È il 31 Dicembre 2014, a Palermo la neve imperversa - un evento
più unico che raro - e il traffico è molto rallentato.
Io, Salvo, sto andando al lavoro, sono le sette e mezza del
mattino. Via Roma fa davvero effetto tutta imbiancata.
"Pfff".
Alito sul finestrino, e poi scrivo qualcosa con le dita. Il mio
"Forza Palermo" si mescola bizzarramente col mantello bianco che
copre la mia auto. "Quel lieve tuo candor"...
La gente sdrucciola sui
marciapiedi, e la città, ovviamente, è paralizzata dal gelo. Palermo reagisce
male alla pioggia, figuriamoci se nevica. La gente si dimentica proprio com'è
che si guidi.
Mi volto stanco ed un bel po' avvilito verso la parte destra
della Via. Certo che è strana, Piazza San Domenico ammantata. Siamo abituati a
vedere la Madonnina bollire sotto al caldo, figuriamoci.
Però c'è crisi. Guarda a quello, mischino. Quel barbone. Chissà
se congelerà, stanotte...
Eppure io ho gli avanzi del cenone di ieri sera. Mia moglie me
li ha dati per buttarli, ma non è che facciano schifo. Baccalà 'a Sfinciuni e
pizza, con quello che costa il pesce. Io sono fermo da un quarto d'ora, e quel
barbone non scappa di certo. Va be', abbiamo capito... Quanto ci vado. A Natale
siamo tutti più buoni...
Mi avvicino. Sotto al groviglio di coperte c'è una faccia,
tutta rossa per il freddo. "Senti, ho delle cose da mangiare. Tieni.
Veramente, tieni. Mi capisci? Mangiare, mangia. Tieni".
Il groviglio di coperte con gli occhi spalanca lo sguardo.
Allunga una mano, prende il sacchetto col baccalà e la pizza. Mi ringrazia, nel
suo goffo modo italo - africano. "Grazie, amico, grazie".
"Niente. C'è freddo, vero? Tu avevi mai visto la
neve?"
"No, no, mai neve a Africa. Però bella".
"Bella? Non stai attassando?!"
"Sì. Però mi piace oggi".
E quando capisco che l'entusiasmo di quell'uomo non fosse solo
per i fiocchi gelati che gli imperlavano il viso, la barba ed i capelli, mi
sento un po' meno nervoso, e accolgo lo scendere di quelle finte palle di
cotone con più gentilezza. Parliamo, io e lui, e non sembriamo tanto diversi.
Lui mangia, e mentre mangia mi offre un po' del suo baccalà. Del mio, cioè. Ma
ormai è suo. Quel che è suo era mio. Quel che è mio è suo.
Benedetta neve, m'hai scaldato il cuore.
Elena Spina