Gerlando
Alberti fu uno dei maggiori esponenti di quelle mafia che cambiò modus
operandi, iniziando ad occuparsi del traffico di eroina. Nato a Palermo in una famiglia di sei figli
il 18 Settembre 1927, Alberti riesce subito a farsi notare nel quartiere dove
nacque, cioè Danisinni. A soli diciassette anni vantava già una denuncia per il
furto di un caciocavallo ai danni di un commerciante che verrà poi pesantemente
percosso da Alberti stesso per aver sporto denuncia. Il suo carattere violento
e prepotente, nonché la vicinanza a certi ambienti poco raccomandabili, gli
consentirono di entrare nelle grazie di cosa nostra, guidato da Gaetano
Filippone, conosciuto anche come “u’ zù Tanu”, boss di Porta Nuova.
Da qui in poi l’attività criminosa di Alberti continua a crescere. Intorno agli
anni 60 si guadagna 4 condanne di detenzione e 2 denuncie per ricettazione e
furto aggravato. Poi, nel 63, viene denunziato insieme a gente del calibro di
Tommaso Buscetta o Pietro Torretta. E’ ritenuto essere uno degli uomini più
pericolosi di cosa nostra, mandante e autore di numerosi omicidi, specialmente
per commissione del capo mandamento di Porta Nuova, Calò Giuseppe. Era
fortemente sospettato di aver partecipato alla Strage di Ciaculli, avvenuta nel
’63 dove perdono la vita sette agenti dei Carabinieri, alla strage di
Villabate-Fondo Serena e all’omicidio di Angelo La Barbera, premeditato e
organizzato nei particolari da lui e Tommaso Buscetta. Per Alberti scatta
l’obbligo di permanenza in Lombardia, a Milano. Sotto la copertura di un’azienda
tessile però, Alberti iniziò gestendo il traffico di sigarette nella zona, fino
ad arrivare a creare delle cosche a Genova e Milano, sfruttando i soldi
riciclati tramite il traffico di stupefacenti a livello internazionale.
Dopo essere stato arrestato dal colonnello Carlo Alberto Dalla Chiesa, viene
scarcerato nel 1971, gettandosi immediatamente alla latitanza. Poi un nuovo
arresto nell’80,avvenuto in un albergo nei pressi di Carini, dove alcuni
poliziotti erano infiltrati come fattorini da tre giorni, mentre Alberti e
altri tre Marsigliesi erano occupati in affari di droga. Poco dopo, mentre si trova in carcere, viene
ucciso il titolare dell’albergo, Carmelo Iannì, colpevole di aver appoggiato le
forze di polizia durante il blitz anti droga.
Nell’83 riceve un mandato di cattura, anche se già si trova in carcere,per il
“Blitz di San Valentino”, condotto dalla polizia dopo aver tenuto sotto controllo Vittorio Mangano,
presunto stalliere della villa di Berlusconi, ad Arcore.
Sempre nell’83 Alberti viene condannato per l’omicidio di Iannì in qualità di
mandante. La condanna gli costa 24 anni di reclusioni, nei quali uomini di cosa
nostra attentano alla sua vita più volte,fallendo, come testimonia il collaboratore di giustizia
Francesco Marino Mannoia, data la sua vicinanza a Badalamenti,nemico dei
Corleonesi.
Poi i domiciliari per gravi problemi di salute e il primo Febbraio 2012 la
morte, nella sua casa a Palermo, nel quartiere Pagliarelli.
Per i Corleonesi Alberti non è altro che un problema da eliminare durante la
sua reclusione al carcere dell’Ucciardone. Tuttavia i quattro attentatori non
riescono nell’intento di ucciderlo con una iniezione letale,sventata in tempo
da Alberti stesso. Alle guardie che lo ritrovano coperto di lividi Alberti
racconta di essere caduto dalle scale,quando invece era stato pestato. Anche se
ormai vecchio e malato Alberti mantiene la sua posizione di spicco in cosa
nostra, rimanendo temuto e rispettato da i boss mafiosi di qualunque epoca.
Simbolo del tipico mafioso della sua epoca, Alberti è uno dei pionieri della
mafia trafficante di droga e di merci di contrabbando. Vive una vita nella
delinquenza sin dalla giovane età, con un anello d’oro alla mano, classico
rolex sopra la camicia e parrucchino per coprire la calvizie. Alberti non si fa
nemmeno mancare le donne. Al processo sulla strage di Ciaculli ha l’alibi
perfetto: “Ero con una donna, una signora sposata, quindi non posso
dirvi chi è per una questione d’onore” . Poi, durante uno dei tanti arresti nella sua carriera criminosa,
viene trovato in felice compagnia di una quindicenne.
Antonio Mineo