martedì 27 gennaio 2015

Olocausto, Palestina, un campo di grano

L’olocausto degli ebrei.
Mi piace ricordare l’immagine del piatto di grano (dietro il suggerimento di un noto cantautore italiano),  il pane fragrante e soffice di lievito che tante volte gli ebrei non hanno potuto mangiare perché senza una terra, esiliati nel deserto, erranti e dispersi. E a questa immagine non posso fare a meno di associare la bellezza di un campo di spighe.
Cosa c’è di più bello di un campo di grano ondulato dal vento sotto il sole tiepido del mediterraneo? Forse bambini che giocano per le strade polverose e le casa abbattute della striscia di Gaza? Le loro facce sorridenti scavate come vecchi, i loro occhi scuri spalancati per la meraviglia dietro il muro? Si, l’innocenza  emana una bellezza che non necessita prove.
Mi immagino quando questa visione di bellezza svanirà e dietro il muro i bambini vedranno solo l’odio e il desiderio di vendetta.
Ci viene chiesto di ricordare e dunque ricordo; ma non posso tenere gli occhi chiusi, neppure per aiutare il ricordo. Qualcosa mi dice che per onorare quanti hanno subito le umiliazioni e l’annientamento ( e che senso ha, altrimenti, ricordare?) dobbiamo impegnarci a non ripetere gli errori del passato e, dunque, emendare, recuperare, restituire, sanare, riconoscere.
Mi sono sempre chiesta perché l’Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale, abbia voluto far pagare le conseguenze dell’Olocausto al Popolo Palestinese quando acconsenti a trasformare il territorio, dove i palestinesi  abitavano da quasi mille e cinquecento anni, in Stato di Israele.
Ho notato che i libri di Storia non si sono ancora aggiornati su questa “questione palestinese” e sono in pochi a conoscerla; di solito viene riassunta in poche righe. Ma sappiamo, anche, che leggere la Storia non è facile, che essa è soggetta al fatidico “punto di vista” che raramente lascia trasparire i fatti, così come si sono svolti.
Sappiamo tutti che la scelta, a cui accennavo all’inizio, ha provocato una “questione” che non accenna a risolversi e che, anzi , ora più che mai è fonte di gravissimi conflitti, non solo nel territorio Arabo-Israeliano,ma in tutto il medio oriente; infatti la miccia del conflitto che allora venne accesa non accenna a spegnersi e avvampa ora più che mai, non solo in quel  luogo, diventato centro di numerosi conflitti, guerre civili, lotte fra fazioni (appoggiate da occulti finanziatori e promotori di rivolte “democratiche” che si rivelano altrettante sanguinose avanzate dell’occidente), ma, come si sarebbe dovuto immaginare ( ma forse è questo che si vuole?), nell’intera Europa; un inedito conflitto arabo-occidentale che ci catapulta in una condizione di insicurezza da guerra ( mi verrebbe da dire fredda, ma pensando agli attentati di queste ultime settimane, mi rendo conto che la “questione” potrebbe rivelarsi più che calda!)reale e non più ipotetica.
Per dare risposta a questa mia domanda mi è bastato rivedere un poco la storia PRIMA della seconda guerra mondiale e scoprire che quella nascita si deve tutta sia all’Inghilterra,( che non solo consentì ma creò i presupposti per la nascita dello Stato di Israelenel cuore del Medio Oriente, in un territorio popoloso e con forti radici musulmane)ma anche all’America che lo riconobbe  subito come Stato.
 Già nel 1917, infatti,  durante il primo conflitto mondiale, il Governo britannico, per bocca del suo rappresentante,l'allora ministro degli esteri inglese Arthur Balfour in una lettera a Lord Rothschild, inteso come principale rappresentante della comunità ebraica inglese, e referente del movimento sionista, affermava di guardare con favore alla creazione di un focolaio ebraico in Palestina, in vista della colonizzazione ebraica del suo territorio. ( Tale posizione del governo emerse all'interno della riunione di gabinetto del 31 ottobre 1917.) Questa dichiarazione non ha, però, solo aperto le porte agli ebrei, ( molto prima della seconda guerra mondiale e del Nazismo),  ma ha soprattutto deciso le sorti dei popoli del Medioriente, - non solo spargendo quel suolo di sangue di innocenti, alimentando conflitti etnici e di casta già affrontati, e in maggioranza, superati  grazie anche alla cultura musulmana,  ma arrestando lo sviluppo democratico di queste popolazioni che avevano nella religione, non, come ora si dice volgarmente, una causa di  conflitto con la cultura europea, ma un valido strumento di dialogo, come ci ricordano teologi di grande fama ed intelligenza come Hans Kung.
Quello che mi intriga molto è il modo in cui tutto questo è avvenuto, dunque, - senza parlare delle numerose guerre e della strenua resistenza dei Palestinesi, delle uccisioni subite, dell’esilio in una striscia di terra, Gaza, che diventa ad ogni conflitto sempre più esigua -  infatti mai i palestinesi, nonostante il sostegno di alcuni paesi ex comunisti, la solidarietà di tanti cittadini del mondo,  sono riusciti a tenersi i territori che sono stati loro sottratti, a varie riprese  nei conflitti; ne tantomeno a farsi riconoscere la sovranità dei territori che attualmente sono loro rimasti! La loro inferiorità è palese e questo fa si che vengano individuati come le vittime di un “nuovo”, l ‘ennesimo, ingiusto Olocausto, che il popolo ebraico non dovrebbe permettere, alla luce della sua tragica, lunga storia di annientamento, sopraffazione, diaspora! I palestinesi sono diventati, proprio tramite l’occupazione ebraica, e restano, un Popolo in esilio, senza il riconoscimento della sovranità che si deve ad uno Stato, benchè piccolo! Benchè microscopico, come, che ne so!? Il Vaticano. Perché ?
Una risposta banale come: la storia non si può fermare, le sue ragioni sono lontane e il suo processo è inarrestabile..non possiamo accettarla. La Storia siamo noi, dice il cantautore italiano…”.siamo noi quel piatto di grano”.
 Mi soffermo alla considerazione spontanea che può venire a tanti, -  ma siamo veramente tanti? e veramente sensibili e indignati nei confronti del male e dell’ingiustizia?( visto che ancora la questione mediorientale resta un palliativo fra capi di Stato più o meno sinceramente volenterosi di appianare la questione, ma che non ne hanno mai prodotto una definitiva risoluzione. E non si parla qui  di restituzione di TUTTI i territori occupati! ma  di riconoscere almeno i confini, una volta per tutti, e la sovranitàdi Gaza, che non è altro ormai che un grande quartiere degradato e un’aria poco fertile della costa occidentale.)-  a coloro che in questi giorni rinnovano il ricordo dell’Olocausto subito dagli ebrei durante la seconda guerra mondiale a causa del Nazismo e delle leggi antirazziali: come si può scindere il ricordo e il dolore per questa grande ferita che l’Umanità si è autoinflitta senza pensare ai palestinesi? - alla loro condizione di vittime di una grande ingiustizia che, diversamente da quella subita dagli ebrei, siamo ancora in tempo a revocare.
Rosa La Camera