giovedì 5 febbraio 2015

Gli arabi in Sicilia, il castello della Zisa

L'architettura intorno al 1000 in Sicilia è un trionfo. I Normanni che incontrano i popoli mediterranei e le maestranze arabe creano un'architettura ariosa, i popoli del Mediterraneo costruiscono le dimore, le Chiese, i Castelli, i rifugi di caccia e di diletto per un popolo nordico. Immagino il loro amore a prima vista. L'amore del Nord verso il Sud da sempre in un 'attrazione magnetica è divenuto nei secoli sempre meno aperto e amichevole e tuttavia incancellabile, per la massa che dal Nord del mondo, da sempre, si sposta verso il Sud del mondo, soprattutto nei mesi caldi, densi di lusinghe irrinunciabili. Le stramaledette ferie.


Sala della Fontana in una stampa d'epoca
L'altro flusso migratorio che da sempre ha mosso masse dal Sud verso il Nord ha il senso opposto, non lusinghe vacanziere, quanto bisogno di sopravvivenza. In questo flusso costante nelle due direzioni la contaminazione produce miglioramenti, sperimentazioni: il conquistato conquista a sua volta, indica il verso e la direzione, la rotta.
Un esempio ne è la tradizione culinaria: il sorbetto degli arabi ha conquistato il mondo, come la pizza o la pasta, quest'ultima dall'estremo Oriente diviene  esclusivamente italiana.
Tornerei al sorbetto, agli arabi che, venuti in Sicilia già dopo i greci e prima dei normanni, lasciano in Sicilia grandi conquiste culturali e un'architettura stupenda.
I castelli della Zisa, della Cuba e di Maredolce ne sono un esempio a Palermo, dimore estive magnificenti per il diletto e il riposo della corte. Lascerei parlare l'iscrizione epigrafa posta sul cornicione del castello della Zisa (el Aziz ovvero il migliore, al-aziz ovvero la splendente):
"il più bel possesso del più splendido dei reami del mondo...Il paradiso terrestre che si apre agli sguardi".
Il Castello possedeva un bacino acquifero antistante che permetteva di umidificare la brezza marina che, per l'esposizione a nord-est, spirava dentro l'edificio per i tre grandi fornici posti sulla facciata e per la finestra belvedere  in cima.
La capacità di rendere al meglio e più confortevole la dimora durante i mesi estivi era frutto della sapienza degli architetti arabi. I bacini e le fonti d'acqua erano presenti anche all'interno dell'edificio, come da tradizione islamica, da realizzare la c.d. Sala della Fontana e fluivano per circa 130 metri dall'interno verso l'esterno dell'edificio. Attualmente sono stati ripristinati gli esterni così come si presentavano un tempo.
La Zisa è un unicum in tutto il Mediterraneo, dei similari palazzi nordafricani non restano che rovine. L'insieme del bacino e del giardino che lo circondavano facevano riferimento al paradiso coranico.
L' impenetrabilità dell'esterno e lo spazio fluido e avvolgente dell'interno richiamano la separazione tra sfera pubblica e privata del mondo orientale.
Le espressioni più belle degli interni sono la sala della Fontana e la sala Belvedere al piano alto.
La presenza della fonte d'acqua ricorda uno dei corsi d'acqua del paradiso coranico, tale sala prende il nome di salsabil. Un'immagine simile è dipinta in un'alveolatura del soffitto della cappella Palatina. L'acqua sgorgava al di sotto di un'aquila mosaicata, scivolava infrangendosi nei zig zag di una lastra obliqua (sardivan) e scorreva in una canaletta inframmezzata da due vaschette quadrangolari per poi confluire nella peschiera esterna. Lungo il bordo del sardivan sembrano inseguirsi pesci scolpiti. Ai lati stretti gradini mosaicati erano arricchiti da quattro pigne (ne rimangono due). Colonnine angolari definivano la sala i cui capitelli presentavano uccelli scolpiti tra le fronde e tre volticine alveolate  (muqarnas) da cui le donne dell'harem di Guglielmo sbirciavano i ricevimenti da cui erano escluse.
Nel mosaico sovrastante l'aquila, di fattura bizantina, i pavoni affrontati sono affiancati da due cacciatori che mirano ad uccelli nascosti nelle fronde degli alberi. Gli alberi, la frutta, gli uccelli scolpiti richiamano il giardino dell'esterno in un gioco di intrigante e reciproco rispecchiamento.
Gli affreschi alle pareti, che il recente restauro del 2008 ha messo in evidenza, sono seicenteschi e dunque successivi, rappresentano scene di baccanali.
Ricorderei i Diavoli della Zisa affrescati sulla volta dell'arco che introduce alla Sala della Fontana.

Clotilde Alizzi