
non si può mai essere certi – bardate e condite alla stessa maniera del
Vitello, con l’unica differenza che la prima o la quinta – anche questo non è
sicuro – è solo meno pepata. Un indizio che farà a lungo discutere gli
estimatori di Camilleri (sempre e solo Sandro) e anche quelli di Montalcino,
ammesso siano riusciti a finire di leggere il libro, in attesa della loro
prossima fatica.
Raimondo Quagliana per AAS Magazine
Nota: L’editore Stordito dichiara
che la colla utilizzata per le pagine, costituita unicamente da farina e acqua senza
additivi e grassi aggiunti, è una colla totalmente biodegradabile e
commestibile, che non si sa mai qualche bambino, che i bambini sono sempre
curiosi e mettono tutto in bocca.