venerdì 16 gennaio 2015

Storie in bottega

In bottega, da Pina Castronovo, non trovi soltanto dipinti appesi alle pareti, pezzi di legno che diventeranno arnie o cornici e neanche soltanto scatole che ti raccontano le tradizioni e il gioco delle carte, ti può capitare invece di incontrare un pezzo di storia che cammina sulle sue gambe anziane, si riposa un momento, prende fiato e racconta.
Avevo già conosciuto Flora, figlia del poeta bagherese Ignazio Buttitta, in altre occasioni, di lei mi avevano colpito la dolcezza dello sguardo e la schiettezza del linguaggio, retaggio paterno? Chissà. Ecco che l’ufficio della bottega si trasforma in un minuscolo salottino letterario e Pina ed io ci ritroviamo incantate dalla pacifica e minuta donna che ci racconta qualche aneddoto sul padre. Confesso di essere una gran curiosa, ma comprendo che non è il caso di fare troppe domande, qua e là infilo però qualche osservazione, lascio che lei parli a ruota libera, mi concentro sul suo sguardo, mi rendo conto che, quando ricorda, Flora non si accorge di noi, la sua mente è sul luogo dei ricordi; per magia ci conduce con sé e per un istante anche noi sentiamo la voce del poeta. - La Sicilia ha trovato il suo Omero, dice, e aggiunge - essa è terra generosa di artisti e poeti, sono i migliori della terra. Poi ci parla del comunismo, dell’impegno del padre che ben conosciamo, e mi lascia di stucco sentir riportare la frase: è stato un errore fondare il partito comunista, ma preferisco ascoltare. L’amore per la cultura è rispetto e ascolto.
Con i ricordi, torna a periodi della sua vita, lontani da questa terra barocca, la sua famiglia visse per molti anni in Veneto e non ce ne vogliano i veneti, aggiunge, se sono considerati barbari, è storia, invece i siciliani ebbero più di un invasore, abbiamo avuto tutto popoli che ci hanno forgiato e contaminato nel bene e nel male. Abbiamo tutto, sottolinea. E’ vero Flora, nel bene e nel male, perché la Sicilia è terra di rapina e di frutti rigogliosi, di forti contrasti, di luce e lutto.
Si ferma a tratti, come se volesse ricucire il filo dei ricordi. Adesso devo andare, ci confida sorridendo, che devo comprare le panelle, giusto qui vicino, si alza, sistema la sua capiente borsa, mi alzo anch’io, le stringo la mano, abbraccia Pina con affetto, come si abbraccia un amico ritrovato. E’ stato un sorso d’acqua che ha dissetato la sete di conoscenza della quale per fortuna soffriamo ancora. L’amicizia invece è fame di vicinanza e di ritorni. Si avvicinano generazioni apparentemente distanti cavalcando il filo della memoria, sfioriamo appena mondi a noi sconosciuti che resistono “dentro” e ne subiamo il fascino. Il mio sguardo va al pannello di legno, dove sono affisse le locandine degli eventi ospitati in bottega, c’è la foto di ‘Gnazio a portella della ginestra, scatto di Ferdinando Scianna, “I vrazza isati accumpagnano la vuci ‘nta lu cielu Volano li versi e insieme a 'u ciatu acchiana ‘a libirtà.” Ciao Flora alla prossima.

Adele Musso