Non molto tempo fa da altri fatti gravissimi, l'aviazione israeliana ha colpito trentaquattro obiettivi militari di
Hamas nel sud di Gaza.
Anche sulla
Striscia si sono abbattuti razzi e colpi di mortaio, gli ultimi quattro a poca
distanza dalla fine dei funerali del ragazzo di Jenin ucciso dalle forze armate
palestinesi: aveva scagliato contro di loro un ordigno esplosivo …
Ma i morti
non finiscono qui: Israele ha seppellito in questi giorni tre «suoi figli», tre
ragazzi rapiti e uccisi in Cisgiordania.
Netanyahu ha confermato che il primo obiettivo di Israele sarà quello di prendere «gli assassini. Tutti quelli che hanno partecipato al rapimento e all'uccisione». «Non ci daremo pace - ha ammonito dopo aver partecipato ai funerali a Modin - non molleremo, fino a quando non saremo arrivati all'ultimo di loro, non importa dove si nasconda. Costoro sono passibili di morte».
Dolore, rabbia, esasperazione animano i popoli israeliano e palestinese, in essi certamente non trovano posto sentimenti di fratellanza o di amicizia.
Le ferite, da entrambe le parti, sono troppe, profonde e ancora aperte: sanguinanti.
Eppure, una donna palestinese di Belin, villaggio nei pressi di Ramallah, pensa e agisce in modo diverso: assolutamente sovvertitore.
Lei ha deciso di chiedere la pace, si proprio così chiede la pace in questo frangente e con questo scenario abominevole, e lo fa in un modo del tutto nuovo: raccoglie bombe chimiche scoppiate in entrambi i conflitti, le riempie di terra, le semina, le innaffia e le dispone in un grande giardino di fiori.
In mezzo al frastuono di una guerra tra fratelli e senza fine che odora di distruzione e di morte, una piccola donna, in silenzio, prova a ridare profumo alla vita attraverso la coltivazione di fiori in granate chimiche esplose.
Lucia Immordino