domenica 30 novembre 2014

Baarìa - Storia di un crollo (la decisione di vederlo)

E finalmente mi decisi a vedere il film Baarìa, da tanti anni me lo scansavo attipo la rogna o un invito a un matrimonio con il trattenimento a 200km di distanza, che tanto lo sapevo che poi lo vedevo e mi sarei incazzato. 
E perchè?
Ca perché il reggista ha preso il meglio periodo di Bagheria e ci fece il ricamino a punto e a croce che tutti i mafiosi bagheresi si possono mettere nel salottino buono.
Che vuoi dire?
Che il regista ha preso il periodo più pulito di Bagheria, quello che va dall'anteguerra agli anni '70, quello in cui non è necessario parlare di mafia, e ha raccontato una storia in giallo, ma non con il morto, in giallo come gialle sono le luci del rigatone Barilla negli spot pubblicitari su Rai Uno.
Insomma, calore familiare, scenette meridionali, povertà confortante, scialli neri così cari a Dolce & Gabbana.
Insomma, 'na fissaria. E per tanto tempo mi ero tenuto lontano da questo film.
Me lo portarono a casa, posto d'intra - s'arricampa l'amica Lucia che mi dice: ci vediamo questo film che devo scriverci sopra un pezzo. E come un cretino ci cascai sano sano.
Vedo il film.
Atmosfere graziose, sentimenti confortanti, visioni rassicuranti, movimenti di folla, insomma, cose graziose a tignitè.
Mafia, niente.
Dopotutto il reggista si ferma agli anni '70 quindi che bisogno c'è di parlare di Provenzano e Madonia alla fabbrica del ferro, che bisogno c'è di parlare di ammazzatine e triangoli?
Nessuno, il reggista si ferma agli anni '70...
Ma quando mai!!!
Vedo una scena che 'u picciriddu vestito all'antica si ritrova in mezzo alle Panda con il paraurti in carbonato e io ci resto di merda: come? 40 anni di Bagheria mafiosa cancellati da un picciriddo che corre in mezzo al traffico e alle auto nuove nuove versione ultima?

(Correva il picciriddo e a ogni passo il sangue sull'asfalto di ogni morto ammazzato ritornava dentro il buco da cui era uscito, dallo stesso buco il proiettile faceva a marcia indietro e rientrava nella pistola da cui era stato sparato, la pistola a sua volta rientrava nella fondina, il killer risaliva in auto e tornava da dove era venuto, il morto ricominciava a fare quello che stava facendo e nessuno dei familiari avrebbe pianto, anzi, al morto ammazzato - che era rimasto vivo - gli dicevano, vai fuori, vatti a prendere il fresco, non ti preoccupare, qui, a Bagheria, non ammazzano a nessuno.)

Sentitomi preso fortemente per il culo, decisi di scrivere questo pezzo.
E poco importa che tanti mi dicono il reggista scrisse la storia di suo patre. Se il reggista voleva parlare di suo patre, allora il film lo chiamava "Storia di me patri". Bagheria è altro, o almeno è ANCHE altro, e "anche" sottintende bellissime cose di Cosa Nostra che sono vive e scoppiettanti come una padella di calamari. O come una raffica di mitra. O come n'anticchia di tritolo conservato per le migliori occasioni.
Peccato assai, qualche giorno prima avevo visto Il camorrista e mi sembrò che il regista era con i controcugghiuna.

GD